Attenzione: questo articolo contiene spoiler sulla serie tv Stick.
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Con questo nono episodio, Stick è in dirittura d’arrivo, accelerando verso un finale che promette fuoco e fiamme, e forse qualche nuova ferita. Dopo il brillante ottavo episodio (qui la nostra recensione), ci si sarebbe potuti aspettare un episodio di transizione, un momento di respiro prima della chiusura. Invece, Stick rilancia con una puntata che ha il coraggio di spingere i suoi personaggi fuori dalla loro comfort zone, in un campo – letteralmente e metaforicamente – che non perdona incertezze. Il titolo dell’episodio, Showtime, è di per sé esplicito: tutto ruota attorno al peso della gloria. Il suo costo, il suo richiamo e, soprattutto, le sue conseguenze. Per Santi è il momento della verità: non basta avere talento; bisogna dimostrare di saperlo reggere. La posta in gioco è alta, ma non è solo il torneo a pesare.
Santi si trova per la prima volta immerso in un contesto dove il talento non basta (ne abbiamo parlato qui), e dove le dinamiche di potere – più sottili e insidiose di quanto sembri – iniziano a farsi sentire. Il suo ingresso nel torneo non rappresenta semplicemente una conquista, ma l’inizio di un confronto con modelli, logiche e gerarchie che mettono a dura prova il percorso costruito finora. Il punto non è tanto la difficoltà tecnica, quanto la gestione di uno spazio mentale in cui il confronto rischia di trasformarsi in qualcosa di negativo. Ed è qui che il rapporto con Stick assume un nuovo significato. A differenza di quanto accaduto negli episodi precedenti, in cui Stick si imponeva come guida carismatica e fuori dagli schemi, in questo episodio il suo ruolo diventa più complesso.
Il valore di Stick non si misura più solo nella sua capacità di “insegnare il gioco”, ma nel fornire a Santi una chiave di lettura alternativa.

Il suo approccio anticonvenzionale – ai limiti dell’assurdo, ma sempre lucidissimo – diventa il vero strumento con cui Santi riesce a recuperare il controllo. Stick non propone soluzioni standard, non lo ha mai fatto: propone un modo diverso di abitare il campo, di sfidarlo, di leggerlo. È un invito costante a non smettere di pensare, e soprattutto a non smettere di scegliere. Parallelamente, Carl Ross incarna l’altro lato della medaglia: quello del successo strutturato, codificato, spettacolare. Non è un antagonista nel senso classico del termine, ma rappresenta una minaccia concreta perché seducente, realistica, pienamente inserita nel sistema. Ross vuole sconfiggere Stick sostituendosi a lui nelle scelte e nella vita di Santi. E lo vuole fare attraverso le armi tipiche del potere: status, denaro e riconoscibilità.
L’arrivo, poi, del padre di Santi, rappresenta un ulteriore elemento destabilizzante. Non solo per il ragazzo, ma per l’intero equilibrio del gruppo. Sapevamo che prima o poi sarebbe successo, era già scritto: il crescente successo di Santi sembra averlo in qualche modo richiamato, dal momento che per lui ha sempre contato di più il successo che il benessere del figlio. La sua è una presenza improvvisa, per nulla neutra, riapre una ferita mai chiusa: quella di un rapporto interrotto e mai realmente elaborato. Cosa succederà, adesso? Santi sarà disposto a perdonarlo pur di ricostruire un rapporto con lui?
In questo contesto già teso, segnato da tensioni e riallineamenti relazionali, anche la dinamica tra Mitts ed Elena, finora rimasta ai margini, comincia a emergere con maggiore chiarezza. Dopo essere rimasta a lungo sullo sfondo, la loro relazione accenna finalmente a una possibile evoluzione. Dopo il bacio fulmineo di qualche episodio fa, i due sembrano essersi finalmente avvicinati. Mitts resta un personaggio costantemente in bilico tra insicurezza e tenerezza, mentre Elena inizia a mostrare crepe in un autocontrollo solo apparente. Il loro rapporto sembra finalmente sul punto di prendere forma, ma il ritorno del padre di Santi rischia di comprometterne l’equilibrio, rischiando di spezzare questa tenue possibilità.
Questo episodio esplora maggiormente l’equilibrio dei protagonisti.

Questo nono e penultimo episodio di Stick (potete recuperarlo qui su Apple TV+) non si limita a fare da ponte verso il finale. Tutto, infatti, si complica. Dove lo scorso episodio era stato brillante e scatenato, qui il ritmo rallenta solo quanto basta per farci sentire il peso delle scelte. Tutti i personaggi sono chiamati a confrontarsi con ciò che davvero conta per loro. Le linee narrative si intrecciano con maggior densità e le certezze iniziano a sgretolarsi sotto il peso di scelte difficili e ritorni imprevisti. Non c’è una preparazione rassicurante verso il gran finale: c’è tensione, ambiguità, e la consapevolezza che la strada verso la vittoria – qualunque forma essa assuma – è tutt’altro che lineare. La figura e la posizione di Stick, che finora ha rappresentato il collante del gruppo, viene messa in discussione proprio ora, proprio quando sembrava finalmente consolidata.
La sua influenza su Santi, che finora appariva inattaccabile, si ritrova improvvisamente minacciata da dinamiche esterne e familiari che ribaltano i rapporti di forza. Eppure, questo potrebbe non essere il declino dell’eroe: è la sua prova più complessa. Poiché non si tratta più solo di vincere, ma di capire se ciò che ha fatto, ciò che ha costruito – nel gioco, nel ragazzo, nel gruppo, in sé stesso – è abbastanza solido da resistere agli attacchi di un mondo che misura il valore solo in termini di successo immediato.






