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C’è una cosa che impari con il tempo, con il sudore, con i silenzi, con gli sguardi tra due persone che non si capiscono. Una verità semplice, ma difficile da accettare: il talento è solo l’inizio. Il resto è lavoro, fatica e ostinazione. Ma provare a dirlo a un ragazzo in piena adolescenza non è semplice: nella migliore delle ipotesi ti riderà in faccia, nella peggiore ti ignorerà beatamente. Il quarto episodio della nuova serie Apple TV+ Stick si muove in quella zona grigia dove i legami si spezzano e si ricostruiscono senza che nessuno se ne accorga davvero. È un episodio fatto di tentativi: di parlare, di spiegare, di connettersi. Ma ogni frase sembra rimbalzare come una pallina lanciata contro un muro. Santi proprio non ascolta: non per cattiveria o mancanza di rispetto. Ma perché è in piena adolescenza e, si sa, l’adolescenza è una terra di mezzo, un campo in cui le regole degli adulti non valgono e le proprie (ancora) non esistono.
Questo episodio, pur mantenendo un tono leggero e sfaccettato (qui la nostra recensione dei primi tre episodi), si addentra in una riflessione profonda e realistica sulle dinamiche tra Stick e il giovane Santi. I dialoghi e le tensioni tra i due personaggi mettono in scena qualcosa che noi spettatori – sia giovani che adulti – possiamo facilmente riconoscere: quella fase di vita in cui sentirsi incompresi non è solo comune, ma quasi inevitabile. Il cuore dell’episodio è proprio la difficoltà comunicativa tra Stick e Santi. Stick, con tutta la sua esperienza e la sua visione del mondo più ampia, cerca di trasmettere a Santi qualcosa di importante, qualcosa che va oltre il golf: la disciplina, l’impegno, il valore del migliorarsi. Ma ogni tentativo si scontra con un muro. Un muro fatto non solo di scontrosità adolescenziale, ma anche di quell’orgoglio tipico dell’età, quell’illusione di sapere già tutto, di non aver bisogno di consigli.
Da adolescenti ogni adulto sembra fuori dal mondo, ogni consiglio suona come una predica, ogni regola è una catena.

Santi non vuole essere modellato: si percepisce in qualche modo già “arrivato”, tanto che la sua convinzione è che il suo talento sia sufficiente. Ed è indubbio che sia straordinariamente dotato, il golf sembra fluire attraverso di lui in modo del tutto naturale. E in questo c’è una verità che inganna: quando si è molto bravi in qualcosa senza sforzo, il rischio è pensare che lo sforzo sia inutile. Qui entra in gioco il ruolo fondamentale di Stick, che cerca disperatamente di spiegare a Santi una verità che può essere compresa solo col tempo (e con l’esperienza): il talento è solo un punto di partenza. Senza dedizione, senza costanza, il talento si spegne, si spreca, si consuma. Alcuni dei più grandi sportivi e artisti della storia non sono arrivati dove sono solo grazie a un dono naturale. Ma perché hanno lavorato duramente per affinare quel dono, per trasformarlo in maestria.
Ma Santi non è ancora in grado di vedere questa distinzione, perché l’adolescenza è anche il regno delle convinzioni assolute, delle certezze incrollabili, dell’ego che grida più forte della realtà. Ed è chiaro che Santi preferisca passare una giornata in spensieratezza con gli amici piuttosto che allenarsi sul campo da golf. L’intenzione di Stick non è quella di volerlo controllare, ma di guidarlo. Lui sa che non ci si può limitare a osservare un talento brillare per un attimo: bisogna proteggerlo, coltivarlo, dargli fondamenta solide. Il problema è che queste parole, pronunciate da un adulto, non hanno alcuna presa su un adolescente che sente di essere già un campione. Ma la serie ci mostra, in filigrana, che questa sicurezza è in realtà una corazza, una difesa. Dentro, c’è un ragazzo che ha bisogno di essere visto e compreso e, soprattutto, non abbandonato.

Stick è costretto a confrontarsi non solo con la testardaggine di Santi, ma con i propri limiti di comunicatore.
Anche lui, in qualche modo, deve imparare. Deve trovare un modo nuovo per avvicinarsi, per far sentire la sua presenza senza invadere, per educare senza imporre. Per questo, chiede aiuto a Zero (interpretata da Lilli Kay). D’altronde si sa, è risaputo: quando un messaggio arriva da un adulto, viene respinto; ma se a dire le stesse cose è qualcuno che stimiamo, o da cui vogliamo essere visti ( come il ragazzo o la ragazza che ci piace) allora siamo pronti ad ascoltare e, magari, anche a cambiare. È proprio per questo che Stick sceglie di chiedere aiuto a Zero. Non perché si arrende, ma perché capisce che il modo più efficace per guidare Santi non è mettersi davanti a lui, ma al suo fianco. Zero è più vicino a Santi per età, atteggiamento e stile di comunicazione. È un punto di riferimento alternativo, più accessibile, e per questo potenzialmente più influente.
Insomma, a volte, saper fare un passo indietro è il gesto più intelligente e generoso che si possa fare. Stick si riconferma, in questo quarto episodio, una serie credibilissima, capace di parlare con onestà attraverso personaggi reali. Questa puntata mette al centro un conflitto generazionale che suona autentico, senza forzature o soluzioni semplici, regalandoci situazioni super riconoscibili per tutti noi. Perché siamo stati tutti adolescenti che non volevano ascoltare quello che ci dicevano i “grandi”: noi sapevamo già tutto. Noi vi lasciamo con la classifica delle 5 migliori Serie Tv di Apple Tv+.