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Il pendolo che oscilla tra Effy Stonem e Cassie Ainsworth

Skins è una delle Serie Tv cult a cui più siamo affezionati. Il racconto che fa dell’adolescenza è senza filtri, cruento e surreale nella sua realtà. Per tutto il tempo non fa altro che narrarci la vita di tre generazioni diverse a cui dedica due stagioni a testa con l’obiettivo di non lasciare niente al caso, di cogliere ogni sfumatura di tutte le esistenze che si rendono protagoniste della famosa serie.

In mezzo a queste esistenze ce ne sono due che riescono a imporsi in modo particolare su tutta la storia, e sono quella di Effy Stonem e Cassie Ainsworth.

Le due, anche se in modo diverso e con sfide diverse, sono accomunate dalla voce della sofferenza. Una voce che cercherà di annientarle fino a farle diventare i fantasmi di loro stesse.

Cassie ed Effie sono le protagoniste più stanche e sofferenti di Skins. La prima sarà una dei protagonisti della prima generazione: la sua storia racconterà il lungo calvario con l’anoressia, l’infelicità, l’insoddisfazione. Si annienta ogni volta che ha del cibo davanti schivando il suo sguardo e concentrandosi a fare altro con una delicatezza che solo un personaggio come Cassie può avere.

Perché non importa quanto stia male, quanto abbia paura di se stessa e della sua instabilità, nulla impedirà alla ragazza di ballare sopra i tetti della sua stessa esistenza. Guardarla significa percepire ogni filo della sua tristezza scoprendo che non è altro che un tessuto invadente che le stringe la morsa sul collo a cui Cassie risponde facendosi spazio in un abbraccio. Questo è il punto più sensibile e delicato di questo personaggio: la tristezza che si nutre di lei non riesce a fermarla. La fa barcollare, le fa vedere le cose con una luce diversa, più reale. Ma non importa: si è costruita un universo parallelo in cui esiste solo lei e il suo mondo ideale.

Tutto quello che non va bene non lo sconfigge, ma ci convive come se non esistesse. Continua a lottare per ciò a cui tiene, anche quando questo non sembra volerla più. Si rinchiude in una stanza e sta sola, ma spera di essere raggiunta e se questo non accade andrà bene comunque: starà con se stessa senza troppe lamentele. Sa starsi accanto.

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Basta guardare questa foto – proveniente dalla settima stagione – per scoprire però che Cassie ha perso tutta quell’ingenuità, e che la tristezza si è presa tutto il campo dopo la fine della seconda stagione.

La morte di Chris ha massacrato Cassie riportandola nel mondo reale. Le ha tolto tutte quelle fantasie che la rendevano viva e l’ha trasformata in un corpo che non sa più aspettare nulla di neanche lontanamente mediocre dalla propria esistenza. Quando il danno si è consumato noi eravamo lì e abbiamo visto l’organo vitale di Cassie fare crack. Si è spezzato e non le ha promesso di rimettersi in piedi. L’ha lasciata nella città di New York senza una possibilità di ripresa, ma solo di preservazione. Da quel momento in poi, infatti, la ragazza non sarebbe più stata come prima: non avrebbe ballato, non avrebbe cantato, non avrebbe più detto il suo solito “wow”, non si sarebbe più stupita di niente, neanche della sua tristezza.

Perché questo è sempre stato il bello di Cassie: non credeva mai a nulla, si lasciava molestare da ogni nuova sensazione e riusciva a trovare affascinante anche la sua tristezza perché era capace di rivitalizzarla, di farla sentire sempre parte di un mondo che solo da sola poteva costruire. Ma niente può salvarci dalla disintegrazione della nostra bolla di sapone: tutti verremo a capo della nostra tristezza e scopriremo che non siamo niente se non esistenti. Che il mondo che ci siamo creati nella nostra testa può salvarci solo fino a un certo punto, e che poi tutto quello che abbiamo rinviato si paleserà di fronte a noi chiedendoci di affrontarlo.

Nessuna frase sognante, nessun fascino per le cose immaginarie. Nessun tipo di amore sarà più accettato da Cassie, proprio lei che era l’immagine più delicata dei sentimenti dell’intera prima stagione di skins.

Lo capiamo subito nella settima stagione. Parlando di Sid racconta che si sono dovuti lasciare perché altrimenti sarebbero stati insieme per sempre, sottolineando così la sua paura di amare per lungo tempo. Quella paura che però prima non c’era. E così, con questo spirito, Cassie non fa altro che trasformarsi nel frutto di tutte le tristezze che prima l’abbracciavano, e poi hanno stretto troppo forte.

Ed è con questa triste trasformazione che Cassie diventa il personaggio più vicino emotivamente a Effy, una persona che non ha mai voluto salvarsi ma che sperava che i suoi macigni potessero buttarla ancora più a fondo. Ma è solo toccandolo che Effy comprende che dopo quello esiste un fondo ancora più fondo.

Effy Stonem è il risultato di un urlo taciuto che, se fosse stato urlato, sarebbe stato devastante.

Protagonista della seconda generazione e con un ruolo marginale nella prima, Effy affronta la vita solo con l’ausilio delle droghe. Chiede la possibilità di vivere solo sotto effetto di stupefacenti perché – proprio come Cassie – ha bisogno di un mondo surreale, fuori da ogni regola.

Non sorride. Guarda il soffitto e non si rivitalizza mai, neanche quando sembra star per farlo. Non chiede aiuto, non vuole ricevere amore. Tutte le persone che la amano – e sono tante, e lo fanno incodizionatamente – non le migliorano la vita. Con tutti quei sentimenti Effy si sente solo soffocare e non sente niente di più che un affetto invadente che non ha alcun tipo di effetto sulla sua vita: li guarda mentre la amano e vede solo delle persone patetiche che si struggono per una persona che non li amerà mai.

Proprio per questo motivo Effy inizialmente sembrerà totalmente apatica. Quel suo modo di vivere così distante da tutto sarà la sua pace sociale: nessuno le chiederà mai di essere all’altezza, e tutti sapranno che Effy è Effy e non potranno cambiarla. La sua fortezza, così, risiede tutta nel filo che la divide dal mondo intero. Ma questa è una finta pace destinata a consumarsi.

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L’armatura si rompe e le debolezze cominciano a uccidere. Effy Stonem si indebolisce e nulla sarà più tragico per lei che scoprirsi così talmente umana.

Le sensazioni, le emozioni, tutte queste cose che smuovono l’animo umano non sono altro che ostacoli che Effy ha sempre saltato. Non si è mai soffermata ad amare qualcuno con dedizione e con accortezza, quella necessaria per non fare del male.

Freddie è l’unico che riuscirà a smuoverle tutto questo e per tale gesto ne pagherà tutte le conseguenze. La vedrà cercare di uccidersi, la guarderà costruirsi un nido solitario fatto di paranoie e voci insistenti. E così, per salvarla ancora una volta, dimenticherà di preservare se stesso arrivando a farsi uccidere.

La morte di Freddie in Skins appare come un evento assolutamente privo di senso. Ma la verità è che era impossibile immaginare di lasciare Effy in un’esistenza felice. Un personaggio come il suo si nutre di disgrazie, di sofferenze. Il cammino che doveva fare era destinato a essere fatto in solitudine, senza rendere nessuno partecipe. La morte di Freddie suona come una vendetta, come il frutto che tutte le azioni sbagliate di Effy hanno creato: se lei avesse visto anche lui, se avesse avuto un attimo per stargli accanto senza opprimerlo con la sua sola esistenza forse avrebbe capito che ogni vita è in pericolo, e che il domani non è una garanzia per nessuno e non solo per lei.

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Freddie è la vendetta di cui Skins si è servita per annientare Effy. L’ha punita per tutte le volte in cui non ha spostato lo sguardo dai suoi tormenti, e l’ha lasciata senza l’unica cosa che lei abbia mai amato.

In questo modo, forse, Effy si ricorderà di amare quanto può. Si ricorderà di smetterla di correre verso il pericolo perché poi quello che ti ammazza, e se non ammazza te uccide il mondo che ti sei creata, con persone annesse.

Effy e Cassie sono la rappresentazione tangibile della sofferenza dentro Skins. Entrambe – con tempi diversi – avranno paura di amare. Scapperanno di fronte alla persistenza e si creeranno un mondo a parte dove la loro esistenza non sarà così disastrosa. Nel loro immaginario va tutto bene: sono a casa. Nella vita reale fanno a botte con loro stesse, e con tutto quello che sono diventate.

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