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Shrinking: perdere tutto vuol dire libertà?

Non è una sorpresa: le serie tv comedy non vogliono più (solo) far ridere. Le recenti produzioni comedy veicolano infatti messaggi sempre più profondi, portando sul piccolo schermo tematiche tanto complesse quanto profondamente umane come il lutto, la salute mentale, la malattia, la morte. Da eterno antagonista, il dolore assume quindi il ruolo di protagonista, a riprova del fatto che la centralità della sua presenza non è sufficiente a modificare la narrazione: dolore e leggerezza coesistono nell’ibrido genere dramedy come nella vita stessa. Lo abbiamo imparato da acclamate serie tv come Fleabag, After Life, Ted Lasso, ne stiamo avendo conferma dalla recentissima Shrinking, da poco arrivata sulla piattaforma streaming Apple TV+.

Considerata la naturale erede di Ted Lasso, Shrinking mostra le vicende del terapeuta Jimmy Laird (Jason Segel), deciso a sperimentare una nuova tecnica per aiutare i suoi pazienti che consiste nell’eliminazione di qualsiasi freno etico o morale della psicoterapia tradizionale, andando dritto al punto delle questioni dicendo esattamente ciò che pensa, non dispensandosi neppure dal dare veri e propri consigli pratici al di fuori del suo studio medico. La terapia d’urto che propone ai suoi pazienti è però soprattutto il modo attraverso il quale affronta (o evita di affrontare) il suo stesso dolore, causato dalla recente perdita di sua moglie. Concentrare tutte le energie sul lavoro non lo allontana però solo dall’accettazione del proprio lutto ma anche da sua figlia Alice (Lukita Maxwell) e dal suo migliore amico Brian (Michael Urie). Aiutato dal collega psicologo Phil Rhodes (Harrison Ford), Jimmy è quindi deciso a riconquistare la fiducia di sua figlia e a riprendere finalmente di nuovo in mano la sua vita, trovando un fedele e inaspettato alleato persino nel suo paziente Sean (Luke Tennie).

Shrinking
Jason Segal (640×360)

“Il dolore non è bello, ma non è esclusivamente triste”

Shrinking si propone quindi di analizzare tutte le sfaccettature del dolore, dimostrando che non esiste una singola emozione legata a esso.

Il dolore non è una linea retta da attraversare sperando di raggiungerne la fine, ma un insieme complesso di sensazioni non necessariamente sgradevoli. Trovare momenti di felicità in situazioni dolorose trova spesso come unico freno il senso di colpa, quello che impedisce a Alice di uscire a divertirsi con le amiche o a Jimmy di frequentare il suo amico di sempre Brian poiché troppo ottimista e gioioso per il suo attuale mood. Esser felici però è una componente stessa del dolore, non la sua soppressione. Per arrivare a questa conclusione, i protagonisti si trovano a fronteggiare il concetto di perdita, elemento centrale della dramedy targata Apple TV quasi quanto il dolore stesso.

Perdita intesa come lutto, quello che scuote il protagonista al punto da non notare neppure le esigenze di sua figlia, che a sua volta cerca di fronteggiare l’improvvisa scomparsa di sua madre. Perdita intesa come assenza, quella emotiva di Jimmy nei confronti di Alice, o di freni inibitori con i suoi pazienti; l’assenza di filtri attraverso il quale il protagonista tiene le sue terapie è il modo in cui vorrebbe essere a sua volta scosso e privato da quel dolore in modo istantaneo. A questo proposito interviene Sean, il paziente zero, un veterano di guerra affetto da disturbo post traumatico che non riesce a gestire la rabbia, e che Jimmy prenderà in cura (e in casa propria) instaurando un legame profondo che si rivelerà poi essere efficacemente e reciprocamente vantaggioso, portando quindi alla perdita dei rispettivi ruoli: il terapeuta accetta l’aiuto che egli stesso dispensa.

Anche per gli altri personaggi della vicenda la perdita ha un ruolo centrale; Phil è infatti affetto da Parkinson, ed è costretto a convivere con tutte le graduali limitazioni che la malattia comporta. La collega psicologa Gaby (Jessica Williams) è invece alle prese con il divorzio dal marito e con l’inizio di una nuova vita caratterizzata dalla sua assenza. Liz (Christa Miller), la vicina di casa di Jimmy, si è da poco ritrovata da sola in una casa vuota dopo il trasferimento all’estero dei figli, colmando quindi quell’allontanamento prendendosi cura di Alice. Se il comune denominatore che lega tutti i protagonisti è quindi la perdita, non altrettanto si può dire del dolore (e del modo di affrontarlo) di ognuno di essi.

Shrinking
Harrison Ford e Lukita Maxwell (640×360)

I destini e le storie di tutti i personaggi si intrecciano e diventano fondamentali l’una per l’altra nella gestione della convivenza con quel dolore. Imparare dall’esperienza altrui implica anche perdere quel senso di colpa che intrappola ognuno all’interno della propria sofferenza credendola esclusiva.

Shrinking (parola traducibile in italiano in restringimento) è proprio il ridimensionamento dell’esclusività del dolore.

Lasciare andare tutte le errate convinzioni riguardo i sentimenti negativi è ciò che davvero porta alla libertà: perdere il controllo che esercitiamo sul dolore accettandone anche il lato positivo, concedendoci di essere felici perché in fondo anche la sofferenza nasconde un lato insolitamente comico. In un mondo che non è mai totalmente bianco o nero, Shrinking rappresenta esattamente la confortevole area grigia in cui possono coesistere allontanamento e riappacificazione, amore e odio, gioia e sofferenza, tragedia e comicità. E non è questa complessità di ossimori la definizione stessa di vita?