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Perché l’era delle Serie Tv è appena iniziata

Un fenomeno di massa su scala globale. Si può parlare di serie tv in mille modi e noi lo facciamo quotidianamente, ma è questa l’unica definizione capace di raccontare in poche parole perché siano tanto seguite e amate. Il fenomeno è principalmente degli anni Duemila e trova le sue radici in un percorso evolutivo avviato da David Lynch con Twin Peaks (1990/1991) e portato avanti da I Soprano a cavallo tra i due millenni (1999/2007). Le serie tv non sono più un semplice intrattenimento: sono una componente attiva delle nostre vite. Secondo qualcuno sono già finite, ma la verità è un’altra: l’era delle serie tv è appena iniziata e accompagnerà le nostre esistenze per molto tempo.

Perché?

Perché abbiamo bisogno di narrativa

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Un tempo c’erano i libri. Una delle poche possibilità di evadere dalla quotidianità era la lettura. Quell’era è per molti versi finita (ne ha parlato il sottoscritto in questo articolo). Si legge sempre meno e sempre peggio, ma l’esigenza di evadere è presente come non mai. Per assurdo le serie tv, nonostante stiano rimpiazzando i romanzi, li tengono in vita. Per farsi un’idea, è sufficiente pensare a quanti abbiano preso in mano i libri di Arthur Conan Doyle con protagonista Sherlock Holmes dopo aver ammirato l’interpretazione di Benedict Cumberbatch oppure a quanti abbiano apprezzato le fatiche letterarie di George R.R. Martin dopo aver visto Game of Thrones.

Fino a pochi anni c’era il cinema, ma anche in questo caso c’è un percorso avviato verso il viale del tramonto. Il fenomeno di massa ha lasciato spazio alla staticità di format e personaggi proposti e riproposti più e più volte. Produrre un film è sempre più rischioso e la necessità delle major è di andare sul sicuro. Il risultato è la l’agonia della creatività, tenuta in vita dai soliti registi di spicco e da pochi nuovi nomi emergenti. Il cinema non è morto e non morirà mai, ma sarà sempre più ristretto ad una cerchia d’élite.

Il miglior compromesso possibile tra cinema e letteratura è la serialità televisiva. Il bisogno insaziabile di narrativa e, di conseguenza, di evasione, è quotidiano e parte di un percorso parallelo a quello dei protagonisti più amati. La capacità di sintesi del cinema non appaga più pienamente l’esigenza e la letteratura soffre dell’assenza di tridimensionalità che colmerebbe solo la nostra fantasia. Le serie tv abbracciano invece il mezzo espressivo del cinema e il mezzo narrativo del romanzo: cosa esiste di più efficace?

Perché abbiamo bisogno di empatia 

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In un mondo nel quale siamo sempre più diffidenti nei confronti del prossimo, le serie tv sono diventate un rifugio sicuro. I protagonisti che amiamo vivono storie lontane dalle nostre, vivono emozioni diverse e hanno punti di vista differenti, ma sono vicinissimi alle nostre esperienze. Si avvicinano a noi nella stessa misura in cui noi ci avviciniamo a loro, sfondando qualunque quarta parete senza avere necessità di farlo. I personaggi delle serie tv sono i nostri amici più fidati e le loro avventure diventano le nostre avventure.

In questo caso arriva a supporto persino la neuroscienza. Diversi studi portati avanti negli ultimi anni hanno dimostrato come l’empatia che si sviluppa durante la fruizione di una serie TV sia tanto intensa da generare il rilascio di adrenalina ed endorfine, al pari di quanto succede quando si fa attività fisica, si mangia cioccolata o si fa sesso.

La conseguenza è semplice da intuire: nel momento in cui un personaggio si rende protagonista di un omicidio o è costretto ad abbandonare l’amore della sua vita, ci immedesimiamo al punto da vivere le stesse sensazioni che prova lui in quel momento in una sinergia che annulla pienamente realtà e finzione. Cambia il contesto, ma le emozioni di base sono le medesime. Il nostro letto si sposta da una stanza innocente ad un deserto nordafricano o in uno squallido motel messicano, e noi ne abbiamo bisogno: necessitiamo di immedesimazione, punti di riferimento e nuove vite da vivere a prescindere dalla nostra.

Perché la Terra ha mille volti 

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Il mondo è pieno di serie tv diversissime tra loro. L’avvento dello streaming e del download (purtroppo spesso illegali) hanno ampliato i nostri orizzonti, portandoci alla scoperta di prodotti che arrivano da ogni angolo del pianeta con la fatica di un click.

Alla luce di questa considerazione, il numero di titoli a disposizione nei quali immergerci è potenzialmente infinito, o quasi. Si parte dai titoli più noti per poi sbarcare ovunque. La fame di storie è insaziabile, e ci permette di confrontarci con le realtà più disparate. I racconti più sdoganati e quelli d’avanguardia cantano nello stesso coro. Ogni giorno si prende un volo diverso con destinazione ignota. Chi pensa che una maratona sia lunga qualche ora e 42 chilometri non ha mai fatto binge watching.

Perché la dipendenza è un circolo vizioso: si alimenta da sé 

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L’ultima considerazione è la più diretta: le serie tv creano dipendenza almeno quanto l’alcool o il tabacco, con la differenza che arricchiscono invece di distruggere.

È un circolo vizioso che si alimenta da sé, seppure non in eterno. Una volta che si finisce una serie tv, l’astinenza è fortissima e porta chiunque a cercare subito una nuova storia da vivere. L’horror vacui da finale di stagione è una sindrome al limite del patologico, capace di far sentire soli e disorientati. Come si è detto nel punto precedente, il medicinale da prendere è semplice da reperire e l‘amore sfrenato si trasforma in dipendenza. Gestire la passione e trasformarla in un’occasione per vivere meglio la vita reale è la soluzione migliore.

Come si può pensare che un’era appena iniziata, capace di inglobare tutto il mondo in un fenomeno di massa con pochi precedenti, possa essere già finita? Sarebbe un po’ come pensare che la fame da romanzi si sarebbe esaurita nell’arco di cinquant’anni. La prospettiva è irreale, non credete? La serialità televisiva ha troppe storie da raccontare per concepire l’idea che abbiamo già visto e vissuto tutto. Gli scettici si mettano il cuore in pace: esiste una soglia di saturazione raggiungibile nell’arco di qualche decennio, ma non è ancora all’orizzonte.

Antonio Casu 

@antoniocasu_