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La classifica delle 10 peggiori Serie Tv mai prodotte da Netflix

Esiste una serie tv per ogni occasione. Ci sono le serie tv di cui ci vantiamo quotidianamente a cena con gli amici, quelle che ricordiamo quando ci sentiamo nostalgici e quelle meravigliosamente perfette, tanto da farci dubitare di essere state effettivamente create da un essere umano. E poi, ahimè, ci sono anche le serie tv di cui fatichiamo a parlare, le “innominabili”, quelle che non vogliamo ammettere di aver visto. Perché sono brutte, dalla trama insensata, distrutte dalla critica e dal pubblico. Serie che, soprattutto, si sono macchiate del crimine più grave che esista: ci hanno fatto sperare, e poi si sono rivelate tutt’altro. Da Troy – Fall of a City a Curon, vediamo la classifica delle 10 peggiori serie tv mai prodotte da Netflix. E che Dio ce la mandi buona.

10) Insatiable

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Insatiable (640×360)

Non c’è niente di peggio in televisione di una serie tv che prende un argomento degno di essere raccontato con attenzione e finisce per non portargli completamente rispetto. E’ proprio quello che ha fatto Insatiable, prodotta da Netflix e sbarcata dalla piattaforma nel 2018. La serie vede come protagonista la star di Disney Channel Debby Ryan nei panni di Patty Bladell, un’adolescente sovrappeso e tormentata da una profonda insicurezza. Dopo uno sfortunato incidente, la ragazza si sottopone ad un makeover tipico delle serie americane: perde trentasette chili e agli occhi dei suoi coetanei diventa un’altra. Peccato che Patty sia sempre la stessa: arrabbiata, ferita, stanca. Insatiable poteva rendere tantissimo, trattando di uno dei temi più importanti e cari ai nostri giorni, quello dei disturbi alimentari. Al contrario non solo si è rivelato un enorme buco nell’acqua pieno di stereotipi, ma ha finito per banalizzare e prendere in giro una tematica difficile e dolorosamente familiare a tanti giovani. Conosciamo prodotti peggiori, ma una cosa è indubbia: Insatiable si meritava la cancellazione.

9) Gypsy

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Gypsy (640×360)

Dalla banalizzazione di un tema passiamo ad una colpa meno grave, ma altrettanto dolorosa: quella di adombrare un’attrice o un attore che, nelle condizioni giuste, avrebbe potuto brillare. Gypsy, apparsa come una meteora su Netflix nel 2017 e cancellata dopo una sola stagione, è un rimpianto fatto e finito. Una bellissima Naomi Watts (l’unica a tenere in piedi il prodotto) interpreta Jean Halloway, una terapista dall’apparente vita perfetta che si ritrova quasi suo malgrado coinvolta in una pericolosa relazione ossessiva con la fidanzata di un suo paziente. Sesso, bugie, segreti, i pericolosi risvolti che possono celarsi dietro i migliori matrimoni: Gypsy aveva tutte le carte in regola per dare vita ad una storia frizzante, innovativa e coinvolgente. E invece si è rivelata l’esempio perfetto di ciò che accade quando non si è in grado di lavorare con delle ottime premesse di fondo; non basta infatti lo straordinario talento di Naomi Watts a salvare una serie banale, noiosa e irritante nella sua incapacità di andare a fondo delle turbinose vicende che porta in scena. In Gypsy è più facile chiedersi che cosa funzioni, piuttosto che il contrario. Un gran peccato.

8) Curon

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Curon (640×360)

Arriviamo al primo tasto dolentissimo per noi italiani. Prendiamo delle premesse di tutto rispetto, un’ambientazione magica e la voglia di raccontare una storia diversa: potremmo ottenere un capolavoro. E invece no, perché Curon, esattamente come il campanile statuario che dà alle vicende della serie quel tocco di mistero e fascino, rimane immobile. Soprattutto, non smuove alcunché in chi la guarda. L’antica chiesa per metà sommersa nel mezzo del lago Resia è l’unica motivazione concreta per vedere una serie che di concreto ha ben poco. E dispiace, perché come abbiamo detto le promesse c’erano: una madre piena di fantasmi che scompare misteriosamente, due figli adolescenti che iniziano una corsa contro il tempo per ritrovarla, oscure eredità familiari che riemergono dal passato. Curon, come tante serie di questa classifica, aveva le potenzialità e non si è applicata, finendo per regalarci una storia alla quale è impossibile appassionarsi e dalla quale ci si congeda tirando quasi un sospiro di sollievo. Una delle peggiori serie presenti su Netflix e uno schiaffo in faccia a chi, tra noi, sperava ancora di vedere in Italia un nuovo modo di fare televisione.

7) Keep Breathing (tra le peggiori serie Netflix del 2022)

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Keep Breathing (640×360)

Tra le serie peggiori prodotte da Netflix nel 2022 abbiamo Keep Breathing, che forse fa meno rabbia proprio grazie alla sua nascita ancora troppo recente. Non per questo la scusiamo, anche perché la serie per prima si è messa sotto i riflettori ancor prima di sbarcare volendo portando sugli schermi un genere carissimo alla serialità e per questo pieno di insidie: quello del survival. La serie creata da Martin Gero e Brendan Gall prende troppo da altre serie decisamente più riuscite e non mette abbastanza carne al fuoco di suo, finendo per scomparire in mezzo ad altre decine di prodotti che parlano tutti della stessa cosa. Un incidente aereo, un’isola sperduta, una lotta disperata per sopravvivere in un luogo ostile e pericoloso: e no, non stiamo parlando di Lost. Eppure potrebbe tranquillamente essere così, perché Keep Breathing non regala niente di nuovo e anzi finisce per inciampare nei suoi stessi passi, regalandoci una storia che ha dell’inverosimile e che finisce per risultare assurda, poco congeniale e a tratti noiosa. Keep Breathing aveva una grossa responsabilità sulle spalle e sotto questo peso è caduta. Di faccia, oseremo dire.

6) Echoes

Peggiori serie Netflix
Echoes (640×360)

Un’altra storia interessante (anche se banale), l’ennesima attrice non sfruttata al pieno delle sue potenzialità. Echoes è forse tra i peggiori flop di Netflix per un motivo ben preciso: la totale e completa assenza di novità che la caratterizza. La storia di Echoes, infatti, gira attorno al tema dello scambio tra gemelli, pretesto di trama visto e rivisto centinaia di volte nella serialità e nel cinema. Michelle Monagan interpreta nella stessa miniserie Leni e Gina, due sorelle identiche che nascondono un morboso segreto: si scambiano d’identità da quando sono bambine, e sono arrivate a destreggiarsi all’interno di una doppia vita a tutti gli effetti. Due case, due mariti, una figlia. Due esistenze a specchio che sembrano quasi fondersi l’una nell’altra. Echoes ha comunque dalla sua l’utilizzo sapiente di diversi plot twist, che portano un po’ di pepe all’interno della narrazione e che tengono comunque lo spettatore incollato allo schermo. La sensazione di copia e incolla, in ogni caso, rimane.

5) Hard Cell

Hard Cell (640×373)

Ci sono dei casi (tanto rari da apparire quasi mistici) nei quali una serie tv ottiene il tanto temuto punteggio dello zero per cento di recensioni positive su Rotten Tomatoes. Sembra incredibile, eppure ogni tanto capita: prodotti che al posto degli applausi ricevono il silenzio, la desolazione più totale. Questo è successo ad Hard Cell, prodotta da Netflix e andata in onda nel 2022, e non possiamo fare altro che congratularci: nella sua devastazione, Hard Cell ha conquistato un primato. Eppure le basi c’erano, eccome se c’erano: ideata da Catherine Tate (candidata ad un premio Emmy anni addietro e colei che nella serie interpreta ben sei personaggi), la serie narra le vicende di Laura Willis, direttrice di una prigione femminile che crede fermamente nella creatività come strumento attraverso il quale iniziare un processo di riabilitazione; di conseguenza la donna decide di organizzare un musical con le detenute come protagoniste. Il pretesto narrativo poteva essere interessante, ma c’è poco altro da sottolineare: la serie non fa ridere ed è totalmente dimenticabile. Ennesimo caso volto a dimostrare che dal buono non deriva necessariamente qualcosa di positivo.

4) Luna Nera

Luna Nera (640×360)

Nel 2020 eravamo pieni di domande: ci chiedevamo quando sarebbe finita la pandemia, cosa sarebbe successo al nostro futuro, come sarebbe cambiato il mondo. Tra i cultori della serialità ne girava un’altra, altrettanto insidiosa: perché tutti ce l’avevano con Luna Nera? La risposta potrà sembrarvi complessa, eppure nasconde una semplicità destabilizzante: Luna Nera non ha funzionato. E basta. Basata sulla trilogia di romanzi Le città perdute di Tiziana Triana, la serie era stata preceduta da un’ottima campagna mediatica che aveva fatto sperare in un successo non da poco: ambientata nel diciassettesimo secolo, Luna Nera mischia la fantasia alla storia reale e affronta una vergognosa pagina della storia italiana e mondiale: le persecuzioni e la caccia alle streghe. Quello che poteva essere una vicenda appassionante e intrigante (lasciando perdere la veridicità storica, dalla quale comunque ci si può distaccare se si conoscono le premesse di base) si è trasformato in un fantasy di serie B, poco coerente e non particolarmente appassionante. Senza contare la recitazione scadente e lo scarso impegno che sembra caratterizzare la produzione di Luna Nera, la serie fa rabbia per un motivo più profondo: l’assenza totale di magia, metaforicamente e non.

3) Resident Evil

Resident Evil (640×360)

Al primo gradino del podio troviamo Resident Evil, sicuramente una delle serie tv peggiori prodotte da Netflix. Legata al famosissimo videogioco giapponese del 1996 (a cui ha fatto seguito una fortunatissima saga cinematografica a partire dal 2002), la serie si dipana seguendo due linee temporali diverse, una quattordici anni prima di un’altra, rendendo fin dal principio veramente difficile per lo spettatore seguire le vicende senza perdersi all’interno della narrazione. L’errore di Resident Evil è stato però un’altro, che ha finito per decretarne la cancellazione prematura dopo una sola stagione: il ricorso alla banalità. C’era davvero bisogno di fare una serie tv su un tema ultra trattato nel cinema, avendo anche alle spalle diversi media di enorme successo che trattavano della stessa identica cosa? Resident Evil non aveva nulla di nuovo da dire, e non ha potuto fare altro che lavorare con ciò che aveva; facilmente dimenticabile nel suo anonimato.

2) God’s Favorite Idiot

God’s Favorite Idiot (640×363)

God’s Favorite Idiot partiva addirittura avvantaggiata, avendo addosso un etichetta che sopratutto in America sembra essere sinonimo di qualità: quello della situation comedy. Con protagonisti Ben Falcone e Melissa McCarthy, la serie racconta la storia dell’impiegato Clark, il quale dopo essere stato colpito da un fulmine si trasforma in uno strambo messaggero di Dio. All’uomo viene affibbiato il compito di salvare il mondo dall’Apocalisse: tutto questo mentre si destreggia tra i sentimenti che prova per la collega Amily Luck e la sua nuova vita. Il problema principale di God’s Favorite People non è il suo scarso livello (dimostrato dal mare di critiche ricevute e da una bassissima percentuale di gradimento), ma l’enorme successo riscosso da parte del pubblico. Successo inspiegabile, soprattutto perché la serie sembra piacere più per cosa potrebbe essere più che per cosa effettivamente è. A metà strada tra The Office e The Good Place, God’s Favorite People non è né l’uno né ‘altro. Per questo e per tanti altri motivi si merita il secondo posto tra le peggiori serie tv di Netflix.

1) Troy – Fall of a City (per molti la peggiore serie su Netflix)

Troy – Fall of a City

Arriviamo al primo posto di questa classifica parlando di una serie che fa una rabbia tale da far tremare le mani. Facciamo qualche premessa: Troy – Fall of a City è una produzione che unisce BBC e Netflix ed è basata sulle vicende affrontate nell’Iliade di Omero; il rapimento di Elena da parte di Paride, la guerra di Troia, il conflitto tra Achei e Troiani. A questo punto diventa chiaro perché la pessima riuscita di un prodotto come Troy – Fall of a City scaldi così tanto gli animi: la serie tv aveva a disposizione forse il migliore calderone di narrativa nella storia della letteratura antica e recente ed è comunque riuscita a fare un disastro. Lasciando da parte le inesattezze storiche e gli evidenti buchi di trama (la cui colpa va solo agli sceneggiatori e non al povero Omero), concentriamoci sull’enorme responsabilità che una serie del genere aveva sulle spalle. Ci sono cose che devono essere portate in scena nel modo corretto: la mitologia greca è una di queste. Troy – Fall of a City banalizza, riduce, semplifica e non esalta la magia e il capolavoro rappresentato dai miti della storia greca. E questo è imperdonabile.

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