4) Squid Game, una delle migliori Serie Tv da vedere nate negli ultimi cinque anni?

Possiamo dirlo? Lo diciamo: vedere Squid Game al quarto posto in una classifica che esclude titoli come 1923, The Penguin, Ripley, Baby Reindeer, Silo e molti altri, lascia un certo amaro in bocca. Che Squid Game sia una grande produzione Netflix non si discute. Ma da qui a giustificare una posizione così alta in una graduatoria di questo livello, il passo è lungo. L’impatto che la Serie Tv ha avuto sul panorama seriale è sotto gli occhi di tutto: Squid Game ha aperto una porta globale alla serialità coreana, rendendola finalmente visibile anche al pubblico occidentale, cosa che ha portato alla ribalta successi che forse, senza Squid Game, non tutti avrebbero attenzionato come avrebbero meritato. Questo è un tema. Una grande rivoluzione seriale che non può non essergli riconosciuta. Ma ciò non toglie che questa posizione strida un po’ considerando le gravi assenze.
In Squid Game ritorna il tema socio-economico. Il collasso economico di chi si ritrova senza niente, e il collasso morale di chi – nella serie – ha tutto. Due mondi opposti che si allontanano e si avvicinano a vicenda, come se uno non potesse vivere senza l’altro. Come se avessero necessità di coesistere. Vita o morte. Ricchezza o morte. Sono queste le due possibili alternative che Squid Game offre attraverso le sfide spietate e mortali che, se vinte, porteranno i giocatori a tirarsi fuori da quell’incubo della loro vita. Perché tutti i partecipanti sono uniti da un unico collante: vivono ai margini della società. Storie diverse, vite diverse, età diverse, ma unico obiettivo comune: la rivalsa.
Anche in questo caso, la parola fine sta per essere scritta. Il 27 giugno su Netflix arriverà infatti l’ultima e attesissima stagione. Squid Game ha un solo compito adesso: dimostrare con il suo finale la legittimità di questo quarto posto. Il momento di tirare le somme è arrivato.
3) The Bear

Mancano poche ore al debutto di The Bear 4, e Hall of Series – Comunità di Recupero ha deciso di scaldarsi per il grande arrivo assegnandole un terzo posto. Un gesto che, probabilmente, vuol dire molto più di quanto si possa immaginare. Perché significa che la fiducia in The Bear è rimasta intatta, la stessa che c’era prima di vedere la terza stagione, il momento in cui molti telespettatori si sono interrogati sulla qualità della serie chiedendosi se fosse ancora quella delle prime due stagioni.
Non è un mistero che il terzo atto abbia deluso diverse aspettative, ma – come avevamo già spiegato – la terza stagione nasce come passaggio interlocutorio, un ponte necessario per preparare il terreno per la quarta. Tutto quello che vediamo è un lungo preambolo protratto che aggiunge le basi per un momento importantissimo in cui tutti i personaggi saranno chiamati a fare i conti con la loro vita personale e lavorativa.
I presupposti per veder tornare The Bear forte come le prime due stagioni ci sono dunque tutti. E lo diciamo, lo ricordiamo per far sì che tra qualche ora saremo tutti pronti. Un promemoria che servirà anche a noi, nel caso in cui ce ne fosse bisogno come sospettiamo. Perché The Bear sa come fare male. Come ricordare la sofferenza e il senso d’impotenza umano di fronte alle più crudeli ma purtroppo ordinarie situazioni che si susseguono nel corso della vita. Quel che ha sempre sorpreso, distrutto e annientato di The Bear è il suo modo soffocante di raccontare la sofferenza. Di imprigionarla in una stanza in cui l’aria non passa e il dolore ti stringe fino alla gola, facendoti sentire niente al suo cospetto.
Poche ore e The Bear giocherà una delle sue partite più importanti: dimostrare di esserci ancora. E di essere davvero una delle migliori Serie Tv nate negli ultimi cinque anni.