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Le Serie Tv si stanno “cinematografizzando”. E non è un bene

Uno spettro si aggira nel mondo delle serie tv, e miete vittime di ogni genere: dalle più illustri a quelle di cui ti sei dimenticato dopo la prima visione. Uno spettro dall’aspetto benevolo, in un certo senso anche simile alle serie tv, che utilizza questa somiglianza per attirarle e sopraffarle: il cinema.

Cosa significa che le serie tv si stanno “cinematografizzando”? Questa espressione non si riferisce a quanto di buono il mondo seriale abbia preso da quello cinematografico, come ad esempio la cura per la fotografia, la scrittura e la regia, ma agli aspetti più consumistici che il mondo delle sale e dei popcorn ha instillato nell’ambiente dei laptop, delle televisioni domestiche e delle copertine e the caldo.

Nel momento in cui le serie tv hanno conosciuto il loro apice, non solo in termini di popolarità ma anche di qualità (la cosiddetta “golden age” delle serie tv), il mondo del cinema si è ritrovato inevitabilmente spiazzato. La lunga supremazia della sala, al massimo del noleggio o dell’acquisto di un titolo, venivano ora messi in discussione da un tipo di visione totalmente domestica, appannaggio di ogni classe sociale, a un prezzo che, all’epoca (ora, con i rincari folli delle piattaforme, questo aspetto è decisamente cambiato) era indubbiamente competitivo rispetto a quello di un biglietto del cinema.

Il miglior vantaggio legato al prezzo era che, con il costo di un biglietto del cinema, in un mese potevi vedere non solo un film o una serie, ma decine e decine di titoli. Figo, no?

Netflix (640×360)

Peccato che poi sia cambiato tutto. Il cinema ha rialzato la testa (per fortuna), per quanto possa rialzarla un settore gravemente colpito già da prima della pandemia e che con il Covid ha cominciato a vedere una grande luce e l’irresistibile impulso di correre in quella direzione e farla finita. Ma, in qualche modo, il cinema ce la sta facendo: saranno state le iniezioni di fiducia (e di miliardi) al botteghino di alcuni titoli fortunati (Barbie e Oppenheimer, per dire solo i più recenti), ma la settima arte non ha intenzione di lasciare campo alle serie tv senza lottare. Ma il problema non è questo, bensì che le sta “contagiando” con un virus che sta portando l’ambiente a interrogarsi seriamente sul futuro di questo tipo di intrattenimento.

Abbiamo affrontato la questione del futuro dello streaming in questo articolo, ma la questione si può riassumere così: vale ancora la pena spendere il costo di un biglietto del cinema per vedere, in un mese, titoli che probabilmente saranno cancellati di lì a qualche mese?

E ancora: ha davvero senso seguire l’esempio del cinema e costruire franchise su franchise, seguiti su seguiti, spin off su spin off, in maniera miope e bulimica, da una serie che aveva già detto tutto quello che aveva da dire?

Ma anche: le serie tv stanno diventando sempre più spettacolari, volendo forse eguagliare il cinema o per una propria affermazione di valore. I supporti, però, sono rimasti gli stessi: ha davvero senso continuare a vedere episodi con battaglie filmate in 4K su un laptop o una televisione da salotto, quando esiste la sala cinematografica con tutta la sua tecnologia non replicabile a casa?

Per quanto riguarda il primo punto, indubbiamente negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria emorragia di serie tv, con titoli che sono stati brutalmente cancellati dopo una sola stagione, serie che non trovavano una conclusione a un passo dalla fine, petizioni disperate dei fan per avere almeno un film conclusivo. Appunto, un film: il cinema che, magnanimo, viene in soccorso della serie e la salva.

A livello economico, produrre una puntata conclusiva di un’ora anziché una stagione conclusiva composta da diversi episodi è sicuramente un vantaggio. Fa però riflettere il fatto che il cinema sia visto come una sorta di “piano B” per un prodotto che sarebbe stato destinato alla cancellazione e che, in questo modo, può almeno vantare una conclusione.

Il cinema viene svilito dalla logica economica: se proprio volete un finale per una serie tv, beccatevi ‘sta cosa che non è ne un’ultima stagione ne un vero e proprio film.

1899 (640×360)

La questione economica è anche il vero motivo dietro le cancellazioni: le piattaforme si fanno i loro conti su asettici fogli Excel (non sappiamo se sia vero, ma è bello immaginarlo così), ponderano le aspettative di ascolto e i dati reali e tracciano una riga rossa sul titolo che non è stato abbastanza performante. Fine. E a rimetterci sono titoli che possono essere una scommessa, anche se hanno alle spalle una storia di successo, come 1899, il cui progetto di una nuova trilogia dopo quella, fortunata, di Dark è affondato poco dopo essere salpato.

A rimetterci possono essere anche titoli che, invece, sembravano scommesse già vinte: rifacciamo How I Met Your Mother ma dal punto di vista femminile, si dicono a Hulu, cosa potrebbe andare storto? Spezziamo una lancia in favore del karma perché la storia dei rifacimenti e degli spin off è ricca di affermazioni del genere che si sono poi trasformate in singhiozzi di delusione: pensiamo alla catastrofica Joey, spin off di Friends di cui nessuno sentiva il bisogno tranne, evidentemente, i produttori.

Ma è chiaro che persino se serie come How I Met Your Mother non sono più garanzia di successo per le loro “figlie”, un problema c’è. E ha a che fare con la tendenza del mondo seriale a copiare la bulimia per i remake, i seguiti, i capitoli 2 di qualunque titolo di successo. Anche a distanza di anni e, soprattutto, se il finale non aveva, all’epoca, soddisfatto pienamente i fan. Questo discorso vale, ovviamente, per HIMYM ma anche per un’altra serie, forse la regina delle serie dal finale deludente, perché è riuscita a rifilarcene non uno ma ben due, di finali da dimenticare.

Dexter, tornata con grandissime aspettative dopo dieci anni e finita come i meme con il flauto che suona My Heart Will Go On di Titanic.

Certo, questo destino dei seguiti sfortunati, dei revival finiti in tragedia non riguarda tutti i titoli: ci sono serie che continuano a riprodursi indisturbate continuando a macinare un discreto successo o, in alternativa, a vivere in una mediocre penombra nella quale non rischiano, se non altro, di finire cancellate.

Pensiamo a Sex and The City, prodotto che continua ad avere successo, probabilmente perché anche all’epoca del suo debutto era avanti per i tempi, figuriamoci ora. Sei stagioni, due film, un reboot dopo più di vent’anni, And Hust Like That, arrivato ormai alla terza stagione, per non parlare dello spin off sull’adolescenza di Carrie, The Carrie Diaries. Una macchina per fare soldi paragonabile solo, per dimensioni del fenomeno, a saghe dal genere decisamente diverso come The Expendables o Fast&Furios.

The Walking Dead, una delle serie che aveva fatto sperare nell’inizio di una vera golden age delle serie tv horror, è diventata col tempo la parodia di se stessa: ma non ha smesso di generare spin off, così come l’epidemia di zombie non si è mai arrestata. Fear the Walking Dead, The Walking Dead: World Beyond, Tales of The Walking Dead, The Walking Dead: Dead City e The Walking Dead: Daryl Dixon. Qui invece siamo in quota James Bond, se vogliamo accostare The Walking Dead a un prodotto cinematografico apparentemente infinito.

Altre serie, invece, prendono uno dei difetti peggiori del cinema, la tendenza alla partenogenesi, e lo declinano in prodotti che vanno oltre i confini nazionali o diventano puro intrattenimento commerciale: è da poco uscito il trailer di Squid Game: the challenge, reality in cui i concorrenti si daranno battaglia proprio come gli sfortunati della serie, senza però rischiare di morire. Un esempio di serie che diventa reality, come se ai tempi di Lost qualcuno avesse pensato di paracadutare qualche decina di persone su un’isola deserta e mettere le telecamere per vedere che sarebbe successo.

Ah, è vero, l’hanno fatto e si chiama L’isola dei famosi.

Mercoledì
Squid Game (640×360)

Squid Game è un esempio di serie per la quale il processo è stato inverso rispetto a How I Met Your Father: approdata su Netflix solo grazie alla caparbietà del suo creatore, Hwang Dong-hyuk, è diventata così famosa da aver fatto rimpiangere tutte le altre piattaforme di non essersela accaparrata. Discorso simile per La Casa de Papel, che da fiction semisconosciuta spagnola è diventata un prodotto così di punta da avere addirittura un remake coreano. Le serie tv stanno copiando dal cinema non solo la febbre per i sequel, ma anche quella dei remake: un’operazione che si preannuncia disastrosa anche solo a pensarla.

C’è poi un ultimo aspetto sul quale soffermarsi per capire come le serie tv stiano prendendo esempio (sbagliando) dal cinema: l’aspetto spettacolare, a cui è difficile rendere giustizia con i supporti normalmente utilizzati per vedere una serie.

Facciamo un esempio: il famoso (e criticato) episodio “buio” di Game of Thrones. Siamo nell’ottava e conclusiva stagione, nel terzo episodio, intitolato, neanche a farlo apposta, La lunga notte. Una battaglia epica tra Estranei, Jon Snow e Daenerys è il fulcro dell’episodio, ma molti spettatori hanno lamentato l’eccessivo buio delle scene, che rendeva impossibile capire cosa stava accadendo sullo schermo.

Tra meme, gente che strizzava gli occhi e impazziva cercando di settare la televisione in modalità notte, questo episodio è passato alla storia più per questo inconveniente che per il suo valore oggettivo. Quello che, forse, non è stato detto abbastanza è che quella scena, così come molte altre della stessa serie, avrebbe avuto tutto un altro impatto se vista al cinema, al buio e con la possibilità di essere davvero catapultati su un campo di battaglia, nel buio della notte.

Con House of the Dragon, lo spin off ambientato 100 anni prima di Game of Thrones, sono tornati a volare i draghi e nella seconda stagione si preannunciano grandi battaglie. Ma il franchise tratto dalle opere di Martin non è l’unico a puntare (anche) sulla spettacolarità: titoli come Altered Carbon o Band of Brothers (qui ne trovate altre) hanno puntato molto sulla componente visiva e uditiva, restando nella storia come dei veri gioielli, che rivaleggiano tranquillamente con i loro avversari cinematografici.

Serie Tv
Game of Thrones (640×360)

La controversa puntata “buia” di Game of Thrones

Ma la fruizione di prodotti di così alto livello, attraverso supporti di certo non pensati per dare un’esperienza immersiva come quelli della sala cinematografica, rischia di diventare un rimpianto se si pensa a come quei prodotti avrebbero reso sul grande schermo. La spettacolarità di scene come quelle di Interstellar, ma anche la stessa Oppenheimer, viste al cinema, ha un effetto completamente diverso da quello che si può avere col dvd a casa, anche disponendo di una televisione all’avanguardia.

In un ambiente in cui si punta sempre più sull’aspetto spettacolare, immersivo e coinvolgente, anche le serie tv dovranno trovare il modo di stare al passo col cinema. Potranno scegliere di differenziarsene totalmente, tornando a proporre prodotti che puntano più sulla sceneggiatura, sulla trama e sulle interpretazioni attoriali e meno sulla componente visiva, come accadeva durante la golden age. Oppure potranno pensare a un approccio totalmente nuovo al medium, con ad esempio proiezioni al cinema di episodi che sul grande schermo renderebbero particolarmente bene.

Serve una riflessione, da parte dei produttori così come dei distributori: le serie tv erano nate per differenziarsi dal cinema, per dare a tutti la possibilità di fruire di una moltitudine di prodotti a un costo accessibile e per creare storie che non soffrissero delle limitazioni di tempo imposte dal cinema. Se le serie tv finiranno per “cinematografizzarsi”, a che serviranno?

Giulia Vanda Zennaro