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5 presunte nuove Black Mirror che hanno toppato miseramente

C’è poco da fare, Black Mirror rimane una serie tv unica nel suo genere e qualsiasi tipo di imitazione ha finito con il fallire miseramente. L’idea di un futuro distopico come scenario in cui metaforizzare tematiche etiche e dilemmi sull’esistenza umana ha fatto gola a molti. Eppure, nella maggior parte dei casi, i risultati sono poco convincenti. L’errore di certe serie tv è quello di puntare troppo sulla trama o sui personaggi, tralasciando contemporaneamente o l’uno o l’altro elemento. Uno show come Solos, per esempio, si perde dietro soliloqui privi poi di una base che li supporti; al contrario un prodotto come Soulmates è tutta trama e poca “anima”. Ciò che ha reso Black Mirror uno show unico è stata la capacità di unire tematiche generali a caratterizzazione dei personaggi in un connubio (quasi) perfetto.

Vediamo insieme, allora, quali sono le 5 serie tv che hanno provato a essere come Black Mirror ma non ce l’hanno fatta.

1) Solos

solos

Solos (qui la recensione della serie tv) è una delle ultime uscite di Amazon Prime Video e il secondo show creato da David Weiss per la piattaforma. All’interno dello sci-fi, ogni personaggio protagonista dei sette episodi è chiamato a reggere da solo la scena mentre si dilunga in monologhi sul senso della vita: nel primo episodio assistiamo a una donna alle prese con difficili scelte morali sui viaggi nel tempo; nel terzo un viaggio nello spazio fa da sfondo a una profonda riflessione sulla vecchiaia; nel quarto viene analizzata l’idea di libertà individuale; nel sesto i temi portanti sono quelli della maternità e del diverso.

Lo show, ispirandosi parecchio a Black Mirror, si colloca a metà tra dramma teatrale e puro sci-fi ma senza realizzarsi a pieno né in un senso né nell’altro.

Se il futuro è scelto spesso come lo scenario perfetto in cui affrontare tematiche di impatto, Solos fallisce nel suo intento risultando, nella maggior parte degli episodi, in una narrazione ridondante e monotona. Alcune interpretazioni, come quelle di Helen Mirren e di Constance Wu, si dimostrando drammaticamente potenti e strazianti ma non basta. Ognuna delle storie è intrecciata all’altra più per una continuità di sentimenti che di trama. Eppure, per quanto gli argomenti siano dei più interessanti, Solos non riesce a conquistarsi il suo posto all’interno di un panorama ormai saturo.

2) Philip Dick’s Electric Dreams

Black Mirror

Anche in questo caso parliamo di storia futuristiche che veicolano messaggi morali, condite da un cast d’eccellenza. Ma basta questo affinché uno show possa funzionare come ha fatto Black Mirror? Purtroppo no e, così come per Solos, anche Electric Dreams non riesce a spiccare il balzo finale rimanendo ai margini di una serialità di fantascienza sentenziosa. Seguendo la scia del successo di un’altra sua creatura, appunto, Black Mirror, l’emittente Channel 4 aveva deciso di affidarsi alle storie di Philip Dick per creare un’altra serie antologica di successo. Uno dei padri delle fantascienza, i racconti di Philip Dick sono spesso intessuti di una componente distopica ed estraniante in cui il fulcro rimane sempre l’uomo.

Nel tentativo di rimaneggiare il lavoro di Dick, lo show finisce per diventarne un adattamento sbiadito e poco memorabile. I personaggi sono privi di reali motivazioni, i loro legami risultano futili e a puntata finita rimane davvero poco o nulla. Contrariamente a Solos, in cui i personaggi acquisiscono fin troppo spazio, qui l’attenzione è posta sulla mera trama, sul colpo di scena finale privo, però, di qualunque costruzione.

Il sogno di Electric Dreams non riesce a reggere il confronto con gli incubi di Black Mirror.

3) Homecoming

Black Mirror

Creata nel 2018 da Eli Horowitz e Micah Bloomberg per la piattaforma di Amazon Prime Video, Homecoming è un’altra di quelle serie tv con ottime premesse ma che ha finito con il fallire miseramente. La trama principale ruota attorno a un tema molto delicato in America, quello dei veterani di guerra alle prese con diversi disturbi e problemi mentali di ritorno dal fronte. A condurre le danze è Julia Roberts, qui nel suo primo vero ruolo seriale. La Roberts interpreta Heidi, una consulente che lavora a stretto contatti con i veterani per aiutarli a tornare nel mondo civile nel modo meno traumatico possibile.

La storia si interrompe bruscamente per portarci poi ad anni dopo, quando Heidi non lavora più all’interno della struttura governativa segreta ma insieme alla madre. Ignari di cosa sia accaduto e del perché Heidi non svolga più il suo ruolo di consulente, scopriremo man mano, attraverso una narrazione retrospettiva, che cosa sia accaduto al centro alcuni anni prima. Per quanto le premesse siano interessanti, lo show non riesce a raggiungere i livelli di suspense di Black Mirror, fallendo nella sua corsa.

4) Soulmates

Black Mirror

Ispirata alla serie tv francese Osmosis, questo show creato da uno degli ideatori di Black Mirror è la riprova che per realizzare un prodotto distopico non basta ambientarlo nel futuro e porre qualche domanda etica.

In un futuro immaginario, tra circa 15 anni da oggi, un’azienda chiamata Soul Connex è riuscita a sviluppare un test accurato al 100% che permette di individuare la propria anima gemella e di poterla successivamente incontrare. Un sogno a occhi aperti se non fosse per le complicazioni e le domande che questa scoperta comporta. Così, ogni episodio affronta le conseguenze che derivano dall’utilizzo del test in sei coppie diverse. Nel primo episodio, per esempio, una coppia felicemente sposata senza l’ausilio dello strumento inizia a porsi domande sulla reale natura del loro rapporto e se tutto sommato non siano fatti per stare insieme.

La tecnologia gioca un ruolo determinante all’interno dello show, esasperando i rapporti umani e trasformando l’amore in un processo innaturale ma veicolato da dati precisi. I diversi personaggi finiscono per soccombere ed essere totalmente soggiogati all’invenzione. Se, però, in Black Mirror l’alienazione delle varie figure risulta terrificante e affascinante insieme, in Soulmates lo spettatore non partecipa in alcun modo alle vicende.

5) Altered Carbon

Concludiamo questo articolo con uno show che rappresenta un po’ il male minore di tale lista. Creata nel 2018, Altered Carbon è una di quelle serie tv che o la si ama o la si odia. Una parte di pubblico l’ha particolarmente apprezzata, lodandola persino come uno dei prodotti migliori del suo anno, per altri è invece passata totalmente in sordina. Ambientato nel 2384 in una futuristica città cyberpunk, che ricorda vagamente quella di Blade Runner, in Altered Carbon la vita eterna è possibile ed è alla portata di tutti... o meglio quasi tutti. L’identità umana, completa di coscienza e ricordi, può infatti essere codificata e caricata di volta in volta in nuove “custodie”. Il corpo umano è diventato ormai un mero contenitore. il cui compito è solo quello di proteggere la mente umana.

Ovviamente, non tutti possono permettersi questa tecnologia e alcuni persino la rinnegano. L’immoralità non è più così deprecabile e i più ricchi, vinti della noia della loro eternità, si divertono a distruggere le vite dei meno sfortunati. In questo contesto è lecito chiedersi che cosa sia rimasto esattamente dell’essere umano ed è la stessa domanda che comincia, a un certo punto, a porsi il protagonista: Takeshi Kovacs. Altered Carbon si interroga su argomento estremamente interessanti e profondi, in pieno stile Black Mirror, rivelando come l’eternità sia tutt’altro che una benedizione eppure ci sono delle falle che non le hanno permesse di conquistarsi un pubblico numeroso.

Diversamente da Black Mirror, la serie tv cyperpunk risulta il più delle volte statica abbandonandosi a un ritmo lento e trascinato che distrae lo spettatore e gli fa perdere il filo del discorso.

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