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Scissione è la fantascienza per l’anima

Negli ultimi minuti dell’episodio finale del mockumentary che definisce il genere di cui parleremo oggi con Scissione, The Office UK, il nostro lavoratore preferito, Tim (Martin Freeman), riassume con disincantata sagacia i ritmi blandi e banali del posto di lavoro dei primi anni 2000. “Le persone con cui lavori sono persone con cui sei appena stato messo insieme“, riflette, osservando che si trascorre più tempo con i colleghi di lavoro che non con amici o famiglia. “Ma probabilmente l’unica cosa che avete in comune“, aggiunge, strofinandosi il naso, “è il fatto che camminate sullo stesso pezzo di moquette per otto ore al giorno“.

La guida informativa su tutto ciò che c’è da sapere di Scissione 2 (data, cast, trama etc)

La sitcom di Ricky Gervais è stata, giustamente, celebrata per la sua rappresentazione nuda e cruda della realtà banale, noiosa e spesso distruttiva dell’anima della vita d’ufficio, ma forse tra crisi geopolitiche, sanitarie e sociali il modello di mondo del lavoro che rappresenta (o ha rappresentato) è cambiato. C’è invece un vecchio episodio di Seinfeld in cui Jerry, nel suo monologo d’apertura, fa un riff sugli impiegati che tengono le fotografie di famiglia sulle proprie scrivanie: “Si dimenticano di essere sposati?” si chiede. “Si dicono, ‘Va bene, sono le cinque, è ora di colpire le sbarre e raccogliere alcune prostitute. Aspetta un secondo… ho una moglie e tre figli! Farei meglio a tornare a casa!‘” Questo scenario, il dimenticare temporaneamente la propria realtà, potremmo dire domestica mentre si è al lavoro, rappresenta perfettamente la premessa, la causa scatenante, del dramma distopico di AppleTv+ Scissione. Per chi non l’avesse ancora vista, o letto qualcosa sulle nostre pagine (male!) nella serie, creata da Dan Erickson e diretta da Ben Stiller e Aoife McArdle, i dipendenti che lavorano alla Lumon Industries, una megacorporazione oscura, non sanno nulla della loro vita fuori dall’ufficio. Hanno deliberatamente scelto di sottoporsi a un intervento chirurgico in cui la loro coscienza è stata drasticamente biforcata, scissa appunto, tra casa e lavoro. I due, indicati come il loro “interni” e il loro “esterni”, si conoscono, o meglio ancora ne hanno consapevolezza, ma per il resto conducono esistenze completamente separate.

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Giusto come veloce recap: Il nostro protagonista è Mark Scout, o Mark S., come è conosciuto alla Lumon (interpretato da Adam Scott). Mark è un ex professore universitario che ha deciso di subire la scissione dopo la morte della moglie in un incidente stradale. “Dimenticarsi di lei per otto ore al giorno non è la stessa cosa che guarire“, gli dice sua sorella Devon (Jen Tullock), ma ovviamente il Mark “di fuori” è convinto di aver fatto la scelta giusta. Di notte però se ne sta a casa da solo a rimuginare e bere whisky. Mark alla Lumon lavora nel dipartimento di Macrodata Refinement (M.D.R.), una squadra di quattro persone oltre a Mark: Petey K. (Yul Vazquez), il capo dipartimento e miglior amico di Mark, almeno nel sé al lavoro; Irving B. (John Turturro), una figura estremamente emotiva e cortese, ma al tempo stesso pignolo per le politiche aziendali; infine Dylan G. (Zach Cherry), un uomo buffo, spiritoso e pragmatico dedito alla competizione per guadagnare i vantaggi aziendali che la Lumon distribuisce. Per la maggior parte questi interni sembrano non essere turbati dalla loro esistenza divisa. Almeno inizialmente ovviamente.

Scissione è uno spettacolo visivamente stupendo. L’aspetto della sede della Lumon incarna mirabilmente il brutalismo della metà del secolo scorso che incontra Apple: corridoi infiniti e immacolati che si intersecano all’infinito, tutti raffigurati nei toni del bianco, del grigio, del blu e del verde. L’estetica ipercontrollata delle gonne a matita di Helly o l’arredamento da era spaziale immaginata negli anni ’50 dell’azienda suggeriscono un ambiente sull’orlo dello sconvolgimento. Le superfici lisce e perfette al primo sguardo vibrano per lo sforzo della repressione che al loro interno si esercita. I brani di facile ascolto segnano le scene, ma niente alla Lumon è veramente facile. C’è, per esempio, la signora Cobel (mirabilmente messa in scena da Patricia Arquette), il capo dai capelli d’argento di Mark, una presenza sferzante e minacciosa. Come gli altri manager anche Harmony Cobel non ha subito la scissione e la possiamo vedere anche nel ruolo, ancor più inquietante, della vicina di casa ficcanaso di Mark: l’apparentemente innocente signora Selvig. Grazie a lei e alla sua assoluta devozione agli insegnamenti del misterioso fondatore della Lumon, Kier Eagan, scopriamo come egli sia una specie di L. Ron Hubbard del diciannovesimo secolo, i cui scritti i dipendenti sono addestrati ad accettare come Vangelo.

Il mondo in cui ci porta Scissione richiama alla mente i riferimenti culturali che ne hanno fatto da precursori: l’infinita sorveglianza di “1984” di George Orwell, l’assordante monotonia della vita d’ufficio in “The Apartment” di Billy Wilder, la marcia degli “agnelli al macello” dei lavoratori della fabbrica in “Metropolis” di Fritz Lang, la disperazione di “The Dumb Waiter” di Harold Pinter o l’inquadramento di massa in “Brazil” di Terry Gilliam. Ma Scissione, al suo interno, è un mistero. Un enigma irrinunciabile, come un tarlo, da risolvere per Mark e per gli spettatori. Qual è lo scopo del dipartimento in cui Mark e Helly si imbattono nel seminterrato pieno di capretti? Ha forse qualcosa a che fare con gli annaffiatoi che vengono inspiegabilmente prodotti presso il dipartimento di Ottica e Design, diretto dall’elegante Burt G. (Christopher Walken)? Burt, anch’egli “scisso”, diventa l’interesse amoroso di Irving, nonostante i tentativi dell’azienda di separarli, e questo solleva un’altra domanda: perché la Lumon cerca così disperatamente di mantenere isolati i suoi vari dipartimenti?

Ancora più importante, qual è lo scopo di tutto questo? Per tutto il giorno Mark e i suoi osservano una griglia di numeri che fluttuano sugli schermi dei loro monitor, ma non hanno idea di cosa rappresentino o dello scopo del loro lavoro. Arrivano a chiedersi se le loro azioni insapute abbiano effetti drammatici o benefici sul mondo. Questa in Scissione è una questione di trama ovviamente, ma quello che ci pone d’innanzi questa pregevole serie è anche una questione etica con implicazioni contemporanee. Fuori dall’ufficio, Mark viene cercato da Petey, che spiega di essere fuggito dalla Lumon per cercare di annullare la sua scissione. “Cosa succede se . . . stai uccidendo persone otto ore al giorno e non lo sai?” chiede Petey. “Io?” Mark si chiede, ricordando la difficile situazione di tanti di noi il cui lavoro, così come il nostro tempo libero, è alienato dal suo potenziale costo morale. Il fatto che Scissione poi venga trasmesso in streaming su AppleTv+ e che la sua estetica sia decisamente jobsiana è un’ironia rilevante e da non sottovalutare: adoriamo i nostri iPhone, ma preferiamo non doverci preoccupare a pensare a cosa serva per realizzarli. E questo vale per quasi tutto quello con cui interagiamo.

Ben Stiller, che ha diretto sei dei nove episodi della serie, sta emergendo come autore televisivo preminente. Nel 2018, ha diretto “Escape at Dannemora“, una miniserie Showtime su un’evasione dalla prigione, che, proprio come Scissione, con il suo ritmo pessimista, i lunghi silenzi e la tavolozza grigia e monocromatica, ha mostrato la sua capacità di prendere con sicurezza il suo tempo quando deve e vuole raccontare una storia. Anche dal punto di vista tematico poi, entrambi gli spettacoli indagano la nozione di libertà in ambienti permeati di potere, sia esso brutale o morbido.

Ma sebbene Scissione si concentri su un gruppo di lavoratori che si radicalizza, sarebbe una forzatura caratterizzare lo spettacolo stesso come radicale: i personaggi centrali, per quanto ne sappiamo, hanno scelto di sottoporsi alla procedura di “divisione” per motivi personali, piuttosto che per la necessità di sbarcare il lunario. Sotto le pressioni che vivono nell’eterna e interminabile giornata di lavoro Mark, Helly e i loro colleghi formano legami genuini e sinceri. I momenti più toccanti di Scissione sono quelli in cui la solidarietà ha la meglio sull’interesse personale: la mano di Irving che tocca segretamente quella di Burt; la vicinanza che si sta sviluppando con cautela tra Helly e Mark; Dylan che si offre volontario, a proprio rischio e pericolo, per restare alla Lumon e attivare il meccanismo che permetterà agli altri di risvegliarsi consapevoli nel mondo esterno.

Scissione quindi è stata in grado di combinare scenografie eleganti, umorismo surreale e una visione orwelliana dell’impatto del lavoro d’ufficio sulla psiche umana fondata però su una logica e una psicologia in cui l’azienda sta deliberatamente cercando di disorientare i propri lavoratori nel tempo e nello spazio fino al punto di far chiedere a noi stessi spettatori quale sia il vero personaggio: quello dentro il lavoro o quello fuori. E noi, quali siamo quelli veri?