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L’Ora – Inchiostro contro piombo: la Recensione della terza e della quarta puntata

Mercoledì 15 giugno, su Canale 5, è tornata L’Ora – Inchiostro contro piombo, la nuova miniserie di Mediaset con Claudio Santamaria, sempre ineccepibile. Dopo tre giorni pieni d’insidie, il suicidio di un Principe – che ha consegnato il suo papillon al nuovo direttore de L’Ora – e con una squadra ridimensionata, il romano Antonio Nicastro (ispirato al vero Vittorio Nisticò) inizia a unire quei puntini che nessuno ha pensato di unire, partendo dal primo, Michele Navarra (Fabrizio Ferracane). Una storia esplosiva, di cui dovremmo parlare più spesso, malgrado sia stata molto romanzata. Eppure la prima puntata non è riuscita a vincere la prima serata, conquistata invece dalla Rai con Torno indietro e cambio vita, un film del 2015. L’Ora – Inchiostro contro piombo ha raggiunto un misero 1.900.000 spettatori, pari al 12.2% di share, sebbene fosse un’anteprima in esclusiva. Un prodotto nuovo, ambizioso e coraggioso. I motivi dello scarso interesse sono tanti. Una campagna promozionale non all’altezza o forse c’è ancora troppa diffidenza verso la sua proposta seriale, da anni piuttosto statica. Un peccato: la storia è una bomba e il cast promette bene. Tuttavia la seconda puntata conferma la natura incerta della miniserie, che non sa bene a chi vuole raccontarla, questa storia di denuncia. Una vicenda ispirata alle parole di Giuseppe Sottile, il quale ha raccontato un pezzo d’Italia, svelando quel “teatro palermitano delle evanescenze” nella sua opera Nostra Signora della Necessità, del 2006. Giornalista professionista dal 1973, nel 1968 Sottile ha iniziato la sua carriera proprio ne L’Ora, sotto Vittorio Nisticò, conducendo diverse inchieste su cronaca e mafia. La serie, ispirandosi liberamente al libro, parte dall’arrivo in redazione di un ragazzo ambizioso che diventerà cronista mentre inizia una guerra di mafia. Gli elementi per una svolta verso una serialità al passo con i tempi ci sarebbero tutti. Ma cosa frena il pubblico italiano?

**Attenzione, seguono SPOILER della terza e quarta puntate di L’Ora – Inchiostro contro piombo**

Da oggi iniziamo a unire i puntini

Lino Musella

Il primo appuntamento di mercoledì 8 giugno ci aveva catapultato in una Palermo di fine anni Cinquanta, che si preparava ad affrontare una battaglia contro la criminalità organizzata a colpi d’inchieste da parte di un quotidiano. Un inizio frenetico e deciso ha subito tracciato una linea di demarcazione con le fiction precedenti. Come avevamo scritto nella prima recensione, però, L’Ora – Inchiostro contro piombo urla talmente forte il suo bisogno essere innovativa che rischia di steccare. La storia è potente, ma sono i tanti elementi di modernità che appesantiscono una vicenda già pesante come il piombo. La seconda puntata, composta da due nuovi episodi da circa un’ora ciascuno, vede un cambio di regia. La direzione passa da Piero Messina a Ciro D’Emilio, il quale raccoglie il testimone e continua sulla scia dei precedenti episodi. Con la terza e quarta puntata entriamo senza preamboli nel vivo della questione: bisogna unire i puntini, soprattutto dopo la morte del Principe.

Le vicende s’intrecciano, e non è sempre facile venirne a capo soprattutto perché i fatti reali non coincidono cronologicamente con quelli narrati. Da un lato abbiamo la sparizione di Bastiano Perrotta: la scintilla che accenderà le proteste dei contadini che reclamano le loro terre. La manifestazione finirà ben presto in uno scontro aperto tra forze dell’ordine e agricoltori, in cui Nicastro e la sua squadra verranno coinvolti. Dall’altro lato, invece, approfondiamo l’interesse della mafia per le case chiuse, decretate illegali dopo l’approvazione della Legge Merlin (che vietò il controllo diretto sulla prostituzione da parte dello Stato). Un argomento centrale nelle puntate d’esordio. Nella casa chiusa, infatti, s’infiltreranno Salvo ed Enza, intenzionati a indagare per fare luce sull’attentato avvenuto all’inizio. La casa di tolleranza dovrebbe essere chiusa, ma pare che una nuova maitresse, Santina, stia per prendere il posto della defunta donna Iolanda. Dietro l’affare potrebbe esserci Navarra stesso, che l’indomani ha mandato i suoi uomini a prendere possesso dell’attività. Per la criminalità, purtroppo, la Legge Merlin è una manna dal cielo che aumenterebbe i loro guadagni, come lascia intendere Luciano Liggio, interpretato da Lino Musella (È stata la mano di Dio, Gomorra – La serie). Un attore di talento, che sa lasciare il segno, che purtroppo – in questo contesto – non viene messo in risalto.

Nuovo giorno, stessi problemi

L'ora - inchiostro contro piombo

La serietà e l’intraprendenza con cui Nicastro sta affrontando l’incarico non fanno che metterlo nei guai. I carabinieri sono venuti a L’Ora per cercare il capo della protesta dei braccianti agricoli, ma Antonio si oppone. Marcello Grisanti (Maurizio Lombardi) rincorre perfino il capitano per dichiararsi colpevole e tentare di scagionare Vito Monteleone. Tutti hanno paura di farsi avanti. Neanche il cugino di Domenico Sciamma (Giovanni Alfieri), che era alla manifestazione, vuole testimoniare. Tutti temono per l’incolumità della propria famiglia. Chi sono questi “loro”? Chiede il cugino a Domenico. Intanto scopriamo qualcosa in più sui personaggi. Marcello ci racconta della guerra, che gli ha portato via letteralmente la voce e gli ha lasciato quelle cicatrici mentre Antonio riceve la seconda denuncia per diffamazione a causa dell’articolo sull’arresto di Monteleone, in cui racconta senza mezzi termini il comportamento dei carabinieri.

Navarra è dunque il primo di tanti puntini, il quale sta per ricevere perfino un’onorificenza dal presidente della Repubblica, che lo premia, malgrado le prove che lo collegano alla criminalità organizzata. Del resto: la mafia non esiste. Come scriverà il caporedattore Giulio Rampulla, interpretato da Francesco Colella (ZeroZeroZero, Christian), che ricorda un Lalo Salamanca buono, ma sarcastico. I problemi della relazione iniziano a intrecciarsi con quelli personali dei giornalisti, chiamati a scegliere tra vita privata e lavoro. Tra un problema e l’altro, infatti, il tempo per un flirt si trova sempre. Antonio è preoccupato e non vorrebbe che sua moglie Anna (Silvia D’Amico) lavori come giornalista a Palermo. Ma lei trova lavoro a La Voce. Enza ha problemi con Marco; Salvo Licata (Bruno Di Chiara) li ha con Nerina (Daniela Scattolin), la quale ormai è scesa in strada.

La forza dei giovani

L'ora - inchiostro contro piombo

Anche Domenico Sciamma (Giovanni Alfieri) – con Olivia Butera (Selene Caramazza) – ha iniziato a unire i puntini. Marcello, invece, ha fatto la valigia: vuole tornare a Roma. Sa che Antonio deve ritrattare le accuse mosse contro i carabinieri altrimenti anche lui potrà iniziare a fare i bagagli. Nicastro però non vuole rimangiarsi la parola né rettificare. Sarà Domenico a salvare la situazione trovando il copro di Perrotta. Uno nuovo, proprio quello inesperto, ha portato a una svolta importante. Nicastro non vuole andare dai carabinieri, come farebbe la vecchia scuola. Sbatte invece la notizia in prima pagina per costringerli a indagare sull’accaduto. Grazie all’intraprendenza di Domenico hanno così una prima pagina più pesante del piombo. Grazie a Niko, invece, scopriranno che un macellaio ha preparato una montagna di carne di cavallo per Navarra. L’Ora inizia sempre di più a sembrare un “giornale vero”. Marcello però vuole andare via perché è stanco. Antonio sarà pure riuscito a salvare il giornale, per un giorno, ma non ne può più di combattere una guerra che gli sembra già persa. Il festino di Navarra, invece, sì che sarà un deterrente per la partenza.

Si chiude con il cambio di idea di Marcello, uno dei personaggi più intriganti della storia, la seconda puntata della miniserie prodotta da Indiana Production, Squareone Productions e Snd Groupe M6 in collaborazione con RTI. Un finale più asciutto del primo, ma ancora barocco. Quelli che dovrebbero rappresentare i punti di forza della miniserie, infatti, ci sembrano più degli ostacoli. Lo stile retrò e una colonna sonora grave che alterna senza troppo criterio delle sonorità folcloristiche a quelle moderne – come quella che accompagna il confronto tra l’avvocato Muscarà (Giorgia Spinelli) e il capitano – rischiano di confondere. Appesantiscono una vicenda drammatica, impedendo alla narrazione di scorrere liscia, di trascinarci in quella storia di sangue e nefandezze.

L'ora - inchiostro contro piombo

Il consumo compulsivo di sigarette e le inquadrature alla Humphrey Bogart non bastano per rendere la miniserie davvero al passo con i tempi. Tra una parolaccia e uno spiegone, un nudo e un lancio di macchina da scrivere, sebbene le atmosfere noir, c’è ancora qualcosa che non quadra. Una storia piena di contrasti netti, a volte troppo marcati, che non è interessata alle sfumature. Quelle che rendono interessanti sia i buoni, sia i cattivi. Una gravità – giustificata dalla serietà della storia verosimile – che spesso finisce per annoiare. La scrittura solenne, manichea, fa arrancare una storia appassionante, che meriterebbe la prima serata. Il cast è senz’altro promosso. Eppure la scrittura a effetto, la poca aderenza ai fatti reali e le soluzioni registiche troppo virtuose impediscono a L’Ora – Inchiostro contro piombo di fare quel salto che la serialità Mediaset aspetta di compiere da decenni. Un’evoluzione (seppure lenta) che invece la serialità Rai compie ogni giorno, creando dei prodotti pensati di volta in volta per un pubblico specifico. Se in casa Rai è iniziata la stagione delle repliche, Mediaset risponde con delle anteprime che non conquistano il cuore del grande pubblico.

Le incertezze su L’Ora – Inchiostro contro piombo continuano. Si tratta di un prodotto dal potenziale enorme che scivola là dove vorrebbe stupirci, rincorrendo un sensazionalismo superfluo. Non ci resta che aspettare il prossimo dei cinque appuntamenti, che andrà in onda mercoledì 22 giugno in prima serata su Canale 5 oppure in streaming su Mediaset Play, in cui troveremo Navarra e un summit con la mafia americana.

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