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BoJack Horseman 6×10 – I traumi possono essere oro

Cosa trasforma una persona felice in una persona infelice?

Una mancanza? Un trauma? Una consapevolezza sbagliata? Tutto! Ogni cosa può far sprofondare qualcuno nell’oceano maledetto della tristezza, dove il terribile mostro della depressione, famelico, in attesa della sua vittima persevera diabolicamente e subdolamente. Ma la cosa peggiore è che molto spesso l’equilibrio della nostra nave su quelle torbide acque non dipende da nulla, da nessuno, molto spesso quella di affondare è una scelta del Capitano. BoJack Horseman 6×10 ci dà un gran bello schiaffo!

Fin dalla tenera età volevo scrivere cose belle che fossero belle…

Un padre negligente, un bullo violento, un’infanzia infelice, neanche Diane sa di cosa deve parlare il suo libro, quel profondo trattato sui danni, terribili danni che in fondo sono positivi perché fautori della verità, portatori della consapevolezza che nasce dall’errore e testimonianza di quel che siamo. Come le dorate sfumature e gli scintillii accecanti di una crepa, rimarginata poi con l’oro nella deliziosa, centenaria e poetica pratica del Kintsugi.

Questa forma d’arte giapponese ci insegna che tutto quel che si rompe può essere ricomposto, può rinascere in una nuova veste senza che i rimasugli del disastro spariscano, ma anzi rimangano a testimoniare una traccia di passato che ora è impressa e contribuisce a far diventare più dorato il futuro. Paradossalmente lo stesso che prima ci sembrava nero.

Diane è un’insalatiera rotta in mille pezzi sul pavimento, inerme, divisa tra i mille cocci della sua vita. Esistenza, storia, sgretolatasi tra le sue mani, tra un trauma e l’altro, tra la crisi e quel mostro che la aspetta. Un’insalatiera che però non riesce a ricomporsi, i cui pezzi restano troppo distanti tra di loro perché l’oro non riesce a incollarli. L’oro, il collante, in questo caso è la scelta di Diane di essere infelice, di farsi sedurre come un marinaio dal canto di una sirena dal richiamo potente e oscuro della depressione, quella malattia che pezzo per pezzo la sta pian piano distruggendo.

bojack horseman

Per questo lei non capisce di cosa parla il libro. La sua biografia dovrebbe parlare di traumi, ma quei trami sono talmente reconditi e forzati che non riescono a venire a galla.

Ha ragione Princess Carolyn quando spiattella in faccia la verità a Diane: la tristezza fa parte di lei, non c’è cura per questo, lei stessa è il suo male. E tra i mille scarabocchi che le corrono nella mente, tra i mille rimpianti che oscurano la sua vita vi è sempre un filo conduttore composto dalle persone che l’hanno amata ma che lei ha sempre respinto. Il suo mal di vivere contagioso le ha impedito di correre via dalla morsa che la opprimeva destabilizzando ogni suo rapporto. Il suo fidanzato ora e Mr. Peanutbutter prima la amano oltremodo, ma amare una persona che non si ama è come cercare di salvare qualcuno che si ostina a vivere col cappio al collo perenne. Diane è l’unica che può salvarsi ma finché non sceglie lei in primis di scacciare via la tristezza la sua via resterà irta di nefandezze e dolore.

Quindi in pratica l’insalatiera ero io e le crepe sempre io…

Non si può essere chiara e annebbiata al contempo. La vita è nebbia ed è sempre colpa della nebbia se non vediamo niente. Diane vuole sprofondare in un luogo oscuro per attingere dall’oscurità e scrivere del suo trauma, ma non ci riesce e non si domanda il perché. Preferisce incolpare sempre qualcuno, è un disastro che attira a sé solo male, una fonte di tristezza infinita. Una donna che vuole essere speciale ma non valorizzandosi non sa dove appigliarsi per esserlo, è ignorante di se stessa, crede che l’unica cosa che a nobilitarla sia il suo passato di abusi e negligenze (sue).

bojack horseman

È ignara del fatto che lei non è la Diane Nguyen che crede di essere, lei è la Ivy Tran che non vuole essere.

Essere popolare, allegra, beffarda e talentuosa fa parte della sua indole ma non fa parte di quel che vuole. La differenza tra una cosa e l’altra risiede nel fatto di capire se essere quel che si è o quel che si crede di essere. In questa puntata di BoJack Horseman, tutta incentrata sulla scrittrice, scopriamo i veri danni che una falsa consapevolezza può creare. Inutile cercare di capire il mondo quando i primi a non capire siamo proprio noi stessi.

Diane non capisce per nulla la fonte del suo trauma e della sua depressione perché non sa che ha già vinto. Ha già respinto quel mostro latente e ha già superato le insidie della sua adolescenza, solo che è intrappolata in un limbo in cui credere che sconfiggere quel che ha sconfitto non equivalga a tributarlo. Vuole rendere giustizia a quel che è stato e aiutare le persone come lei, ma ignora la cosa più importante.

Ignora che se vuole essere un monito per gli altri, che se vuole che tutto abbia senso, deve accettare che non soffrire per un passato nefasto non vuol dire essere una persona orribile, ma anzi una bellissima insalatiera.

Le crepe della nostra vita sono bellissime se le riempiamo di oro e le sfoggiamo con onore perché sono tra le poche cose che ci rendono unici. Non dobbiamo aver paura di loro, sono passate, sono andate e siamo rimasti noi. Interi dopo tutto, rotti sì, ma sempre qui, bellissimi nonostante tutte le conseguenze delle nostre rotture. I traumi sono positivi, i danni sono belli, il male è bene, se noi decidiamo che lo siano, se noi ricuciamo la ferita con l’oro.

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Essere quel che si è, quello dovremmo essere, non qualcun altro.

Non è facile, ma non sarebbe bello se lo fosse?

Rendiamolo facile, scegliamo di esserlo, grazie BoJack Horseman.

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