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Ragazze Vincenti – Il campo è l’unico posto in cui essere davvero se stesse

ATTENZIONE: continuando la lettura potresti imbatterti in spoiler sulla prima stagione di Ragazze vincenti!!

Comincia tutto con un treno in corsa e una ragazza affannata che prova a saltarci su. Siamo negli anni Quaranta, in Europa c’è la guerra e l’Idaho sembra un posto tutto sommato triste, anonimo, opprimente, ancorato a codici non scritti e consuetudini ben radicate. Carson Shaw è spettinata, in disordine, con la camicetta sbottonata. Saluta furtivamente una coppia convenientemente agghindata, ma passa oltre. Corre verso il treno che è già partito, verso una destinazione lontana, determinata a correre il rischio di inseguire un sogno spericolato e insano. È il primo sguardo che lanciamo su Ragazze vincenti (ecco qui la nostra recensione), la serie uscita ad agosto su Amazon Prime Video, ispirata al celebre film degli anni Novanta con Tom Hanks, Geena Davis e Madonna. Protagoniste di questo period drama sportivo sono le ragazze delle Rockford Peaches, squadra di baseball dell’All-American Girls Professional Baseball League, lega nata proprio negli anni della Seconda guerra mondiale per sopperire all’assenza sui campi degli uomini, destinati tutti al fronte. Si tratta innanzitutto di una storia di emancipazione femminile, ma gli accenni retorici sono molto sfumati. Prevale la critica sociale volta a smascherare le ipocrisie di una società – quella dell’America degli anni Quaranta – costruita sulla menzogna e tutta improntata a dare di sé una buona immagine.

I modi, le apparenze, i codici di comportamento, le condotte da tenere, dettano i tempi della grande partita della generazione della guerra.

ragazze vincenti

Con l’ingresso degli Stati Uniti nel conflitto, gli uomini sono partiti per il fronte europeo, per difendere la patria e il mondo intero dalla minaccia nazifascista. Le donne sono rimaste invece a casa, ad attendere i mariti, senza scoraggiarsi, contribuendo nel loro piccolo a tenere alto il morale del Paese. Con la guerra lontana da casa, la propaganda nazionale punta tutta sull’intrattenimento e sull’etica del patriottismo. Con i campi da baseball praticamente svuotati dalla leva militare, la trovata pubblicitaria degli imprenditori dello sport è quella di lasciare che siano le ragazze a giocare e a divertire il pubblico, con l’obiettivo di far dimenticare per qualche ora agli americani la tragedia della guerra che si combatte dall’altra parte del mondo, in Europa. Le Peaches vanno sostanzialmente a colmare un buco, un vuoto lasciato aperto dalla partenza degli uomini. La Baseball League punta sulle donne non come prima scelta, ma come riserva, un’espediente temporaneo volto a tamponare la momentanea assenza dei maschi. E però questo non frena l’entusiasmo delle ragazze vincenti, determinate a lottare contro tutto e tutti per affermare il proprio diritto a stare sul campo e giocare.

Lo sport è il grande traino di questa serie, lo strumento che Ragazze vincenti usa per scardinare le ipocrisie di una società che ha scelto di basare tutto sulla forma piuttosto che sulla sostanza.

ragazze vincenti

Conquistarsi il diritto a stare sul campo, a una donna degli anni Quaranta, costa molta più fatica che ad un uomo. A lei si chiede di rispettare una serie di codici comportamentali che nessuno si sarebbe mai sognato di pretendere da un maschio. Bisogna correre sui campi in terra battuta, sudare per portare a casa una base, allenarsi e gettarsi nella bolgia, ma sempre con un certo contegno. Vanno indossate obbligatoriamente le gonne, il viso deve essere truccato e presentabile, la posa mai sguaiata, la postura elegante. Vietato lasciarsi andare a imprecazioni e insulti, vietato sputare per terra o masticare chewing gum a bocca aperta. Obbligo di rientrare a casa entro una certa ora e divieto di uscire da sole per un appuntamento con un uomo. Una specie di sergente in divisa è chiamato a vigilare sul rispetto delle regole della Lega, che più di tutto vuole trasmettere all’esterno l’immagine di una federazione sportiva in cui la donna conserva il suo ruolo cardine nella società dilettando il pubblico americano persino mentre corre dietro a una pallina.

Per le ragazze però, quello di poter giocare come professioniste nell’American League, al pari degli uomini, è un sogno troppo grande per essere ostacolato dall’etichetta e dalle apparenze.

Ognuna a suo modo, ciascuna con i propri tempi, le componenti della squadra trovano nel gruppo la loro ragion d’essere e presto scoprono che l’unico posto al mondo nel quale riescono davvero ad essere se stesse è il campo da gioco. Tra il fingere di giocare – abbandonandosi ad una flebile emulazione del grande gioco degli uomini – e il giocare sul serio, mettendoci anima e corpo, c’è una differenza enorme e le ragazze la afferrano prima che lo facciano anche i vertici della Lega. Abbandonare tutto per inseguire un sogno è un rischio enorme, specie in tempi difficili come quelli della guerra, dove le priorità sono altre. Una donna finisce inevitabilmente irretita negli schemi della società in cui è inglobata, vittima di un patto non scritto per cui non esistono deviazioni dal rituale corsus honorum – vita matrimoniale, figli, cura della casa. Diventare un giocatore professionista di baseball non è un sogno per donne. Ma è difficile spiegarlo a loro, quelle stesse donne che invece in quel sogno investono tutte se stesse.

Will Graham e Abbi Jacobson, i creatori de Ragazze vincenti, hanno cercato di superare gli schemi narrativi del film per provare a rendere contemporaneo un racconto ambientato negli anni Quaranta. L’emancipazione femminile (eccone 5 straordinari esempi nelle Serie Tv che potrebbero interessarvi) , la parità dei diritti e la libertà sessuale sono i grandi temi di questa serie, le conquiste che un gruppo di ragazze provenienti dagli angoli più lontani d’America provano a portare a casa. Il grande inning da vincere è quello dell’affermazione della propria libertà. E per farlo, bisogna battere un fuori campo che sappia scuotere dalle fondamenta la vecchia società maschilista costringendola a rivedere le proprie regole. Lo sport – in questo caso il baseball – è solo una via attraverso la quale capire chi siamo veramente e quanto siamo disposte a sacrificare pur di affermare la nostra felicità. Le Ragazze vincenti, tra discriminazioni razziali, pregiudizi di genere e barriere sessuali, riescono a giocare la loro partita a testa alta. La serie, pur con i suoi inciampi, coinvolge e appassiona lo spettatore, che si lega al destino delle protagoniste facendo il tifo per loro. Si tratta di una storia di sacrificio e sudore, di ostacoli da superare e di un principio di libertà da affermare. Ma soprattutto, di uno splendido viaggio alla ricerca della propria felicità, a qualsiasi costo. Alla fine della partita, dopotutto, quel che conta non è il tributo versato per affermare il proprio diritto a stare sul campo, ma il brivido che si è provato nel giocare.

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