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Ormai ci sono podcast ovunque. L’offerta è pressoché illimitata e destinata ai gusti più specifici del pubblico. Alessandro Cattelan, autore del fortunato Supernova, è arrivato addirittura a presentare la sua trasmissione con una definizione emblematica: “l’ennesimo podcast”. Potremmo pure andare oltre e pensare a chi esagera con la lunghezza dei messaggi vocali: superato il quinto minuto è catalogabile a pieno titolo come podcast, dal settimo in poi è un sequestro di persona. Vabbè, non divaghiamo. Anche perché c’è stato un tempo in cui un podcast, nello specifico, avrebbe affrontato il tema con battute molto più brillanti di quella che avete appena letto: Cachemire.
Il podcast “morbidissimo”, lo chiamavano. E sì: siamo purtroppo costretti a parlarne al passato. Il programma, condotto da ottobre 2020 a maggio 2023 da Edoardo Ferrario e Luca Ravenna, si è infatti concluso con lo splendido episodio finale, The Last Dance. E poi? Forse un arrivederci, forse un addio. Forse… chissà. La porta è socchiusa, stando a quanto hanno sempre sostenuto i protagonisti di una delle avventure audiovisive più intriganti degli ultimi anni. Ferrario, intervistato qualche tempo fa da Fanpage, è stato chiaro a riguardo: “Cachemire è finito perché abbiamo voluto seguire pedissequamente la regola di Boris, non andare mai oltre la terza stagione. Boris poi ne ha fatto una quarta, quindi dateci tempo, torneremo”.
Beh, è legittimo sperarci. Perché non parliamo di un podcast qualunque: Cachemire aveva ottenuto un successo clamoroso in un momento in cui i podcast erano sì in ascesa, ma non ancora affermati quanto sono oggi.
Insieme a Tintoria e a Muschio Selvaggio, ha contribuito significativamente alla crescita di un formato che solo in quella fase ha visto davvero la luce in Italia. Il resto lo sappiamo: oggi è sempre più raro trovare qualcuno sotto i cinquant’anni che non ne segua manco uno, più o meno assiduamente. Cachemire, però, ha fatto una scelta particolare: non è andato oltre la terza stagione, fermandosi sul più bello. Quando i podcast erano ormai diventati quella cosa che conosciamo oggi, nelle migliori condizioni possibili per prosperare ancora di più. Nessun aggiornamento a riguardo, per ora: nessun film all’orizzonte, ma con ogni probabilità “sarebbe meglio il podcast”. Il grande ritorno, però, è possibile. Sarebbe senz’altro un gran bella notizia per il fandom affezionato a uno dei migliori podcast mai realizzati in Italia.
E dire che Cachemire nacque un po’ per caso.

Quanto fu strano il 2020 lo ricordiamo un po’ tutti, no? Fu l’anno della pandemia e dei lockdown. Quel momento in cui tutto sembrò assurdo in real time, non solo a posteriori. Fu anche, tra le altre cose, il momento dei teatri chiusi. Niente di peggio per due comedian dal talento cristallino, costretti a fermarsi e a non poter interagire col pubblico se non con le dirette sui social o sulle piattaforme che moltissimi altri portarono avanti. Non loro, però: Ferrario e Ravenna si misero in testa di coprire la falla con un progetto alternativo. Per l’appunto, un podcast. Furono loro stessi a raccontarlo nel 2021, nel corso di un dialogo in cui si intervistarono a vicenda su Esquire.
Ferrario: “Era ottobre, il governo aveva appena richiuso teatri e locali. Una sera io e Luca ci siamo ritrovati a San Lorenzo a bere, non proprio di ottimo umore. Cercavamo un’idea per continuare a produrre contenuti e abbiamo pensato al podcast. Continuando a bere e ci siamo gasati per l’idea. A un certo punto si è avvicinata al nostro tavolo una signora africana che ci ha venduto i classici braccialetti multicolor portafortuna. L’abbiamo preso come un segno del destino e, nel pieno dell’ebbrezza, ci siamo detti che quel braccialetto rappresentava la promessa di lavorare insieme. Mi rendo conto che la scena sembra uscita da un film poco ispirato di Gabriele Muccino, ma ciò che conta è che il podcast lo abbiamo fatto davvero”.
Chi ha seguito il podcast fino all’ultima puntata e si è commosso col finale di serie manco fosse l’atto conclusivo di Breaking Bad, lo sa: Ravenna e Ferrario, infatti, ricostruirono quei momenti in un video ispirato che fece da prologo e da “scena post-credits” a The Last Dance.
Anche Ravenna ha ricordato i momenti difficili del 2020 nella stessa intervista: “Quando mi sono reso conto che non sarebbe durata solo due settimane, come sembrava all’inizio, ho pianto per strada, ascoltando Davanti agli occhi miei dei New Trolls. Poi quando è arrivato anche il secondo lockdown mi sono messo l’anima in pace. È in quel momento che mi sono dato da fare per trovare nuovi modi di esibirmi”.
Il resto è storia: Cachemire ottenne in pochissimo tempo un successo enorme, sia tra i fan dei due comedian che tra folte schiere di nuovi appassionati.
Un successo sì inatteso, ma non casuale. Con un format che si è consolidato negli anni: in una puntata tipo del podcast, Ravenna e Ferrario discutono a proposito di un argomento centrale con divagazioni surreali, parodie e brillanti improvvisazioni comiche, senza mai celare così una notevole profondità nell’approccio. La loro è una comicità intelligente che sfugge alla tentazione della battuta triviale e che punta alla testa prima ancora che alla pancia, senza essere per questo spocchiosa. Il nome Cachemire, d’altronde, mirava a ironizzare su certe élite culturali del nostro Paese.
La loro esperienza e la loro evidente intesa, degna delle coppie comiche più navigate, fanno la differenza: i due hanno la rara capacità di improvvisare e di divertirsi sul palco con caratteristiche diverse, cercando l’interazione costante con un pubblico trasversale. Non propriamente generalista, ma manco settorializzato come si potrebbe immaginare con una certa superficialità.
Un processo solo apparentemente semplice, reso possibile dal loro talento e da un’immediatezza rinfrescante.
Raccontarono su Avvenire a proposito dell’evoluzione teatrale del progetto: “Da una parte questo spettacolo è un brainstorming, una condivisione di un processo creativo vero e proprio, in pratica rendiamo partecipe la platea di tutto quello che ci passa per la mente quando ci accingiamo a scrivere un pezzo di stand-up comedy. Dall’altra il fatto che parliamo per divertire il pubblico. Questa è la nostra priorità: non dare mai nulla per scontato e non essere autoreferenziali”.
Interessante, a riguardo, anche cosa disse Ravenna su Rolling Stone: “Anche se la scatola sembra simile in realtà abbiamo modi di ridere, e di far ridere, molto diversi, ma è un incastro che funziona. Per me la parte più bella di lavorare insieme, negli anni, non è mai stato lo sketch finito, la battuta chiusa, ma sempre quando prima ci si prende una birra e si buttano giù le idee. Quello fa ridere”.
Politicamente corretti o scorretti? Le barriere e gli spazi aperti vanno oltre certe definizioni polarizzanti, come scrivemmo qualche tempo fa anche a proposito del percorso espressivo di un artista molto legato a Ferrario e Ravenna, Valerio Lundini. Ferrario disse, nel già citato pezzo di Rolling Stone: “Penso che si debba poter parlare di tutto e poter ridere di tutto, il che non vuol dire, credo, che si debbano poter dire le peggiori bestialità che ti passano per la testa. Una battuta “politicamente scorretta” non deve essere necessariamente omofoba o razzista. Io non faccio battute del genere; se le faccio e il pubblico dovesse percepirle così, poi ne possiamo parlare. In generale, la trovo anche una scorciatoia molto facile, che tanti utilizzano, e non mi piace. Detto questo, ci prendiamo il diritto di parlare di tutto, perché penso sia il lavoro dei comici“.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: grazie a questi principi, il podcast diventò il fenomeno mediatico che rievochiamo oggi con una certa nostalgia.
Ancora Ravenna su Rolling Stone: “La cosa bella, con Cachemire, è che si sia creata una community, che è una cosa ancora diversa da quello che succede con la stand-up: è anche bello vedere che certe volte internet serva a fare delle cose che fanno stare bene le persone, e non solo a litigare“.

Un podcast “morbidissimo”, allora. Positivo e solare, ma non accomodante nei confronti dei bersagli delle ironie educate dei due comedian. Leggero ed equilibrato, senza essere per questo meno esplicito. Un podcast cresciuto nel tempo e che ha dato vita, nel tempo, a puntate con ospiti speciali molto diversi tra loro (da Enrico Mentana a Damiano David, passando per Roberto Saviano, Fabio Caressa, Benedetta Parodi e molti altri), episodi registrati in live col pubblico in presenza per restituire i due artisti alla dimensione ideale che la pandemia aveva negato e, addirittura, una tournée estiva che ebbe un ottimo seguito nel 2021.
Merito di Ravenna e Ferrario, senza ombra di dubbio. I due host fanno scorrere con un gran ritmo l’ora e mezza media delle singole puntate. Ma quello di Cachemire è un progetto che si è esteso oltre la loro visione e creatività.
Il cast, infatti, prevedeva anche la presenza della produttrice Cecilia Attanasio, del musicista Carmelo Avanzato, della giornalista Alice Oliveri e del videomaker Tahir Hussain. Al di là dei fondamentali ruoli tecnici ricoperti, la loro partecipazione diretta agli episodi è stato altrettanto importante: con grande spontaneità e voci peculiari, i quattro hanno dato una marcia in più alle singole puntate con interventi puntuali, divertenti e brillanti. Tutto ciò è culminato in una locura interessantissima: una delle ultimissime puntate di Cachemire, infatti, è stata condotta da Avanzato e Houssein con Ferrario e Ravenna in regia, dando vita a dinamiche ancora più imprevedibili e vincenti.
Insomma, Cachemire è figlio dell’esperienza, della competenza e della visione, ma anche dell’evidente alchimia che si è creata all’interno del cast. Un’alchimia che ha restituito grande autenticità alle puntate, e che ci fa pensare a ognuno di loro con affetto. Le rispettive carriere sono poi proseguite in direzioni differenti, ma resta l’esperienza eccezionale di un podcast nato per riempire un vuoto e che ha lasciato un vuoto altrettanto grande quando si è concluso. Ma l’abbiamo detto: non è escluso il ritorno. Un giorno, chissà quando. Noi, nel dubbio, resteremo in attesa della notifica giusta, ovviamente di venerdì. Non si sa mai: in un periodo in cui troppi urlano per attirare l’attenzione, abbiamo ancora un gran bisogno della loro morbidezza.
Antonio Casu







