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A un certo punto, sembra che il meteorite sia arrivato sul serio. Uno schianto improvviso, silenzioso. E una sola vittima: il podcast 2046.
Nato nel 2024, era stato ideato da Fabio Rovazzi e condotto insieme a Marco Mazzoli, salvo poi sparire nel nulla dopo una sola stagione con il tredicesimo – e a questo punto ultimo – episodio. Un peccato, davvero: pur essendo andato in onda per pochi mesi, 2046 aveva dimostrato da subito di avere il carattere, la personalità e la visione per imporsi all’interno di un panorama sempre più trafficato da podcast d’ogni tipo, alla ricerca di un target a suo modo unico. Un talk alternativo, per esempio, a Supernova – nato successivamente – e all’ormai istituzionale Passa dal BSMT, ma con uno stile tutto suo e con un approccio alle interviste che avrebbe potuto dar vita a un grande successo nel tempo. Dal meteorite evocato, però, si è passati a una meteora dei podcast.
Ma cos’era 2046? E perché la sua avventura si è interrotta dopo una manciata di puntate?
Tutto parte da un presupposto, sottolineato fin dalla sigla cantata dallo stesso Rovazzi: dove andremmo a finire, se un meteorite dovesse schiantarsi sulla Terra? La data impostata è piuttosto vicina nel tempo: è il 2046, anno nel quale si ipotizza che possa avvenire davvero qualcosa del genere (ma con conseguenze, si spera, non troppo tragiche). Così viene descritto, per l’appunto, sulle varie piattaforme social: “2046, l’anno della fine del mondo. O almeno, l’anno in cui un asteroide dal diametro di 700 metri potrebbe impattare con la Terra, e distruggerla. Inizia qui l’idea di un vodcast condotto a più voci all’interno di uno studio avveniristico fortemente riconoscibile. 2046 è un talk semiserio e a tratti dissacrante in cui Fabio Rovazzi e Marco Mazzoli, a bordo di un’astronave, parlano del futuro del pianeta e intervistano ospiti nazionali e internazionali su temi di attualità, sostenibilità, innovazione, costume e società”.
I due host, allora, ambientano il loro podcast all’interno di una navicella spaziale, stando ben lontani dal nostro pianeta: non si sa mai. Vestiti con tute da astronauti, Rovazzi e Mazzoli ospitano così gli intervistati in uno scenario piuttosto evocativo per un podcast, inedito e base di un format di interviste originali. Ogni puntata ospita due personaggi pubblici molto conosciuti: l’obiettivo è parlare sì delle loro esperienze, ma anche del futuro del pianeta e del destino prossimo dell’umanità. In chiusura, si chiedeva tra l’altro agli ospiti cosa avrebbero fatto nell’ultima settimana della loro vita, se avessero avuto la certezza di andare incontro al catastrofico schianto del meteorite, e chi avrebbero salvato in caso di disastro (oltre ovviamente alle persone care). Spesso e volentieri, sono venute fuori risposte piuttosto particolari.
Le puntate, composte da un’ora circa, hanno ospitato dei nomi di primissimo piano.

Da Fabio Fazio con Ornella Vanoni a Roberto Saviano con Geolier, passando per l’insolito duo composto da Alessandro Borghese e Giulia Innocenzi, Flavio Briatore con Renzo Rosso, Tananai con Javier Zanetti e molti altri, il parterre si era rivelato notevole fin dall’inizio.
Il successo era stato immediato. All’interno di un contesto che predilige toni leggeri ma non disimpegnati, 2046 si era affermato da subito tra i podcast più originali nel periodo intercorso dal 21 maggio al 13 agosto 2024. Subito in vetta, subito al top: funzionava bene, anche se è ovvio che avrebbe avuto bisogno di un tempo maggiore per trovare una forma più consolidata. Incuriosiva, in particolare, il concept portato avanti per alcune puntate: affrontare un tema comune attraverso due personaggi profondamente diversi, dando vita a interazioni intriganti e ricche di spunti di interesse. Si è parlato di Napoli con Saviano e Geolier, o di sostenibilità alimentare con Borghese e Innocenzi: con ogni probabilità, quella sarebbe stata una direzione davvero vincente. E non è un caso che le due puntate citate siano tra le migliori di 2046.
Allo stesso tempo, ospitare in coppia due personaggi molto noti e con affinità evidenti ha dato vita a interazioni comunque ricche. Interazioni differenti rispetto alle classiche interviste da talk che molti altri podcast portano avanti con identità proprie.
Come si diceva, però, questa è la storia di una meteora: a un certo punto, infatti, 2046 è sparito nel nulla.
Nessun annuncio ufficiale, nessuna chiusura davvero definitiva. All’apparenza, almeno. Dopo mesi di silenzio, tuttavia, Marco Mazzoli ha chiarito meglio i termini della vicenda. Intervistato qualche tempo fa all’interno di un altro podcast, Gurulandia, Mazzoli ha evidenziato le principali criticità del progetto. Un progetto portato avanti da due amici, risultati tuttavia incompatibili sul piano lavorativo: due personalità con visioni divergenti, incapaci di coesistere almeno in questo ambito. Le divergenze sono state soprattutto creative ed editoriali: Mazzoli avrebbe preferito un approccio diverso, talvolta più diretto con gli ospiti, ma Rovazzi non era dello stesso avviso.
Secondo quanto detto da Mazzoli nell’intervista, avrebbe voluto impostare in modo diverso, per esempio, la chiacchierata con Bello FiGo (ospite insieme a Rose Villain). In un’altra occasione – con la coppia Geolier-Saviano – ha invece preferito lasciare completamente la conduzione a Rovazzi. Tutto ciò ha portato a un’interruzione rapida di 2046, e niente lascia presagire una potenziale ripresa del podcast con nuovi presupposti. Mazzoli non si è mostrato granché possibilista a riguardo, mentre Rovazzi non si è espresso pubblicamente. A un anno di distanza dall’ultima messa in onda, 2046 pare essere un progetto finito. Una bella idea, incompiuta.
Dispiace, al di là del successo del format. 2046 ha rappresentato una voce alternativa e creativamente valida, grazie soprattutto alle personalità dei due host e al coraggio con cui si erano messi in gioco nell’affrontare temi importanti con un approccio originale.
Purtroppo, però, questa non è una storia a lieto fine. Il progetto, nato soprattutto grazie all’amicizia che lega Rovazzi e Mazzoli, non dovrebbe tornare mai né dovrebbe essere ripreso da qualcun altro. Dispiace, perché il potenziale era sotto gli occhi di tutti. In un mondo che rischia di fossilizzarsi sulle solite idee, solite chiacchiere – e persino i soliti aneddoti, dato che spesso gli ospiti si spostano da un podcast all’altro – 2046 aveva tutto per imporsi ai massimi livelli, grazie a una nuova capacità di storytelling.
Quando però le divergenze sono insanabili, non resta altro che prenderne atto quanto prima e arrendersi all’evidenza. Loro l’hanno fatto, e alla fine dei conti va bene così. Almeno fino al 2046, in arrivo tra soli ventun’anni: se per caso le previsioni dovessero rivelarsi corrette, non ci dispiacerebbe avere un piccolo spazio all’interno della loro navicella. Anche senza microfoni.
Antonio Casu







