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Ozark – Il destino non esiste, sono solo scelte

A volte le persone prendono decisioni, la m***a accade e noi dobbiamo agire di conseguenza.

Tutto si riduce a questo. Senza stare a fare chissà quali giri di parole sul destino, sul caso, sull’allineamento delle stelle e dei pianeti. Siamo esseri umani, facciamo delle scelte, inneschiamo il meccanismo e iniziamo a correre. Quello che i più eruditi chiamano fato, Marty Byrde lo chiama “insieme di azioni ragionate”. E se pure ci piacerebbe credere in un filo rosso che lega ogni singola cosa e legame in un disegno divino, in un mosaico assemblato da qualche romanziere astrale, è forse più facile ammettere che questa semplice frase che stagna nel lago di Ozark sia la versione più plausibile.

Marty Byrde, l’elegante consulente finanziario, reincarna dall’alto del suo basso profilo la suprema definizione dell’uomo vittima di se stesso, o più specificatamente vittima delle sue scelte. Sceglie di fare quel mestiere, sceglie il socio con il quale tirare su un’azienda, sceglie anche di stabilire un’ingiusta democrazia che lo delegittima all’interno della sua società, sceglie ponderatamente e mai con avventatezza ogni singola cosa. E alla fine sceglie pure di distruggere tutto quanto.

La sua storia se vista dall’esterno sembra quella della vittima, di una persona coinvolta a suo scapito nella triste catarsi di un percorso che sembrerebbe facile definire come “autodistruttivo”. In realtà no, almeno dal suo di punto di vista. Perché se si prova a dare un senso alla sua inumana freddezza e schietta operatività ci si dirige verso la convinzione che egli riesca a barcamenarsi così agevolmente (per usare un eufemismo) in questa girandola spinosa perché conscio perfettamente delle conseguenze di ogni sua mossa. E se per sopravvivere è costretto a mentire, ricattare, ingannare e minacciare, lui lo fa, fa tutto, perché ha scelto di farlo e di conseguenza ha scelto di accettare ogni clausola che il contratto che ha stipulato con il diavolo gli ha imposto.

Chi semina vento raccoglie tempesta, ma perché allora ci si sorprende sempre quando si finisce nel temporale?

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Chiunque si comporti in un determinato modo, a prescindere dalla malignità che contraddistingue un certo comportamento, è perfettamente conscio della quasi totalità delle conseguenze che tale azione potrebbe comportare. Quindi perché assumere un atteggiamento di ipocrita sbigottimento quando il boomerang che abbiamo lanciato ritorna?

Marty è ben consapevole che la sua vita, dal momento della dannata promessa a Del, si sta dirigendo verso un sentiero oscuro. E allora perché l’ha fatto? Il suo destino era quello di riciclare denaro lurido nella desolata e lontana comunità di Ozark? Ovviamente no. Tutto è frutto di una singola decisione, perché lui anziché essere lì poteva essere altrove a godersi la sua famiglia, la sua ricchezza. Invece no. È sperduto, in lotta contro il tempo, in una tremenda corsa per ripulire ogni singola lercia banconota.

E dal momento che è lì è costretto a innescare tutta una serie di azioni che corrisponderanno a una sfilza di reazioni incontrollabili.

Come uno stormo di storni la famiglia Byrde sbarca a Ozark e distrugge, infetta, si appropria di ogni cosa che le serve, senza chiedere il permesso. Rovina, mangia, corrompe e destabilizza. La decisione di Marty, volente o nolente, diventa la decisione di tutti quanti, non solo dei suoi, ma anche dei Langmore, di Roy Petty, di Rachel, degli Snell, di Mason, di tutti. Nessuno escluso.

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Ozark era in un modo prima dei Byrde, Ozark sarà in un altro modo dopo i Byrde.

L’apparente, solo apparente, piccolo paradiso che si affaccia sul lago subisce l’arrivo dei suoi nuovi abitanti nello stesso modo in cui un ex alcolizzato subisce una ricaduta. C’è qualcosa di marcio lì, purulento, ma è fermo immobile, costretto in una routine che l’ha reso quasi invisibile, fino a quando qualcuno non scoperchia il vaso di Pandora, facendo disperdere nell’aria uno sciame di spore velenose pronte a rompere quell’equilibrio sottile sostenuto da un leggero addensamento di fumo. Sembra di descrivere l’inferno, ma non lo è.

Si tratta solo delle conseguenze di una scelta di un uomo minacciato, presa a centinaia di miglia da Ozark, in una notte a caso per colpa di un sospetto a caso, che ora investe tutto e tutti, lontano e vicino da lì.

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Non l’ha deciso Dio, non l’ha deciso un uomo potente e assetato di sangue. Che a Ozark debba scatenarsi l’inferno non l’ha deciso il diavolo in persona, ma un piccolo consulente finanziario. Un tizio qualunque che con una scelta ha segnato la vita e la morte di molti altri lontani da lui, e che di lui non sanno neanche che esiste.

Sto solo dicendo che qualsiasi decisione presa, grande o piccola, ha un impatto in tutto il mondo.

Quanto hai ragione Marty.

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