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Notte Stellata, fidatevi, di stellato non ha soltanto il nome

ATTENZIONE: il seguente articolo contiene spoiler su Notte Stellata!

Scorrendo un po’ il catalogo di Amazon Prime Video, ci si potrebbe imbattere in un titolo che in realtà è passato un po’ in sordina, oscurato da ritorni ben più attesi sulle piattaforme. E questo è un peccato, perché la serie tv con J.K. Simmons e Sissy Spacek ha una sua originalità, una trama intrigante e un titolo evocativo. La Notte Stellata di Vincent van Gogh non ha nulla a che fare con lo show, che anzi è ambientato in mondi completamente distanti da quelli del pittore olandese. Eppure, un qualche tipo di connessione con la vita tragica e travagliata dell’artista questa serie sembra averla. Un certo senso di malinconia, una vena di tristezza che la attraversa dal primo all’ultimo episodio, la potente miscela di sensazioni e stati d’animo forti e annichilenti: Notte Stellata è un’opera che ha a che fare con la sofferenza e che si pone l’obiettivo di raccontarla.

notte stellata

La coppia di protagonisti sembra essere già di per sé una garanzia di successo, considerando l’esperienza da entrambi maturata sul set. Franklin e Irene York sono una coppia di anziani alle prese con gli acciacchi e i disguidi della terza età. Vivono da soli nell’Illinois, in una casa con un grande cortile in perfetto stile americano e un capanno nel quale si ritirano spesso di sera per evadere dalla realtà. Sono entrambi piegati dal peso degli anni: Irene si trascina per la casa con una sedia a rotelle, sempre meno determinata a farsi forza per andare avanti; Franklin dimentica spesso le cose, troppo orgoglioso per ammetterlo persino a se stesso. Il matrimonio è il primo vero protagonista di Notte Stellata, che è stata intagliata proprio a partire dal legame tra i due coniugi. Un legame rinsaldato non solo dalla convivenza e dai decenni di relazione, ma anche dalla condivisione della sofferenza più grande che ci possa essere per un genitore: la perdita del proprio figlio.

Notte Stellata sa essere allo stesso tempo un viaggio morbido e spigoloso, di quelli con una traversata difficile ma dall’atterraggio delicato.

notte stellata

L’orizzonte della storia potrebbe anche esaurirsi tutto qui e già ce ne sarebbe a sufficienza per raccontare una vicenda ricca di spunti e con un carico emotivo non indifferente. Invece, Notte Stellata è anche – e principalmente – una serie sci-fi (se siete amanti del genere avrete sicuramente visto anche Outer Range), che esplora dunque mondi sconosciuti e ci trasporta in dimensioni alternative e fantastiche. L’elemento fantascientifico qui si nasconde nel capanno degli York, dove si apre un portale che mette in connessione la Terra con un pianeta sconosciuto e all’apparenza deserto. Irene e Franklin lo hanno scoperto per caso dopo la morte del loro figlio Michael e da allora, per anni, hanno mantenuto il segreto, come fossero custodi di una meraviglia che, per non essere prosciugata dagli sguardi esterni, non può essere condivisa con nessuno. Se a una coppia di genitori che sta soffrendo per la perdita di un figlio offri la possibilità di aprirsi un varco verso un mondo diverso, l’occasione verrà colta al volo. Il capanno degli York è diventato così un momento di evasione, la migliore via di fuga possibile da tutto il carico di dolore e frustrazione che un individuo è costretto a vivere per la morte di una persona cara.

Le cose cambiano però quando un nuovo personaggio spunta fuori da chissà quale mondo e piomba all’improvviso nella vita della coppia: Jude è un ragazzo un po’ strambo che Irene trova per caso nel capanno di casa. Ha fatto un lungo viaggio ed è alla ricerca di suo padre, ma porta in dote una serie di segreti che Notte Stellata ci svela poco alla volta, rimandando all’uscita di una seconda stagione (forse) il loro completo disvelamento. Jude è il personaggio che altera gli equilibri, che ricrea la finzione famigliare, che mette involontariamente in crisi il rapporto di coppia dei protagonisti. Ma è anche un personaggio misterioso – lo chiamano l’Apostata – che serve alla trama per ingarbugliare le carte in tavola e creare un po’ di suspense.

Il mistero del pianeta desolato nascosto nel capanno degli attrezzi è sufficientemente affascinante da spingere gli spettatori ad andare fino in fondo.

La serie, diretta dal regista argentino Juan José Campanella (Il segreto dei suoi occhi) e scritta da Holden Miller e Daniel C. Connolly, è composta da otto episodi da cinquanta minuti l’uno. A volte scorre lenta, altre in maniera concitata, con un ritmo narrativo che è il riflesso della sua anima inquieta e insofferente. Notte Stellata ha bisogno di serenità e di azione, di una cadenza narrativa sregolata e sgretolata. Ha bisogno di infrangersi a terra per ricomporsi, andare in frantumi per ricostruirsi daccapo. Non sarà il fiore all’occhiello della piattaforma, ma è comunque capace di mostrare il suo lato più attrattivo con la commistione di alcuni elementi vincenti: la bravura dei protagonisti, l’originalità della trama, il fascino delle stelle.

Anche se defilate rispetto all’azione che si svolge nel centro, le stelle sono la cornice che impreziosisce Notte Stellata. Il fascino scenografico del cielo stellato non può non suscitare un briciolo di curiosità nello spettatore, ma sono anche la sua carica evocativa e la sua forza poetica a sprigionare energia e a spingere anche noi a credere ardentemente in qualcosa. Il mistero che è al centro della serie – l’arrivo improvviso di Jude, l’esistenza dei portali, la presenza di cacciatori e di gruppi segreti che danno la caccia all’apostata – non viene completamente risolto dai primi otto episodi, il che ci fa supporre che potrebbe esserci un secondo capitolo in arrivo. Qualche volta, Notte Stellata si perde tra i ricordi dei due anziani protagonisti o nelle trame dei filoni secondari, ma nel complesso il racconto di questa storia triste e malinconica riesce a far breccia nello spettatore perché racconta della fragilità umana e dell’inesauribile bisogno dell’uomo di credere in qualcosa. Imbarcarsi in questo viaggio costa un po’ perché implica lo scrostar via di un sedimento di sofferenza dalla superficie, ma ogni tragitto verso le stelle comporta un po’ di peregrinaggio in terra.

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