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Narcos: Mexico – Felix Gallardo vince tutte le battaglie (ma non la guerra)

Da qualche settimana è disponibile su Netflix la prima stagione di Narcos: Mexico (oppure, per i nostalgici, la quarta stagione di Narcos). Abbiamo recensito il pilot e il season finale, ma un buon prodotto come questo fornisce sempre spunti di riflessione e di analisi su storia e personaggi. In particolare, il villain/protagonista di questa stagione è il messicano Miguel Felix Gallardo interpretato da Diego Luna. Concentreremo la nostra attenzione su questo personaggio, ispirato al Padrino della droga messicana, in carcere dal 1989, senza ovviamente alludere o considerare nell’analisi la figura che nella realtà questo soggetto ha rappresentato. Conta, in questa sede, solo ciò che emerge dalla serie. Fatta questa doverosa premessa, è opportuno partire da un concetto ricorrente in Narcos: Mexico.

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Emerge a più riprese nel corso degli episodi che tanto più Gallardo scala posizioni di potere e si inserisce con prepotenza tra i potenti del Messico, tanto più frequente diventa la sottolineatura, da parte di quelli che potenti lo sono già, che lo Smilzo non sarà mai come loro. Ma cosa vuol dire essere come loro e appartenere alla loro classe sociale? Per comprendere meglio queste dinamiche dobbiamo tornare alle origini di Felix.

Nella serie, siamo introdotti nella sua vita in una fase in cui è già uno spacciatore, un sottoposto del Cartello di Sinaloa, e intuiamo che le sue radici sono umili. È un ex poliziotto e con la moglie (e l’amico Rafa) si fa bastare la produzione di marijuana necessaria per il minimo indispensabile. Ma la mente di Gallardo è collocata nel corpo sbagliato. Come dichiara alla fine del pilot, lui vuole diventare l’uomo più ricco del Messico, vuole creare un impero. È troppo stretto in quegli abiti di sottoposto, deve diventare El Padrino, el Jefe de Jefes. Per questo, dopo aver creato la più grande e redditizia produzione di erba di sempre, sente il bisogno di passare alla cocaina. Si tratta di un’opportunità, afferma a più riprese, che se non coglierà lui verrà colta da qualcun altro.

La sua scelta più criticata, quella di voler entrare nel business della cocaina, è anche la più redditizia (ma anche la più problematica). In questo senso, non possiamo non citare l’incontro con Pablo Escobar nella 1×05 The Colombian Connection. Utile, a tal proposito, proprio un confronto tra El Patron e Gallardo.

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Anche Escobar (anzi, soprattutto lui) viene dai bassifondi, dalla povertà. Il crimine lo ha fatto arricchire, lo ha reso potente. Tuttavia, El Patron ha sempre amato immaginarsi come un uomo del popolo, facendo regali (di denaro, ovviamente) ai poveri in cambio di fedeltà. Quando si incontra con Gallardo, Escobar ne riconosce la brillantezza intellettiva e decide di non approfittare dell’aurea di terrore che lo avvolge. Inizialmente intimidito, Felix regge il confronto: due uomini venuti dal basso che gestiscono il più grande traffico di cocaina della storia.

Non tutti però sono entusiasti del percorso di Felix. Torniamo al discorso iniziale. Più volte, infatti, i potenti vogliono mettere in evidenza la loro superiorità. Lo fa il membro del governo nella quarta puntata quando dice a Felix che il fatto di aver comprato un hotel non lo rende uno di loro, ma anzi rimane sempre un poveraccio. Lo fa, in una superiorità di posizione lavorativa, il Ministro Nava, quando gli ricorda sempre che è lui a comandare. Il fatto che Felix alla fine lo uccida con le sue mani permette di capire perfettamente come le cose siano cambiate.

Il finale, in cui Felix riesce ad avere in pugno persino l’esercito, è il massimo capovolgimento dei ruoli. Il delinquente controlla i potenti. Ma non un delinquente qualsiasi: un delinquente che apparteneva a un basso ceto sociale. Anzi, non manca una componente di razzismo territoriale: spesso viene infatti disegnata la provenienza da Sinaloa di Felix come simbolo di arretratezza culturale e sociale a differenza di Città del Messico. Le bestie di Sinaloa, così vengono definiti i provenienti da quella terra da Nava e dai vertici dei servizi segreti messicani.

Quello che dunque deduciamo da Narcos: Mexico è che il Felix Gallardo rappresentato è un uomo che ha osato, sfidando il pregiudizio sociale per sostenere la causa sbagliata. Ha di fatto vinto tutte le battaglie grazie alla sua mente (o con i soldi per essere più precisi, guadagnati comunque con le sue strategie).

Ma nonostante ciò non vincerà la guerra. Quella, Gallardo, non può proprio vincerla.

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