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Mom non scade mai nel becero buonismo. Ed è per questo che è una comedy unica

Di Mom ce n’è una sola. Una serie comedy unica per le sue caratteristiche che, a più di dieci anni dal suo primo episodio e a tre dall’ultimo, può vantare ancora il primato di aver saputo trattare con un umorismo diretto e senza sconti il tema della dipendenza. “Alcune mamme ti insegnano a cucinare. La mia mi ha insegnato ad affrontare una perquisizione anale e sentirmi ancora una signora.” La battuta appartiene a Christy Plunkett, e agli occhi da Betty Boop di Anna Faris che la interpreta. E c’è tutto il mondo di Mom. Tonnellate d’ironia sempre calibrata. Tutti i protagonisti sono consapevoli dei limiti del loro passato ma non diventano mai noiosi paladini dei loro percorsi di riabilitazione, restano pronti alla critica reciproca, a punzecchiarsi sulle proprie debolezze, un eterno rimettersi in gioco così come succede nella vita reale.

Da sit-com a comedy

Mom
Mom

Sì, Mom si presenta come un’ennesima sit-com su una famiglia disfunzionale. Una madre assente, egoista, esuberante e una figlia che ha subito il peso del suo ego ed è alla ricerca di una propria identità e riscatto. La figura di madre non è solo Bonnie Plunkett (Allison Jenney) ma anche sua figlia Christy e i suoi due figli. Il focus iniziale è proprio sul personaggio di Anna Faris e il suo percorso da Google-Maps per arrivare da un punto A a un punto B, con scarsa consapevolezza della destinazione finale ma con tanta buona volontà di non prendere le scorciatoie del passato.

Una sit-com su una madre single con due figli e con un passato non troppo lontano di dipendenza. Uno schema standard che aggiungeva la serie al largo bacino delle creazioni di Chuck Lorre. Poteva restare semplicemente un buon prodotto invece gli autori hanno percepito che c’erano delle gemme nascoste e un opportunità unica di declinare Mom al plurale, non solo la mamma single, non solo Anna Faris e Allison Jenney ma un circolo di donne che ha creato una rete di recupero.

Una vera famiglia allargata che trascende i ruoli di tutor degli alcolisti anonimi

Una famiglia che abbraccia le vite di tutte queste “veterane” e trasforma la serie, da situation comedy a comedy tout court per un ritratto onesto, di grande impatto, con le mille sfumature, l’eterna area grigia sulle dipendenze. Un tema molto serio che non viene mai intaccato da battute scontate e dalla sindrome “strada della redenzione” che sfocia nel fatale buonismo. Un’evoluzione rara soprattutto per il genere comedy che riesce a tenere botta anche all’abbandono di Anna Faris dopo la settima e penultima stagione. Come spesso accade, non c’è stato il tempo per gli autori di raccontare l’allontanamento del personaggio con le immagini, a dare una vera chiusura all’evoluzione di Christy ma sono riusciti comunque a rendere plausibile la sua assenza oltre a non farla sentire come incolmabile nell’ottava e ultima stagione.

L’eredità di Mom

Mom
Mom

Non come Shameless, dove la dipendenza è in corso e il degrado è al centro del racconto, in Mom la dipendenza è parte del passato, vinta per quanto si possa utilizzare questo termine per questo problema dove la vittoria finale non c’è, ci sono i giorni consecutivi che si strappano al demone, fino a quando non si va a dormire. Argomento che poteva risultare noioso per una serie comedy, seguire un gruppo di donne che ricostruiscono la loro vita dopo essersi rotolate nel fango dell’abisso.

Sei donne, non adolescenti né giovani adulte. Tutte nella maturità dei loro anni, dai 40 ai 70. Sei donne con un’età che permette di iniziare a essere nostalgici nel ricordo della loro prima giovinezza che invece è stata dedicata agli abusi di cocktail di sostanze oltre l’alcol. Sei donne che cercano di (ri)vivere la loro gioventù in differita. Ognuna di loro è una corda della rete di protezione che si tende alla bisogna, l’una per l’altra. Nessuna prevale, pronte a intrecciarsi e fermare la possibile caduta di una del gruppo. Attrici che non si possono non amare e che hanno dato una tridimensionalità ai loro personaggi che ha permesso a questa serie di vincere 3 premi della critica come migliore serie comedy.

Un ensemble che si è affinato nel corso delle stagioni e che si è trasformato in un unicum irripetibile. Impossibile pensare a spin-off, nessuna delle sei (poi cinque con l’addio di Anna Faris) può staccarsi dal branco, piccolo atto politico per affermare che la condivisione, l’accoglienza, la cura dell’altro sono il vero passepartout per vivere bene nel nostro mondo. Tutto questo, senza un accenno, neanche per errore, di buonismo, di filosofia spicciola, d’insegnamenti di vita messi lì a bella posta.

Neanche nell’episodio finale dell’ottava stagione la serie cade in questo tranello.

Nella difficile arte di concludere storie, capitoli, ci siamo abituati a vedere nelle varie serie dei cambiamenti epocali, dei traslochi, cambi di vita radicali. Il cambiamento decreta la parola fine al racconto, il rischio è che si ecceda e si sfiori l’artificioso. In Mom c’è il rapido matrimonio di Jill (Jamie Pressly) già in cinta al quarto mese e il cancro appena scoperto di Adam (il marito di Bonnie, William Fichtner) in attesa di biopsia. Un evento positivo e uno negativo ai quali Bonnie (Allison Janney) risponde dimostrando la sua totale e raggiunta crescita personale. Ora è in grado di occuparsi dei suoi cari e di se stessa.

Nel giornaliero incontro degli Alcolisti Anonimi, Bonnie sale sul podio e potrebbe declamare una predica anche in virtù di quanto sta accadendo a suo marito. Sceglie di usare solo poche parole con l’amabile ironia di sempre mista a commozione. I veri cambiamenti si dimostrano coi fatti, più importante lasciare spazio agli altri. L’ultima battuta è per la dolce Wendy (Beth Hall). Lei, da testimone gentile del gruppo, non può fare altro che chiedere “C’è qualcun altro che vuole condividere?”. Sì, è proprio vero: di Mom ce n’è una sola.