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In un’isola che si nutre di misteri, apparizioni, segreti sepolti e forze invisibili, ci sono personaggi che, pur apparendo meno frequentemente, lasciano un’impronta indelebile nella coscienza dello spettatore. Danielle Rousseau, la scienziata francese che si aggira nei boschi di Lost come un’ombra del passato, è una di queste figure. Insieme al suo nome, al suo accento, al suo fucile e al suo dolore. Danielle non è una semplice comparsa, ma l’eco vivente di una tragedia più grande, la portavoce di una verità che non può essere detta a voce alta. Apparsa per la prima volta nella prima stagione di Lost, disponibile in streaming, la donna è un personaggio enigmatico introdotto come una minaccia e rivelatasi rapidamente come una sopravvissuta segnata dalla follia e dalla perdita.
Pertanto, naufragata sull’isola sedici anni prima dell’arrivo del volo Oceanic 815, Danielle è l’unica superstite della sua spedizione scientifica. Il suo primo contatto con i protagonisti è attraverso la famosa trasmissione radio (qui le canzoni delle serie che volevamo in radio) che ripete da anni un messaggio in codice. Quando Sayid la incontra, Rousseau è una donna sola, diffidente, armata, apparentemente paranoica. Ma dietro le sue parole sconnesse si nasconde una realtà devastante. Ha perso tutto: i suoi compagni, il suo amore, la sua figlia appena nata e rapita da gli Altri. Il dolore, non a caso, è il cuore pulsante del personaggio.

Danielle Rousseau non è solo una sopravvissuta, ma un’anima spezzata
Il suo arco narrativo è tutto basato sul trauma e sulla lotta tra sanità e follia. Vedere i suoi compagni cambiati dopo l’esposizione al “fumo nero” l’ha portata a ucciderli tutti, in un gesto che riecheggia il tema della colpa e del sacrificio. A tal proposito, l’isola non solo ha tolto a Danielle la sua famiglia, ma ha instillato in lei un senso di terrore permanente. Tanto che, il momento forse più straziante è quando scopriamo che sua figlia Alex è viva, cresciuta dagli Altri, e che sua madre l’ha sempre osservata da lontano, senza potersi avvicinare.
Quando finalmente si riuniscono, c’è una tenerezza trattenuta, quasi dolorosa, sono due vite parallele che si incrociano troppo tardi. Uno degli elementi più profondi della sua storia, a tal proposito, è la maternità negata (ecco una serie sulla maternità atipica). E, considerato che in Lost questo tema è spesso trattato come fragile, in pericolo, o interrotto, Danielle incarna questa angoscia in modo radicale.
Alex le viene strappata via poche ore dopo la nascita e questa perdita definisce tutta la sua esistenza successiva. Non è un caso che Danielle, pur senza memoria completa, ricordi perfettamente la musica di una carillon che associava alla sua bambina. Di fatto, è la memoria sensoriale l’unico legame che non si è spezzato. Cosi, nel mondo di Lost, dove l’identità è spesso liquida e la memoria fallace, Rousseau è tra i pochi personaggi che vive nel passato in modo assoluto, perché quel passato è tutto ciò che ha.
C’è una connessione molto forte tra Rousseau e il mito di Medea
Entrambe perdono i figli, entrambe vivono in esilio e, infine, sono figure femminili temute e incomprese. Ma Rousseau non uccide la figlia, ma la protegge, anche se da lontano e nel dolore. E, al netto di rabbia e solitudine, lei non si trasforma in un mostro. Tuttavia, la scienziata può essere descritta anche come archetipo della “pazza nel bosco”, ma Lost la umanizza e destruttura questo cliché. Se inizialmente appare come un’outsider imprevedibile, la narrazione ci porta progressivamente a vedere la sua logica interna. Non è impazzita, infatti, ma è solo sopravvissuta a qualcosa che avrebbe distrutto chiunque.
In senso allegorico, invece, Danielle Rousseau rappresenta la voce della verità dimenticata, quella che parla ma non viene ascoltata. È Cassandra, profetessa non creduta, figura mitica (qui le serie nell’universo mitologico) che avverte del pericolo ma si ignora fino alla catastrofe. Quando dice che gli Altri sono pericolosi, ha ragione. Quando dice che c’è un male sull’isola, ha ragione. Ma è troppo segnata dalla sofferenza perché il suo messaggio si possa accogliere. Tra le altre cose poi, notifichiamo che, se Lost è anche una riflessione edipica sul destino e la libertà, Danielle è una figura che ha già vissuto il paradosso della scelta. Ha optato, dunque, per la sopravvivenza a costo dell’umanità, e questa presa di posizione l’ha portata alla dannazione psicologica.

Come scienziata, la donna rappresenta l’ideale razionale europeo
Questi è la ricercatrice che arriva sull’isola per esplorarla e comprenderla. Ma tutto ciò in cui crede, come ragione, logica, metodo, si autodistrugge. Danielle vive il crollo simbolico dell’epistemologia occidentale e rappresenta il naufragio della ragione. La sua figura dimostra come l’isola, e quindi la realtà o la verità, non possa essere contenuta nei limiti della scienza. Non a caso, il suo nome richiama il filosofo Jean-Jacques Rousseau, fautore di un ritorno alla natura, sebbene qui la natura fosse aliena, ostile, mutaforma.
Ma non solo. Come studiosa francese che arriva in un territorio inesplorato, può essere letta anche attraverso la lente del colonialismo. Difatti, viene sull’isola per studiarla, ne subisce le conseguenze, ma a differenza di altri, come i membri della Dharma Initiative, non cerca di dominarla. Viene “colonizzata” a sua volta dal mistero, fino a perderne ogni struttura di riferimento. Ciò detto, è come se incarnasse il fallimento coloniale e maschile, in versione femminile e tragica: né dominatrice né dominata, ma testimone.
In ultima analisi, nella quarta stagione, la morte di Danielle avviene fuori scena, uccisa in un’imboscata insieme al suo compagno Karl. È una fine brusca, quasi ingiusta, che ha lasciato molti fan disorientati. Non c’è un vero momento di commiato, né per lei né per lo spettatore. Ma forse è coerente con la sua traiettoria narrativa, in quanto Danielle è sempre stata una figura laterale e muore come ha vissuto… Nell’ombra. Tuttavia, proprio questa assenza di conclusione rende la sua figura ancora più viva nella memoria degli spettatori, proprio perché non ci è stato permesso di salutarla.
Nel finale spirituale e collettivo di Lost, Danielle Rousseau non appare
Eppure, la sua eredità è ovunque. Nella forza di Alex e nella memoria di Ben Linus che, in modo contorto, si è affezionato a lei. Ma anche nella voce che si perde tra le trasmissioni radio, in ogni bosco dell’isola, in ogni trappola nascosta tra gli alberi. Ed è anche grazie a personaggi come lei che Lost riesce ad essere più di un semplice thriller di fantascienza (qui i migliori film sci-fi per la NASA). È un’opera sul dolore, sul tempo, sulla memoria. E Danielle è il ricordo che non si cancella, anche quando tutto il resto scompare.
In conclusione, Danielle Rousseau non è solo un personaggio tragico. Ma la testimonianza vivente di quanto può essere devastante l’amore perduto e, al tempo stesso, quanto può essere forte l’istinto di sopravvivenza. È una madre, una scienziata, una vittima, un’eredità. In un mondo di misteri costruiti e puzzle narrativi, lei è una verità nuda, cruda e, per questo, profondamente umana. Pertanto, dal canto nostro, non possiamo fare altro che commemorarla e celebrarla come manifesto delle voci silenziose, dei traumi non risolti, dell’amore che resiste anche quando tutto è perduto. Di tutto ciò che, spesso, le grandi narrazioni lasciano indietro.