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Lo 007 sulla mano di Meredith Grey ha traumatizzato un’intera generazione

Un'immagine di Meredith Grey in Grey's Anatomy
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“E domani potrebbe non esserci più”. Così si concludeva il monologo di Meredith Grey nell’ultimo episodio della quarta stagione di Grey’s Anatomy, “Ora o mai più”, lasciando un’intera generazione con un trauma che – ahimè – condivido anch’io. E nonostante fossi ancora piccola, ricordo perfettamente dov’ero e con chi ero: in campeggio, con mia zia, entrambe incredule. Lei, però, come una perfetta Xena principessa guerriera, era già stata forgiata dal fuoco delle sue mille battaglie seriali con Twin Peaks, per cui era decisamente meno incline allo shock rispetto a me.

Era il 2009, avevo 12 anni, e malgrado tutte le mani tese per salvarmi da Grey’s Anatomy, nessuno ci era riuscito. I medici più sfortunati della televisione mi avevano ormai presa per mano e mi avevano trascinato nelle loro assurde e paradossali avventure, che – come tendeva a sottolineare sempre una mia amica – si potevano sintetizzare in: “In quel maledetto ospedale muoiono più dottori che pazienti”. Ragione incontestabile, miei cari.

Ma veniamo al punto, e in particolare a George O’Malley, senza troppe digressioni (ci provo). Prima di entrare nel dettaglio, facciamo un piccolo passo indietro. L’episodio, soprannominato da noi fan come “007” per convenzione, si inserisce in un altro arco narrativo bello tosto: la malattia di Izzie Stevens. I M.A.G.I.C. sono lì, Meredith, Alex, George e Cristina, che attendono il risveglio di Izzie dopo l’operazione al cervello. Già a questo punto le emozioni erano a livelli stratosferici. E poi c’era la decisione di George di arruolarsi nell’esercito come chirurgo. Decisamente impopolare, tanto da spingere i colleghi a organizzarsi in quello che in How I Met Your Mother sarebbe stato il momento “Intervention”.

Grey's Anatomy
T. R. Knight e Katherine Heigl (640×360)

Ma ecco il colpo di scena: George muore prima.

La sua morte? Traumatica, paradossale e anche tragicamente ironica per la serie di cui stiamo parlando. Perchè se c’è un luogo in cui le morti bizzarre e tragiche si incontrano, quello è proprio Grey’s Anatomy.

E così, George diventa il primo assaggio di quel tipo di dramma alla Grey’s Anatomy talmente tragico da risultare quasi ironico. Per tutto l’episodio, tutti non fanno altro che sottolineare quanto sarebbe incapace di sopravvivere nell’esercito, e ci si scherza pure sopra. “Potrebbe uccidersi pulendo il suo stesso fucile”, dicono. E io, ovviamente, ho subito pensato a uno scenario stile Full Metal Jacket nel capitolo dell’addestramento. E avrei scommesso tutti miei possedimenti, ovvero €15 sulla carta, che sarebbe finita com’è finita per lui. 

Dunque, George fa il suo primo e unico gesto davvero eroico, forse nel tentativo di dimostrare a se stesso – ma soprattutto agli altri – che può farcela e questo lo porta all’incidente che lo condurrà alla morte e – per tutta la puntata – mentre il povero O’Malley lotta disperatamente per la sua vita, i suoi amici e colleghi, ignari delle sue condizioni, non fanno altro che descriverlo come un inetto, uno troppo fragile per sopravvivere in quel mondo, attuando così il meccanismo tipico della mascolinità tossica che vuole gli uomini duri, impassibili, e senza ombra di debolezza. Meccanismo che in quegli anni Grey’s Anatomy e, in generale, la rappresentazione dei personaggi maschili proponeva (vedi Owen Hunt o Alex Karev di quella stagione). Insomma, oltre al danno, la beffa, direbbe qualcuno.

Grey's Anatomy
T. R. Knight ed Ellen Pompeo (640×360)

Ciononostante, se mettiamo da parte il cinismo, l’ironia e la mia tendenza a trasformare traumi in storie divertenti per intrattenere il pubblico, dobbiamo riconoscere che la morte di George O’Malley è stata davvero tragica per un’intera generazione. Pensate a un videogioco: arrivate al checkpoint, quel punto dove la partita viene salvata in modo da poter ripartire da lì in caso di sconfitta. Ecco, la morte di George è stata esattamente l’opposto: ha segnato un momento da cui non si poteva più tornare indietro. Da quel punto in poi, gli eventi in Grey’s Anatomy non hanno fatto che peggiorare, diventando sempre più catastrofici.

Ripenso a quel momento in cui Meredith realizza che il paziente sfigurato sul letto è proprio George, e ancora oggi mi vengono i brividi. Riesco quasi a sentire quel “O… O… 7” e poi il sussulto, non è O O 7, ma 007, e immediatamente la realizzazione, lo strazio: è George, è George. 

Grey's Anatomy
T. R. Knight (640×360)

È stato un colpo devastante, completamente inaspettato. Nessuno avrebbe mai immaginato che l’eroe anonimo fosse proprio lui. È stato come una secchiata d’acqua gelida in faccia, proprio mentre ti stavi godendo un caldo risveglio in una fredda mattina d’inverno. Il tutto, poi, amplificato dalla condizione critica di Izzie, anche lei in bilico tra la vita e la morte a fine episodio. Era l’ultima puntata della quinta stagione, e l’incertezza sul destino di entrambi ci ha lasciato col fiato sospeso, segnando un punto di non ritorno per tutti. Per George più di altri. 

Ma bisogna riconoscere una cosa agli sceneggiatori di Grey’s Anatomy: sebbene tutti sappiamo il vero motivo per cui hanno deciso di far fuori George, la scelta di farlo uscire di scena con il primo soprannome che gli era stato dato nella serie è stata tanto traumatizzante quanto azzeccata. Un cerchio che si chiude, insomma. Certo, dopo più di dieci anni e altrettante infinite stagioni, la morte di O’Malley rimane uno dei traumi più profondi per la nostra generazione. La sensazione di aver perso un pezzo di storia televisiva, un personaggio a cui ci eravamo tutti affezionati, che proprio come “007”, se n’è andato in modo tanto eroico quanto assurdo e straziante.

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