Amata e odiata, ma pur sempre con i riflettori puntati addosso, La Casa de Papel è stata un innegabile successo mediatico, capace di attrarre miliardi di spettatori. Una serie che ha dominato il panorama televisivo degli ultimi anni e che, per sollievo di molti e con rammarico di alcuni, è finalmente giunta a conclusione.
Altalenando tra stagioni di successo e puntate da far storcere il naso, La Casa de Papel non è stata sempre costante nella sua narrazione, giungendo nella terza e quarta parte a deludere diversi fan che, invece, avevano adorato le sue prime puntate.
Con il rilascio della sua quinta e ultima parte, questa serie è però riuscita a ritornare sulla retta via, regalando un finale dignitoso alla sua storia, che ha avuto il pregio di saper accontentare tutti, senza esagerare con il fan-service, o almeno non in modo troppo evidente.
Se ci sono stati, infatti, tanti elementi di quest’ultima parte de La Casa de Papel che proprio non sono riusciti a convincerci, non possiamo negare che vi siano state anche altrettante scelte narrative che hanno dimostrato di funzionare abbastanza bene, riuscendo ad alzare il livello della narrazione e spingendoci a portare a termine la visione della serie.
A conclusione della prima metà della quinta parte, avevamo lasciato i nostri criminali preferiti ad affrontare una delle più tragiche perdite mai subite dalla banda.
La morte di Tokyo e il suo eroico sacrificio arrivano a colpire duramente i cuori di ogni membro del gruppo, alimentando fortemente la tensione già presente tra i ladri, ormai convinti sempre di più dell’impossibilità di uscire vivi e liberi dalla Banca di Spagna.
Ed è proprio in questo tragico contesto che la quinta e ultima parte della serie ha inizio, riprendendo esattamente dove ci eravamo fermati.
Il dolore conclude e riapre la narrazione, permettendoci di assorbire il lutto appena subito. Ma questa volta La Casa de Papel non lascia troppo spazio ai sentimentalismi, l’azione viene riportata subito in primo piano e, finalmente, riaccompagnata dalla mente lucida e programmatrice del Professore.
È questo il primo dettaglio che ci lascia apprezzare questa seconda parte della stagione, il gran ritorno dei piani, tanto amati durante la prima rapina, che nelle ultime puntate erano stati sostituiti da una serie di guerre prive di logica, pura adrenalina allo sbando.
Quell’equilibrio tra azione, sentimento, critica, trash e politica che sempre era presente nella prima stagione, torna a farsi sentire, facendo trovare di nuovo ai fan quella ragione per guardare la serie che ormai sembrava perduta per sempre.
Ma soprattutto il Professore sembra finalmente tornare in sé. Lasciando in parte i panni da uomo innamorato e sentimentale, riconquista un po’ della lucidità che ci aveva fatti innamorare di lui, tornando a costruire piani folli e improbabili, macchinando fughe a morsi dai cofani delle macchine e tramutandosi in un divano per sfuggire alla polizia.
E in queste azioni colme di adrenalina e suspence, il Professore ha adesso una nuova compagna di giochi: Alicia Sierra. Un elemento aggiunto rispetto al passato, che però riesce a funzionare perfettamente. Il duo composto dalla donna e dal Professore ci regala nuove emozioni, creando una narrazione secondaria che scorre perfettamente all’interno della serie.
Un’accoppiata vincente la loro, che dona a La Casa de Papel quel pepe in più, capace di arricchire la sua trama senza apparire forzato.
E in questa ultima parte della storia c’è spazio anche per altre storyline secondarie: quella relativa a Tatiana e Berlino, ma anche quella legata al passato del Professore. Entrambi i racconti, e i relativi flashback, riescono a trovare in questa parte di storia un proprio posto, inserendosi perfettamente nel racconto e arricchendo veramente la trama.
Il personaggio di Tatiana acquista finalmente un senso, lasciandoci comprendere il motivo dei ripetuti riferimenti alla sua figura e a quella del figlio di Berlino. La loro introduzione nella storia non ha convinto pienamente tutti i fan, ma ha sicuramente il merito di aver ricollegato molti punti lasciati in sospeso, riuscendo oltretutto a creare quel colpo di scena di cui questa parte di storia aveva bisogno. Un altro elemento che nel complesso è risultato vincente, permettendo a queste puntate de La Casa de Papel di funzionare.
Ma è soprattutto il flashback relativo alla morte del padre del Professore a donare qualcosa di importante alla storia. Quel racconto, legato al passato ma ancora fortemente vivo nella mente di Sergio, riporta l’attenzione su una domanda fondamentale che era stata un po’ persa di vista nelle ultime puntate: qual è il movente che spinge i rapinatori ad andare avanti.
Un movente che per il Professore ha tanto di personale, ma anche molto di politico. La Casa de Papel, infatti, rimembra finalmente il suo messaggio, quel tema politico che aveva accennato durante la prima parte della serie e che poi sembrava pian piano aver abbandonato.
La resistenza, la lotta contro lo Stato, la corruzione del sistema politico: tutti questi temi sono ciò che in primo luogo hanno reso La Casa de Papel una serie interessante.
Nella sua capacità di coniugare azione e critica, trash e serietà, sentimentalismo e profondità, stava la gloria di questa serie durante le prime due, indimenticabili, stagioni. Ma tutto questo era completamente sfumato nel tempo. Della Casa de Papel sembrava essere rimasto solo puro fan service, azione adrenalinica e messaggi sbiaditi.
Qualche intonazione di Bella Ciao lasciata cadere a caso tra le puntate e un paio di monologhi per ricordare alla massa l’importanza della Resistenza non erano più sufficienti a convincerci che La Casa de Papel potesse essere anche una serie piena di messaggi. Ma in questa parte finale si è tentato di fare di più, di ricordare nuovamente quella critica sociale che si voleva far passare all’inizio.
L’oro viene riportato al centro della narrazione, questa volta in una veste nuova, inteso nel suo valore di simbolo di potere di uno Stato. E su quel valore, su quel significato così importante il Professore costruisce il suo intero piano di fuga, dimostrando per la prima volta che quella rapina apparentemente messa in atto solo per salvare Rio, aveva in realtà un fine molto più grande, voleva lanciare un messaggio al mondo.
Un messaggio che lancia anche a noi, che per la prima volta dopo tanto tempo ci ritroviamo a riflettere sulle provocazioni che La Casa de Papel ci sta lanciando, finalmente non più spettatori passivi di uno spettacolo privo di senso, ma partecipi di una storia che sembra avere davvero qualcosa da raccontare, qualcosa da comunicarci.
Grazie a quest’ultimo elemento, La Casa de Papel riesce a mantenere alto il livello di tensione fino alla fine, coniugando i diversi elementi che da sempre l’hanno contraddistinta sapientemente e intelligentemente e donandoci un finale degno di essere guardato.
Perché se l’happy ending era indispensabile per lo stile della serie, era fondamentale che il modo per arrivarci fosse costruito nel modo giusto. E in questo la parte finale de La Casa de Papel è riuscita pienamente, mettendo in scena l’ultimo grande atto del suo teatro, uno spettacolo che con ironia e allegria ci ha donato qualcosa in più di semplici scene trash in grado di strapparci un sorriso.