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La regola della morte in Game of Thrones

Chi ama Game of Thrones ha imparato nel tempo a desensibilizzarsi. Siamo talmente preparati che noi già sappiamo che un personaggio che amiamo prima o dopo morirà.

L’unico dubbio è sapere chi o quando.

Per arrivare a questa consapevolezza, però, ci sono voluti anni di allenamento, di traumi e shock che non potremo mai davvero dimenticare o rimuovere. Un esempio fra i tanti? Sicuramente le famigerate Nozze Rosse, ma anche il risultato del duello tra la Vipera Rossa e la Montagna, per non parlare della decapitazione che diede il via a tutto il vero Game of Thrones.

Game of Thrones

Nel tempo non abbiamo solo imparato a desensibilizzarci e a diventare più cinici, ma in un qualche modo abbiamo iniziato a comprendere anche il perché certe morti avvengano e ogni tanto a prevederle.

George R.R. Martin applica la regola d’oro tipica dell’opera ariostesca “L’Orlando Furioso“: un personaggio esce di scena nel momento in cui esce dal proprio ruolo o arriva alla sua perfetta catarsi e realizzazione. Inoltre, la perfidia martiniana aggiunge un concetto fondamentale che, quanto meno nelle ultime stagioni, ci conforta almeno un poco: il karma.

Questi sono tre diversi concetti quasi infallibili (le eccezioni esistono sempre) da seguire per capire chi morirà e quando.

Partendo dal principio, come vi racconto in questo articolo, le morti di Ned e Robert sarebbero state abbastanza prevedibili se non fossimo stati del tutto ignari delle crudeli dinamiche di Game of Thrones.

Game of Thrones

Robert Baratheon apparteneva a un’epoca defunta nel momento in cui ha indossato la corona. Non c’era più tempo per eroi, guerre e grandi battaglie. Robert era un guerriero, un combattente, e ha perso la propria ragione d’esistere non appena è finita la sua Ribellione. Per di più, all’inizio della prima stagione di Game of Thrones inizia un gioco molto diverso da quello cui il re era abituato. Lui era un uomo impulsivo, irrazionale, completamente inadatto al gioco del trono messo in moto da Ditocorto.  Robert ha raggiunto la sua catarsi nel momento in cui la sua vita si ri-intreccia con quella dell’amico dei tempi di gloria Eddard Stark.

Ned mostra a Robert la sua vecchiaia, il tempo che è passato e un’epoca ormai sepolta insieme a quegli ultimi eroi. Robert non è più chi dovrebbe essere, il suo ruolo entra in crisi. L’uomo che uccise Rhaegar Targaryen al Tridente trova la propria fine mezzo ubriaco infilzato da un cinghiale.

Ed Eddard Stark? L’uomo integerrimo per eccellenza esce dal proprio personaggio nel momento in cui cede alla menzogna per salvarsi la vita e il collo convinto dalle suppliche di Sansa. Ned mette da parte il proprio onore, e in quel momento sancisce la condanna per il suo personaggio.

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Analogamente accade per Robb Stark. Robb esce dal ruolo di King in The North perché si innamora come uno scemo, e come tale rinnega un matrimonio da re per uno da ragazzo.

“L’amore è la morte del dovere” disse Aemon Targaryen, e così è stato per Robb Stark.

Per quanto riguarda Caitlyn non possiamo fare a meno di distinguere tra libri e Serie Tv, e io, ovviamente, mi limiterò a prendere in considerazione quest’ultima. Cat in Game of Thrones è la madre e la moglie per eccellenza, ma lentamente, episodio per episodio perde tutto ciò che la dà forza. Prima il marito viene decapitato, poi una delle sue figlie scompare, un’altra viene presa prigioniera, fino a che non si ritrova a ritenere morti anche i suoi bambini più piccoli. Tutto ciò che le rimane è Robb e lo trasforma nello scopo della sua vita. Nel momento in cui suo primogenito viene ucciso, in quel suo ultimo disperato atto Catelyn Stark realizza pienamente il proprio ruolo e perde la ragione della propria esistenza, concludendo una delle migliori scene mai girate in Game of Thrones.

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Robb e Ned cadono in errore, esattamente come Oberyn Martell.

Il suo scopo era la vendetta. Oberyn doveva uccidere l’uomo che aveva stuprato e ucciso sua sorella e massacrato i suoi nipoti. Dal momento stesso in cui è entrato in scena era ovvio che il suo scopo in Game of Thrones fosse quello, ma lui non poteva accontentarsi. La Vipera Rossa ha voluto esagerare, ha cercato di estorcere una confessione dall’uomo più brutale dei Sette Regni.

Oberyn ha voluto giocare con la Montagna ma non conosceva le regole del gioco. Le opzioni erano due: la confessione o la vendetta, e Oberyn Martell ha scelto molto male.

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In errore caddero anche Ygritte e Drogo, due storie parallele, due amori fondamentali perché le rispettive controparti potessero realizzare se stesse. Caddero in errore perché, per amore, la prima non scoccò la freccia fatale su Jon e il secondo non diede credito al proprio cavaliere di sangue ma alla sua Luna e Stelle. Due morti funzionali definite dall’uscita dal proprio ruolo.

Due morti che viaggiano in bilico tra l’errore e la necessità narrativa.

Catarsi, errore e karma sono i tre pilastri che decidono le morti in Game of Thrones, tuttavia le eccezioni esistono, un esempio fra tutti quello di Margaery Tyrell. La sua morte è stata una delle morti più ingiuste perché non aveva commesso errori particolari, non era uscita dal suo personaggio, né aveva un debito nei confronti del karma. Eppure anche lei ha trovato la sua fine nel complesso gioco del trono di Cersei Lannister. Una morte forse funzionale perché la storia potesse proseguire, una morte a cui probabilmente non potremo mai trovare una spiegazione narrativamente razionale, se non che le piogge di Castamere dovevano suonare ancora.

Infine, come preannunciato, abbiamo le morti più belle in assoluto: le morti karmiche.

Game of Thrones

Partiamo dal presupposto che per quasi tutte queste morti le abbiamo desiderate profondamente. Molti di questi personaggi dovevano morire. Abbiamo desiderato vederli soffrire, agonizzare e sputare sangue, e, per quanto l’attesa sia stata davvero troppa, alla fine siamo stati accontentati.

Prima fra tutte è la morte di Joffrey Baratheon/Lannister. Tutti lo volevamo morto, e paradossalmente anche all’interno di Game of Thrones tutti lo volevano morto eccetto sua madre. Joffrey doveva morire, ma prima di uscire di scena è riuscito a tirare fuori davvero la parte peggiore di noi spettatori. Dopo quattro anni tuttavia il “lieto” fine è arrivato, e quel piccolo folle demonio è uscito di scena morendo in quel modo tanto orribile quanto non del tutto soddisfacente (si sarebbe meritato di passare prima tra le grinfie di Ramsay Bolton).

La morte alle proprie nozze non può essere stata del tutto casuale: il Karma colpisce tutti.

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A seguire quel bastardo biondo si classificano sicuramente Roose e Ramsay Bolton. Roose muore pugnalato esattamente come aveva pugnalato il suo Re del Nord. Ramsay muore ucciso dall’odio di Sansa e dai suoi cani affamati da una settimana: se non è karma questo!

A Ellaria e la figlia si ritorce contro il loro stesso gioco di vendetta.

A Dorne non si uccidono le ragazzine, aveva detto Oberyn a Cersei, eppure Ellaria Sand decise di tradire questo fondamentale principio di Oberyn e il karma è tornato a cercarla.

Per quanto non sia morto è necessario affrontare la questione karma anche per Theon.

Tradendo si è meritato il castigo e la evirazione. È stato mortificato e ucciso da Ramsay, ma poi la fantomatica ruota ha ripreso a girare e ha premiato colui che aveva così pesantemente punito. Proprio perché evirato, Theon ha avuto la possibilità di redimersi, di salvarsi e di tornare a se stesso andando a salvare sua sorella. L’epilogo della sua storia, come ho scritto in questo articolo, deve ancora essere scritto.

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E quando si parla di karma non possiamo non considerare la fine del benamato lord Baelish.

Il vero artefice del gioco del trono ci lascia grazie all’abilità di due sorelle che insieme concludono un cerchio perfetto iniziato molti anni prima, quando la storia doveva ancora essere scritta.

Con la morte di Ditocorto il gioco del trono si è ufficialmente concluso, e adesso tutta un’altra storia sta per prendere forma sotto i nostri occhi.

Una nuova storia con nuove regole tutte da imparare. Prima regola? Valar Morghulis.

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