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Fondazione 2×05 – La Recensione: ricordare per essere ricordati

When a man is old, he doesn’t care what he remembers. He cares how he’s remembered. And at the end we’re all just memoriums.

Foscolo scriveva che le tombe rappresentano un simbolo vivente dell’esistenza di una persona anche dopo che questa ha smesso di vivere. Solo con la tomba, quindi, il ricordo degli esseri umani può perdurare e resistere all’impietosa forza distruttrice del tempo. La memoria è ciò che ci avvicina maggiormente all’immortalità. L’unico modo da parte dell’uomo di vivere, davvero, per sempre. D’altronde lo facciamo noi stessi, ogni giorno in modo più o meno evidente. Magari ricordando una persona amata che non c’è più o riportando alla mente un evento felice del passato, condiviso con qualcuno. Il ricordo di generazioni e generazioni che ci hanno preceduto e di cui noi siamo solo l’ennesimo tassello di un mosaico molto più grande. La storia stessa è una memoria imperitura di ciò che è stato e di ciò che potrebbe essere, nel bene e nel male. Quando si dice “imparare dalla storia” non si tratta solo di una frase fatta ma di un monito costante che, si la storia può ripetersi, ed è per questo che deve essere costantemente ricordata.

Proprio di memoria e ricordo si parla tanto in questo episodio di Fondazione, dove, stavolta, l’attenzione per il futuro è momentaneamente messa da parte per dare voce al passato e al bagaglio che ogni singolo personaggio si porta dietro. Un redivivo Hari Seldon non ha memoria di cosa gli sia accaduto dentro la caverna mentre insieme a Salvor e Gaal si dirige su Ignis, loro meta finale e possibile insediamento per la Seconda Fondazione. Su Tantris, il potere dell’Impero è messo in discussione e la dinastia dei Cleon mostra le prime, serie fratture interne.

ATTENZIONE! Se non avete visto la quinta puntata di Fondazione, vi consigliamo di tornare più tardi.

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Gaal, Hari e Salvor (640×360)

Dopo un puntata intermezzo, in cui abbiamo intravisto la strada iniziata da Hober Mallow, dalla prima Fondazione e dal generale Bel Riose, Fondazione torna adesso a concentrarsi sulle due storyline principali, quelle che davvero rappresentano il cuore dello show e le sue fondamenta. Una puntata importantissima che segna un punto di svolta nelle storie parallele di chi, da un lato, cerca di realizzare un futuro ottimista per il genere umano e chi, dall’altro, è ancora troppo ancorato al passato. Come sempre, la serie tv riesce a parlare di tematiche filosofiche e complesse con estrema umanità, rendendo questi personaggi fittizi e collocati in un immaginario futuristico tremendamente vicini a noi. La memoria diventa assoluta protagonista di questa puntata, esplorata nelle sue mille sfaccettature attraverso gli occhi di tre distinte generazioni.

Hari Seldon è il nostro Lazzaro del futuro. Tornato alla vita in maniera – per ora – inspiegabile, lo scienziato continua a incarnare l’ago della bilancia che oscilla pericolosamente tra rinnovo e distruzione. Se la sua copia digitale, all’interno del Vault, non mostra più alcuna empatia nei confronti del genere umano, questo Hari, fatto di carne e ossa, non rimane indifferente agli eventi che gli accadono attorno. Eppure la visione di Raych lo accusa di pensare solo a se stesso, di trattare gli altri come “punti di un grafico”. Parole che colpiscono lo scienziato facendolo vacillare, incalzato dal ricordo vivente del figlio perduto. Su Ignis, pianeta abbandonato mille anni prima dall’Impero, è lui però l’unico a rendersi immediatamente conto dell’inganno dei “vedenti”.

Questi ultimi sono fuggiaschi, perseguitati e martiri dai poteri psichici, riunitisi sotto il faro di Tellem Bond.

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Tellem Bond (640×360)

La donna, un tempo venerata come dea bambina, guida una comunità matriarcale che, idealmente, dovrebbe opporsi a quella patriarcale dell’Impero ma che sembra celare solo un diverso tipo di tirannia. Seguendo la sua voce attraverso lo spazio, i tre pellegrini giungono dinanzi Tellem Bond come cavalieri di un romanzo medievale in cerca del loro sacro calice. Ma quello che li attende è forse solo l’ennesimo inganno, l’ennesimo vagabondare all’interno di un palazzo di Atlante senza via d’uscita. La magia dei “vedenti” è forse tanto diversa da quella fatta di fuochi d’artificio e illusionismo della Chiesa galattica? Anche su Ignis, scienza e religione sono pronte a darsi battaglia mentre la mente salda di Gaal e Salvor rischia di vacillare di fronte al ricordo di amori perduti.

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Cleon XVI e Cleon XVIII (640×427)

Amore e memoria sono anche i componenti fondamentali della quête su Tantris. Anzi delle quête. Dal momento che anche sul pianeta capitale tutti sono alla disperata ricerca di qualcosa. La vendetta è ciò che motiva le azioni della principessa Sareth, che gioca una partita forse più grande di lei. L’eredità agognata da Cleon XVII, tiranno infantile, il cui eccessivo potere ha creato una frattura nel rapporto con gli altri cloni. E, infine, la verità ricercata soprattutto da Cleon XVI, ormai al tramonto della propria esistenza che guarda al passato con il cuore colmo di rimpianti. In questo quadro, a muoversi silenziosa e non vista, rimane fuori Demerzel. L’androide mostra in questa puntata un nuovo tratto incoerente con la sua natura robotica: la gelosia. Nel dipinto sfarzoso dell’Impero e di chi lo governa, Demerzel rimane sullo sfondo assecondando i desideri di Fratello Giorno ma agendo, poi, in nome della dinastia dei Cleon. Almeno così afferma lei.

Nel mentre le mura del palazzo si fanno sempre più strette, chiudendosi come una trappola sui Cleon, convinti da sempre di essere intoccabili. Ma la brama spasmodica per un erede e l’ossessione per il passato sono solo due sintomi della stessa malattia. Nella storyline dei Cleon, il ricordo è ciò che tiene vivo l’Impero e ne preserva l’esistenza. Quanto ancora a lungo? La storia ha la memoria corta e presto o tardi il ciclo ricomincia.