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FlashForward – Ogni giorno ci alziamo e lavoriamo tra l’infinità di scelte possibili, tra i molteplici sentieri della vita, combattendo inconsapevolmente una battaglia più grande di noi. Lottiamo per ignorare il fato, il destino, la mano di un Dio che sembra volerci spingere verso qualcosa che ci attende, da sempre. Ogni mattina ci alziamo perché abbiamo la convinzione che il futuro sia tutto da scrivere, che il libero arbitrio esista e che possiamo reinventarci nuovi, quel giorno come ogni altro.
E se una mattina scoprissimo che non è così?

Immaginate di svegliarvi una mattina, una mattina come tante, convinti che il futuro sia a vostra disposizione, che il mondo sia una conquista. C’è chi si attarda a fare colazione, chi ripara un palo della luce, chi si vede con gli amici, chi fa sesso, chi fa surf, chi sta guidando.
E poi, nero.
Buio totale.

Un buio lungo esattamente 2 minuti e 17 secondi.

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Ho fatto un brutto sogno: ho sognato che non c’erano più giorni felici.

È lo scenario che ha immaginato David S. Goyer, creatore di FlashForward, cult mancato a causa di un’improvvisa, e forse evitabile, cancellazione.
Il 6 ottobre 2009 in un attacco globale l’intera popolazione perde conoscenza.
In questo blackout di massa a ognuno è dato di vedere uno squarcio del proprio futuro, più precisamente 2 minuti del 29 aprile 2010.

In un mondo scivolato nel caos a causa di un futuro che è diventato passato non esistono più legami, non esistono più certezze, se non quella apparente del 29 aprile.

La stessa esistenza, lo stesso modo di alzarsi al mattino e affrontare il giorno è necessariamente cambiato in un futuro che è già stato scritto.

FlashForward prende poi le mosse dall’indagine svolta dai protagonisti, agenti dell’FBI, per indagare sulle cause dell’evento. Ma quello che colpisce non è la loro missione straordinaria, bensì quanto questa conoscenza non lasci invariato nessuno, nel proprio ordinario.
Non è l’evento di pochi privilegiati che si distinguono dalla massa, ma nell’oblio del futuro le regole della società sono cambiate, in un presente che sembra solo condurre a un futuro che ha smesso di esistere. Perché per tutti, è già avvenuto.

Interroghiamo i cartomanti, ci facciamo leggere le carte, le foglie del tè e anche le ceneri del nonno, solo per riuscire a strappare indizi sul futuro.

“Siamo tutti profeti ora” e non mi viene in mente un profeta degno di questo nome che non abbia sofferto.
E neanche mi viene in mente un profeta che Dio non abbia amato.

Ma la storia ci aveva già avvertito: Cassandra rimase perennemente inascoltata, Edipo cercò di combattere fino all’ultimo un futuro che si stava già avverando, degli oracoli si interpretò sempre e solo ciò che si voleva.

I vecchi saggi dicevano quindi carpe diem, consigliavano a se stessi e ai posteri di vivere il presente perché nel domani non c’era certezza. Ma i giochi sono cambiati e l’oggi non è più tutto quello che abbiamo.

È diventato un mondo di profeti, paralizzati in un senso di attesa individuale, ma anche collettivo.
Nessuno dovrebbe mai conoscere le date di scadenza della propria vita.
Per quanto ci illudiamo che la conoscenza sia un dono, spesso è proprio la consapevolezza a cambiare il sapore delle cose. Perché non sempre l’imminenza della fine fa risaltare il dolce. Capita, anzi, che più vediamo le lancette fermarsi, più le nostre papille gustative riescano a percepire solo l’amaro.

FlashForward ci insegna il valore della compartecipazione. Se vogliamo avere la possibilità di cambiare qualcosa dobbiamo fare un passo indietro, uscire dal nostro giardino e guardare il mosaico più grande.
Mosaico, come l’operazione creata per scoprire cosa si cela davvero dietro il blackout. Mosaico come il social network che mette in contatto sconosciuti attraverso i loro salti in avanti. Mosaico come la bacheca di Mark, connessioni logiche segnate da un filo rosso che attraversa il mondo e la storia.
Visti da troppo vicino appaiono solo macchie informi di colori casuali, ma è alla giusta distanza che il caos rivela tutta la sua bellezza
Noi non siamo soli. E il nostro futuro, il nostro destino non è mai solo nostro.

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Molti di noi pensano che quando interviene la mano di Dio sia per qualcosa di grande. Ma può essere anche qualcosa di piccolo che sembra così irrilevante sul momento, ma che poi si rivela il punto di svolta della tua intera vita. Grande o piccolo, pensate se quel momento avesse effetto su tutti, ovunque, nello stesso preciso istante. Che cosa vorrebbe dire per voi? Dove andreste a cercare le risposte?
La risposta non riguarda mai una sola persona. La vita di ogni singola persona è stata toccata dal blackout e nessuno di noi lo ha vissuto da solo. Ognuno di noi è unico, ma siamo cuciti insieme a formare un arazzo, talmente grande da non poter essere compreso senza fare un passo indietro per vederlo nel suo insieme.

Il mondo è pieno di storie, che alla fine scopriamo essere una sola.
Il tempo davvero sprecato, nella nostra vita, è solo quello passato a convincerci di essere isole. A poter pensare che i sentieri della vita che ogni giorno siamo costretti a scartare, condizionino solo noi.
Non si può separare una vita dall’altra e uno sconosciuto, è più semplicemente il membro della famiglia che non si è ancora incontrato. Succede a Olivia e Dylan, a Bryce e Keiko, a me e voi.

FlashForward narra un tema quanto mai attuale: in un mondo che sembra scivolato nell’inferno di una guerra silenziosa, che porterà a una fine quanto mai inevitabile, abbiamo due opzioni.

Possiamo isolarci dal mondo e dagli altri, rinchiudendoci in un’utopia superomistica per cui il futuro è nostro, solo nostro. O possiamo accettare di non essere soli e decidere di far fronte comune, riconoscendo che il destino non è mai elitario, così come la speranza.

Sei la vita che avrei voluto.
Per questo, nonostante l’abisso, io scelgo di credere.