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5 film crime dove il vero colpevole è il sistema

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C’è un genere di crimine che non ha bisogno di armi, né di alibi. Non lascia impronte digitali, ma è ovunque. È il crimine sistemico, quello che non si consuma in un istante, ma che si sedimenta nel tempo, silenzioso e persistente. È la violenza dell’indifferenza, dell’inefficienza, della disuguaglianza strutturale. In molti film crime, siamo abituati a cercare un colpevole: l’assassino, il ladro, il folle. Ma ci sono opere che scelgono di spostare lo sguardo, di guardare più in alto – o più in profondità. In questi film, il delitto più grave non è commesso da una persona sola, ma da un intero sistema che fallisce, reprime, o semplicemente volta le spalle. E i protagonisti, che siano vittime, carnefici o testimoni, diventano ingranaggi di un meccanismo più grande, spesso invisibile, ma devastante.

Questi sono 5 film in cui il vero colpevole non è chi può sembrare in apparenza.

1. The Trial of the Chicago 7 (2020)

Nel 1969, sette uomini – attivisti di diversa estrazione ideologica – vengono accusati dal governo statunitense di aver incitato la rivolta durante la Convention Democratica dell’anno precedente. Il processo del film crime The trial of the Chicago 7 si svolge in un clima teso, surreale, dove la giustizia è travestita da farsa. Gli imputati, accusati di crimini politici, vengono ridicolizzati e ignorati. Tra loro c’è anche Bobby Seale, leader delle Pantere Nere, privato persino del suo diritto a un avvocato. Il giudice, parziale e ostile, sembra più interessato a difendere l’ordine costituito che a garantire un processo equo. In apparenza, i protagonisti sono sul banco degli imputati per ciò che è accaduto nelle strade di Chicago. Ma a ben guardare, il crimine che hanno commesso è quello di avere pensato diversamente, di avere sfidato un sistema che pretende obbedienza.

In un’America segnata dalla guerra in Vietnam, dalla repressione sociale e dal razzismo istituzionalizzato, il vero processo in corso è contro la libertà di parola e la protesta civile. Il vero colpevole qui è il sistema giudiziario stesso, manipolato dal potere politico per dare una lezione pubblica. È un sistema che, pur proclamandosi democratico, non tollera chi mette in discussione le sue fondamenta. L’ideologia dominante utilizza le aule di tribunale come campo di battaglia per riaffermare il proprio dominio. La sentenza, alla fine, conta meno del messaggio: chi osa sfidare lo Stato sarà umiliato, imbavagliato, ridicolizzato. L’ingiustizia è palese, ma è proprio nella sua ostentazione che si rivela il volto vero del potere: uno che non teme di mostrarsi autoritario quando la democrazia vacilla.

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