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Che cosa non ha funzionato nella seconda stagione di Emily in Paris

Attenzione, l’articolo contiene spoiler sulla seconda stagione di Emily in Paris.

La prima stagione di Emily in Paris aveva sollevato molte discussioni su vari aspetti, in primis l’utilizzo di stereotipi su Francia e francesi, oltre al sovrabbondante impiego di cliché. Tuttavia, la serie con Lily Collins nei panni della stilosa e intraprendente protagonista non ha mai ambito a essere la serie perfetta e si è rivelata efficace nel suo scopo: far passare agli spettatori qualche momento di relax e risate, riuscendo nel contempo a portare sullo schermo anche argomenti di grande attualità. Fulcro del primo capitolo, infatti, era stato il percorso lavorativo di Emily Cooper che, dopo aver studiato marketing ed essersi rimboccata le maniche per molto tempo, si era ritrovata a lavorare per una importante azienda. L’aspetto più interessante era stato vedere come i social network possano essere utilizzati in maniera fruttuosa per la carriera, ma anche come sia fondamentale porre l’accento sul contenuto e non sulla forma. Questo intreccio di leggerezza e riflessioni più serie si era rivelato vincente e ora, con l’arrivo della seconda stagione sul catalogo Netflix, sorge spontanea una domanda:

Emily in Paris 2 ha saputo riproporre questa ricetta oppure qualcosa non ha funzionato?

emily in paris

Al netto di una stagione che comunque si lascia guardare senza annoiare, è scorrevole e fa sorridere, resta evidente che qualcosa non si è rivelato del tutto efficace: nel complesso, il nuovo capitolo di Emily in Paris risulta meno accattivante del precedente, come se mancasse il vero mordente. Cerchiamo di capire per quali ragioni.

Il primo grande intoppo lo troviamo nella costruzione della trama che, se nella prima stagione non ha brillato per originalità ma ha saputo veicolare comunque messaggi e spunti interessanti, in questa seconda stagione si è spogliata degli elementi particolari per appiattirsi e differenziarsi ben poco dalla solita storiella romance. La carriera di Emily, il mondo del marketing, tutto il ragionamento dietro la scelta di cosa postare sui social e cosa no, le strategie di promozione e tutto ciò che riguarda l’intricato mondo del lavoro passa in secondo piano. Le luci dei riflettori vengono tutte accese in direzione del triangolo amoroso Emily-Gabriel-Camille, il cliché per eccellenza che può funzionare come contorno, ma difficilmente riesce a convincere come portata principale.

Quasi tutto si muove attorno a questo filone, con Emily che vorrebbe rimediare al suo errore, mettere da parte i suoi sentimenti per Gabriel e riallacciare i rapporti con Camille; con Gabriel che vorrebbe qualcosa di serio con Emily, ma non si impegna nemmeno più di tanto per ottenerlo e con Camille che si arrabbia con tutti – giustamente – e orchestra un piano per riconquistare Gabriel, grazie anche all’aiuto della madre. Le dinamiche di questo già poco accattivante cliché, poi, sono molto deboli. Non succede nulla di eclatante, non ci sono grandi dichiarazioni di sentimenti, non c’è trasporto. È lo stesso copione di sempre che si ripete all’infinito.

A questo si aggiunge la mancanza di un vero conflitto, ciò che di solito scatena tutti gli eventi.

emily in paris

Nella prima stagione, Emily aveva una missione ben precisa: sopravvivere in un ambiente di lavoro tremendamente ostile per varie ragioni. L’americana non conosceva la lingua e faceva fatica ad abituarsi ai ritmi di vita francesi, non andava d’accordo con nessuno, non riusciva a farsi capire ed era in perenne conflitto con Sylvie. In più, doveva di frequente superare vari ostacoli e mettersi in gioco al cento per cento per risolvere ogni problema.

Nel secondo capitolo, manca tutto questo. C’è ancora la difficoltà linguistica, è vero, ma la risoluzione del problema è limitata a un corso di francese che Emily frequenta ogni tanto. La situazione sul posto di lavoro è tranquilla, non ci sono screzi con nessuno e tutti sembrano aver imparato ad apprezzare la protagonista. L’unico scopo della ragazza sembra essere quello di far tornare insieme Gabriel e Camille, e non è nemmeno un obiettivo vero, perché in realtà Emily prova ancora dei sentimenti per il cuoco. L’assenza di conflitti, causa l’assenza di moventi e non c’è un vero e proprio ago della bussola che possa puntare in qualche direzione precisa.

Anche le sottotrame soffrono della stessa debolezza: un esempio è quella di Mindy. L’amica di Emily non fa altro che cantare, in scene forse troppo lunghe, che sembrano voler riempire minutaggio sullo schermo senza dire nulla. Lo screzio con il suo nuovo ragazzo dura mezzo episodio, poi tutti amici come prima. Il diverbio col padre viene citato ogni tanto, senza però essere approfondito o risolto in alcun modo.

I personaggi secondari sono appena abbozzati, proprio come le sottotrame.

emily in paris

Da un lato, sono stati introdotti personaggi totalmente inutili, come la ragazza russa con cui Emily passa un paio di ore un pomeriggio, per poi scoprire che si tratta di una ladra. Dall’altro lato, anche personaggi potenzialmente più importanti sono stati trattati come mezze comparse, è il caso di Alfie, il nuovo interesse amoroso di Emily.

Nuova attrazione per la protagonista, di fatto rivale di Gabriel, Alfie sulla carta sarebbe un personaggio fondamentale: avrebbe potuto – e forse dovuto – suscitare delle reazioni in Gabriel, gelosia o rancore, qualsiasi cosa. Invece, i due diventano amici e sembra che non ci sia alcun problema tra loro. Lo stesso al contrario: quando Alfie scopre che ci sono stati dei trascorsi tra Emily e Gabriel, tutto si risolve in un battito di ciglia.

Inoltre, la sua caratterizzazione è molto leggera, il pubblico non fa in tempo ad affezionarsi molto a lui, e la sua relazione con Emily non dà mai l’impressione di essere qualcosa di serio: non c’è mai storia, è scontato che alla fine Emily si renderà conto di essere innamorata di Gabriel.

La protagonista non si evolve.

Emily in Paris

Nella prima stagione di Emily in Paris non ci siamo trovati al cospetto del miglior arco di trasformazione del personaggio della storia, però Emily ha imparato tante cose, ha aggiunto esperienze al suo bagaglio e ha cambiato alcuni suoi punti di vista. Nel finale, il pubblico si è sentito arrivato alla destinazione di un viaggio compiuto con la protagonista: Emily è riuscita a tirarsi fuori da molti impicci, ha risolto la situazione e si è guadagnata il rispetto e la fiducia di chi all’inizio non avrebbe scommesso un centesimo su di lei.

La Emily del finale della seconda stagione, invece, potrebbe benissimo essere quella dei primi cinque minuti del primo episodio. Non sembra esserci stata nessuna evoluzione, nessuna grande presa di coscienza, nemmeno nei confronti di Gabriel – forse perché nulla ha mai fatto dubitare al pubblico di quali fossero i veri sentimenti della protagonista. Qual è stato il percorso di Emily? Non c’è una vera e propria risposta a questa domanda.

Alla ricetta, dunque, mancano sale ed emozioni.

I dieci episodi appena aggiunti al catalogo Netflix sono comunque divertenti e non pesa affatto guardarli uno dietro l’altro, con un bel binge-watching. Però la sensazione è che la serie non abbia osato abbastanza, preferendo riproporre scenari insipidi e già visti, spogliandosi dei propri elementi di specificità. La speranza è che, a seguito di un eventuale rinnovo, la serie possa riappropriarsi del pathos e delle emozioni che aveva saputo regalare nel suo primo capitolo, tornando a convincere nonostante le sue imperfezioni. Perché Emily in Paris ha tutte le carte in regola per andare avanti a essere la fiaba moderna della prima stagione e potrebbe sfruttare decisamente meglio il proprio potenziale.

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