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Schumacher, anatomia di una leggenda – Recensione di uno dei migliori documentari Netflix di sempre

306 gare disputate. 91 vittore. 155 podi. 68 pole position. 7 titoli iridati di campione del mondo nella classe regina dell’automobilismo. La carriera di Michael Schumacher in Formula 1 può forse essere riassunta in questi – a dir poco straordinari – numeri? Se è vero che nella storia solo Lewis Hamilton può dire di aver vinto tanto (e lo ha fatto in un’epoca profondamente differente, in condizioni talmente diverse da rendere il confronto difficile se non poco sensato), non sono queste cifre da capogiro ad aver reso il Kaiser una vera leggenda per tutti gli appassionati di Formula 1 e non solo, come prima di lui sono riusciti a fare solo Niki Lauda e Ayrton Senna. E proprio come loro, la sua esistenza è stata drammaticamente segnata da un incidente, che pur non avvenendo in pista come quello dei colleghi, ne ha alimentato il mito, come morbosamente accade ogni qualvolta qualcosa di tragico colpisce coloro che con il loro carisma, talento e duro lavoro sono già entrati nell’Olimpo dei migliori di tutti i tempi. Ecco allora che parlare di Michael Schumacher, della sua carriera e della sua vita senza cadere nella trappola dell’emotività struggente e banale e in modo da rendere davvero omaggio all’uomo dietro la leggenda diventa un’impresa complessa, in cui il rischio di diventare eccessivamente nostalgici è fin troppo concreto.

Fortunatamente “Schumacher” ci sorprende, lasciando da parte l’attenzione morbosa al dolore recente e concentrandosi sull’uomo, sul padre e marito, ma soprattutto sul pilota. Il migliore di tutti i tempi.

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Il documentario biografico si apre mostrandoci l’esordio di Michael, avvenuto a Spa 30 anni fa, quando in una sola qualifica è riuscito a imporsi all’attenzione di alcuni dei suoi colleghi più illustri, tra cui Hill, Prost e Senna. Quel ragazzino venuto dal nulla, che nessuno sembrava conoscere, era riuscito a qualificarsi settimo alla sua prima gara, su una monoposto che sulla carta non appariva certo tra le più performanti. Una sola prova e una stella è nata, piovono contratti, il mondo di Michael Schumacher cambiato per sempre.

Non bisogna farsi ingannare dal suo esordio fulminante, perché il futuro sette volte campione del mondo non era uno sprovveduto, ma un lavoratore instancabile, un pilota fin dalla prima infanzia. Ci vengono allora mostrati proprio quei primissimi anni di vita di Schumacher, sulla pista di kart gestita dal padre, mentre recuperava pneumatici usati e componenti di seconda mano per competere, per correre e fare quello che più amava. L’automobilismo è un mondo spietato, ma soprattutto è un ambiente che richiede di avere disponibilità economiche enormi per farcela e partire dal basso è un’impresa che pochi tentano davvero. Michael Schumacher non si arrende, cerca ogni scappatoia possibile per realizzare il suo sogno, aiutato anche da un talento talmente impressionante da lasciare gli avversari senza parole e da un’etica del lavoro che non lo abbandonerà mai. Schumacher ci permette di osservare i sacrifici di Michael, della sua famiglia, di ascoltare le parole del padre Rolf e del fratello Ralf mentre ricordano quei primi anni in cui la strada verso la Formula 1 sembrava una scommessa persa in partenza e tuttavia una a cui nessuno sentiva di poter rinunciare. Soprattutto Michael Schumacher.

Dall’infanzia e l’esordio Schumacher passa allora a raccontare i primi successi del Kaiser, la prima vittoria e, soprattutto, il primo campionato del mondo, segnato dalla tragica morte di Ayrton Senna a Imola nel 1994. La parte di documentario dedicata alla scomparsa del pilota brasiliano e in particolare all’impatto devastante che questa ha avuto su Michael è probabilmente una delle più toccanti e riuscite dell’intera opera, in grado di mostrare un lato inedito della vita del futuro sette volte campione del mondo. Vedere lo spericolato, aggressivo, giovanissimo Michael terrorizzato dall’idea di morire correndo e traumatizzato da quella morte così inaspettata e crudele, sentirlo rivelare che ormai non riusciva più a dormire e aveva paura di salire nuovamente sulla sua monoposto è devastante, dimostra un’emotività spesso nascosta, che abbiamo avuto modo di osservare veramente forse solo in quella famosa conferenza stampa – mostrata anche nel documentario – in cui Schumacher scoppiò a piangere una volta appreso di avere eguagliato il numero di vittorie proprio di Senna,

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Dopo i primi successi, i campionati del mondo vinti con Benetton nel 1994 e 1995, Schumacher si concentra sulla prima metà del decennio trascorso del pilota tedesco in Ferrari, i 5 anni più difficili della sua carriera di pilota di Formula 1. Vediamo un Michael alle prese con una monoposto poco costante, soccombere spesso alla pressione, mostrare alcuni di quegli atteggiamenti aggressivi in pista che ne determinano anche la squalifica dalle corse per il mondiale del 1997. Questa parte di Schumacher è forse la più ricca di interviste, vediamo i suoi avversari storici come Mika Hakkinen e Damon Hill cercare di raccontare cosa volesse dire scendere in pista e dover affrontare Michael, ma allo stesso tempo è la moglie Corinna a rivelare quanta pressione sentisse suo marito, quanta passione e quanti sacrifici compisse per raggiungere la vittoria non solo per se stesso, ma per tutti coloro che contavano su di lui. Dalle parole di Corinna scopriamo un uomo diverso da quello che i media ci hanno raccontato, ma soprattutto differente rispetto a quello che il suo stesso comportamento in pista sembrava a volte dimostrare. Vedere Michael Schumacher cantare al karaoke, lanciarsi con il paracadute, abbracciare i suoi figli, prendersi cura della sua famiglia è qualcosa di inedito, qualcosa che speravamo ci venisse mostrato ma che non eravamo certi sarebbe risultato così profondamente autentico.

Rimaniamo spiazzati quando, nell’ultimo quarto d’ora di documentario, il focus si sposta inaspettatamente dalla carriera di Schumacher alla sua vita e, soprattutto, al suo incidente. La famiglia del Kaiser ha sempre rispettato il desiderio di privacy del pilota, che ha voluto mantenere molto di sé lontano delle telecamere e questo documentario non fa eccezione, lasciando le condizioni di Michael segrete e parlandone il meno possibile. Tuttavia sentire le parole di Corinna, della figlia Gina e soprattutto del figlio Mick, attualmente alla sua prima stagione di Formula 1, mentre ricordano la loro vita con il mito, con la leggenda e con il padre di famiglia è un’esperienza dolorosa e profondamente autentica, oltre che necessariamente rivelatoria. Se tutta la prima parte di Schumacher ci mostra quanto straordinaria eppure impegnativa sia stata la carriera del più grande pilota di tutti i tempi, questa sezione finale ci sorprende per la vulnerabilità e la sincerità attraverso cui la famiglia di Michael ci lascia intravedere la loro nuova, devastante quotidianità.

Schumacher si inserisce allora tra i migliori documentari prodotti da Netflix (insieme a questi), evitando da una parte di cadere nella trappola di un’emotività stucchevole e fuori luogo, mentre dall’altra riuscendo a sorprendere e a rendere omaggio a una figura leggendaria come quella del sette volte campione del mondo di Formula 1. Il documentario può essere apprezzato tanto dai fan del Kaiser, che ne scopriranno un lato inedito, che invece da coloro che hanno semplicemente sentito nominare Michael Schumacher per anni senza mai davvero interessarsi delle sue imprese sportive o della sua figura. Che siate appassionati di Formula 1, seguaci di Schumacher oppure soltanto curiosi di scoprire qualcosa di più una cosa è certa: preparate i fazzoletti, perché guardando il documentario qualche lacrima scenderà persino sul volto dei più duri di cuore.

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