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Quelli dell’intervallo era una sitcom semplicissima, eppure è stata unica

Correva l’anno 2005 quando Disney Channel, che al tempo era probabilmente la rete televisiva più popolare per la fascia teen, propose una delle primissime produzioni originali realizzate in Italia, andando ad aprire un cerchio chiusosi pochi anni fa, quando l’emittente ha cessato di esistere. La serie in questione riscosse un enorme successo tra i giovanissimi, che per la prima volta si sentirono direttamente chiamati in causa dalla rete che più di tutte rappresentava un punto di riferimento fondamentale: stiamo parlando di Quelli dell’intervallo (che trovi oggi in streaming qui su Disney+), una sitcom italianissima che tra il 2005 e il 2008 conquistò il cuore di migliaia di ragazzini, raccontando disavventure e passaggi chiave del percorso scolastico dei suoi protagonisti, gli studenti della scuola media Alessandro Manzoni.

Per molti dei nati nella seconda metà degli anni Novanta, Quelli dell’intervallo ha rappresentato una parentesi felice nel passaggio dalla scuola elementare alla scuola media, quella che si vedeva, spesso con una punta di timore, come la scuola dei più grandi. Effettivamente, potremmo stare ore a discutere su quanto sia stato cupo il periodo delle scuole medie, ritenuto da parecchi come il “medioevo” della vita di un essere umano, ma oggi vogliamo concentrarci su una serie che, in fin dei conti, ha addolcito tale passaggio per tutti i suoi fan.

Tra freddure imbarazzanti e situazioni al limite dell’assurdo, Quelli dell’intervallo ha costruito una propria identità basandosi su alcuni semplici canoni della sitcom italiana.

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Una scena di Quelli dell’intervallo

Quelli dell’intervallo è una sitcom ambientata in una rappresentativa scuola italiana, e più precisamente nel suo androne, all’intervallo tra le lezioni. La sitcom si basava su un doppio sviluppo narrativo: uno orizzontale che ricopre l’arco delle sette stagioni, in cui i personaggi crescono e fanno emergere le proprie caratteristiche personali, e uno più verticale che riporta alla classica struttura delle sitcom, in cui ogni puntata è fine a se stessa e autoconclusiva. Quelli dell’intervallo parte da un concetto molto semplice, ossia dalla necessità narrativa di costruire e ricreare uno spazio, sia fisico che temporale, che venisse visto dal pubblico come un vero e proprio appuntamento fisso, un punto di ritrovo quotidiano.

Da qui la scelta di basarsi su canoni semplici: una camera fissa sull’androne della scuola, l’uso di archetipi riconoscibili per quei tempi (lo sfigato, il secchione, la ragazza vanitosa ecc.) e, soprattutto, la ripetizione strategica di battute e tempi narrativi. Le prime puntate utilizzavano, come abbiamo detto, una singola camera fissa che inquadrava da fuori la finestra l’androne della scuola, in mezzo al quale svettava l’immancabile busto di Alessandro Manzoni, che dagli studenti della scuola era visto quasi come un’entità integrante delle proprie vite. In realtà, con il tempo, la regia “sperimentò” un po’ di più, non limitandosi alla sola camera fissa ma mostrando anche altri ambienti.

Un esempio? La presidenza e la classe degli studenti durante l’ora della temutissima professoressa Martinelli.

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Una scena di Quelli dell’intervallo

A proposito di adulti, i pochissimi che hanno partecipato alla sitcom furono principalmente guest host, come nel caso di Pino Insegno, Francesco Facchinetti e Enzo Iacchetti, che interpretò l’imbranato padre del protagonista, Tinelli. Al di là degli ospiti, i due soli adulti che facevano parte del cast fisso di Quelli dell’intervallo erano la prof e il preside, che per parecchie stagioni non furono mai inquadrati in volto; tale scelta deriva dalla volontà di diversificare la sitcom rispetto a qualsiasi altro teen internazionale in cui veniva mostrato e raccontato il rapporto tra il mondo dei ragazzini e quello degli adulti; Quelli dell’intervallo doveva e voleva essere un’isola felice per i più piccoli, uno sguardo sul mondo dei giovani che si accingono a fare il primo passo verso la crescita e l’adolescenza.

Non c’era particolare attenzione ai dettagli “tecnici”, nel senso che non era importante dare un senso logico di fondo a interrogazioni, compiti in classe o eventi extra scolastici: Quelli dell’intervallo si limitava a raccontare la quotidianità e i primi problemi adolescenziali, ripetendo spesso e volentieri le stesse trame per arrivare all’obiettivo di creare uno spazio sicuro per i giovanissimi del pubblico, che avevano modo di rivedersi nelle puntuali sfighe dei protagonisti senza sentirsi giudicati o diversi, grazie a un realismo semplicistico ma non per questo banale.

Certo, la comicità era quella che era, ma il cast della sitcom era composto principalmente da attori giovani e alle primissime armi, perfetti per impersonare i canoni del sistema scolastico italiano.

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Una scena di Quelli dell’intervallo

Per intenderci, le battute di Nico non facevano ridere, se non in qualche isolatissimo caso, le sfortune di Tinelli erano una condanna e, francamente, nessuno credeva che tra lui e Valentina potesse nascere qualcosa, ma ci si sperava sempre. La forza principale di Quelli dell’intervallo è stata quella di riuscire a impostare un cast che dal primo all’ultimo episodio, nonostante parecchi nuovi arrivi in corsa, è riuscito a reggersi da solo, con sceneggiature basiche e senza osare troppo, ma mantenendo una linea comica dal tono rassicurante, che ha avuto il merito di far legare così tanto il pubblico al prodotto. L’omogeneità del cast ha permesso a chiunque di paragonare liberamente i corridoi del proprio istituto a quelli della scuola media Alessandro Manzoni, in cui vivevano e crescevano personalità estremamente diverse.

Tinelli era il vero protagonista, nonché l’archetipo perfetto per una sitcom come questa

Tinelli era lo “sfigato” della scuola, in tutti i sensi, perché non riusciva mai a scamparla ai compiti in classe e veniva puntualmente rifiutato da Valentina, la ragazza del suo cuore; in più, ad affiancarlo soprattutto nelle prime stagioni, c’era Dred, la spalla perfetta, un amico altrettanto menefreghista ma che riscuoteva parecchio successo tra le donne (camera fissa e duo comico alla Bitta e Nervi: da qualche parte avranno pur pescato); principalmente tutto girava attorno a Tinelli, almeno all’inizio, ma poi sono emerse altre personalità funzionali, come Secchia e Mafalda, altra coppia mai celebrata, ma anche lo Smilzo, DJ, Tommy e Bella, tutti personaggi caratterialmente opposti, ma che per questo motivo davano la possibilità di spaziare sui temi e di giocare sulle diversità relazionali.

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Dred e Tinelli in Quelli dell’Intervallo

Oggi, una sitcom come Quelli dell’intervallo dovrebbe essere rivisitata molto attentamente, perché ormai la complessità la si cerca anche in questo tipo di prodotti, in sfavore di quella leggerezza che ha invece sempre contraddistinto la produzione originale Disney. Non parliamo di una serie imperdibile o immortale, certamente, quanto più di un prodotto che ha dimostrato a tutti che, con cognizione di causa, la tv la si può fare anche con pochi semplici elementi: l’importante è trovare il modo giusto di far combaciare realismo e semplicità, soprattutto in relazione al pubblico di riferimento. Quelli dell’intervallo ebbe un grande successo in quel periodo, tanto che mise in scena un finale in stile musical, proprio per congedarsi in modo esemplare al suo pubblico e per lavorare su un altro filone (quello del musical, appunto) tanto caro a Disney Channel.

Oggi, sentire quella sigla è puntualmente un tuffo nei ricordi, ed è per questo motivo che volevamo tornare a parlarne e a rimembrare una delle parentesi più genuine della tv italiana, oltre che della vita di molti di noi.