
Un abbonamento per scoprire che Serie Tv guardare
Con così tante piattaforme e poco tempo a disposizione, scegliere cosa vedere è diventato complicato. Noi vogliamo aiutarti ad andare a colpo sicuro.
Arriva Hall of Series Discover, il nostro nuovo servizio pensato per chi vuole scoprire le serie perfette i propri gusti, senza perdersi in infinite ricerche. Ogni settimana riceverai direttamente sulla tua email guide e storie che non troverai altrove:
- ✓ Consigli di visione personalizzati e curati dalla nostra redazione (e non un altro algoritmo)
- ✓ Articoli esclusivi su serie nascoste e poco conosciute in Italia
- ✓ Pagelle e guide settimanali sulle serie tv attualmente in onda
- ✓ Classifiche mensili sulle migliori serie tv e i migliori film del mese
- ✓ Zero pubblicità su tutto il sito
In un’Irlanda del Nord segnata dal conflitto, dalla paura e dal rumore delle bombe, c’è stato spazio anche per l’ironia, l’assurdo e la forza silenziosa dell’amicizia. Derry Girls, serie televisiva di Netflix ideata da Lisa McGee, racconta proprio questo: la vita di un gruppo di adolescenti nella Derry degli anni ’90, nel pieno dei Troubles, il sanguinoso conflitto nordirlandese che ha insanguinato il Paese per trent’anni. Ma lo fa con uno sguardo nuovo, disarmante, tutto femminile. Un racconto che non si lascia travolgere dal dramma storico, ma lo osserva da un angolo inaspettato: quello della quotidianità adolescente. I protagonisti dello show, Erin, Orla, Clare, Michelle e James non sono eroine nel senso tradizionale del termine.
Sono ragazze comuni, impulsive, sboccate, insicure, sognatrici. Ma anche per questo sono rivoluzionarie. La loro ribellione non si esprime con atti di eroismo o militanza politica, ma con piccoli gesti di resistenza quotidiana. Perciò, ridono in una città militarizzata, desiderano una festa mentre crolla il mondo intorno e credono in un futuro normale anche quando tutto lo nega. Loro non combattono con le armi, ma con l’umorismo. Il sarcasmo surreale, talvolta grottesco, con cui affrontano la scuola, la religione, le famiglie opprimenti e le autorità, sia politiche che ecclesiastiche, è il vero atto di ribellione. In un contesto in cui la tragedia è costante, scegliere di ridere, di vivere un’adolescenza (qui un focus sull’adolescenza nella serie) come tutte le altre, è un gesto profondamente politico.

In un mondo polarizzato, le Derry Girls scelgono l’empatia
Sbagliano, si arrabbiano, fanno pace. Si innamorano, si vergognano, si mettono nei guai. Ma soprattutto si sostengono. L’amicizia diventa rifugio e ancora di salvezza. In un contesto segnato dall’odio settario, la loro coesione rappresenta un’utopia possibile. Sono “gentilmente” ribelli e non combattono per distruggere, ma per difendere quel poco di normalità che possono ancora avere. E il personaggio di James, “l’inglese”, è emblema di questa apertura. Di fatto, in un contesto profondamente ostile all’Inghilterra, lui viene accolto nel gruppo senza troppe domande, quasi per istinto. Nonostante la sua diversità diventa parte della tribù, proprio perché le ragazze di Derry non rifiutano il conflitto e, pur conoscendolo bene, non si lasciano definire da esso.
Inoltre, Derry Girls non nega mai la gravità del contesto. L’ombra del conflitto è sempre presente: nei posti di blocco, nei coprifuoco, nelle esplosioni, nei notiziari sempre accesi in sottofondo. Ma proprio per questo il legame (ecco le serie sulle amicizie femminili) delle protagoniste assume un valore quasi sacro. I loro drammi scolastici, i sogni di gloria, i primi amori e le piccole vendette quotidiane sono carichi di un’urgenza emotiva che va oltre il genere teen. Cercano disperatamente di vivere un’adolescenza normale, ma la loro normalità è un’illusione consapevole. Sanno che il loro mondo è diverso, ma decidono comunque di ballare, amare e sbagliare. Non c’è rassegnazione, ma una forma di resistenza silenziosa e potente.
Un aspetto delicato e profondo è la tensione tra realtà e illusione
Le Derry Girls vivono una condizione psicologica comune a chi cresce in contesti di conflitto, ossia l’esigenza di costruire una bolla dentro la quale proteggere la propria identità in formazione. Per queste ragazze, l’adolescenza non è sospesa né negata, ma vissuta come se nulla fosse, anche se il quieto vivere è, di fatto, un miraggio. È un meccanismo di difesa naturale quello di far finta che tutto sia come dovrebbe essere, per poter andare avanti. L’illusione non è menzogna, ma un’ancora emotiva. Pertanto, in questa prospettiva, anche i gesti più frivoli diventano atti carichi di significato.
A tal proposito, la loro mente decide di non cedere all’oppressione del trauma, aggrappandosi a ciò che resta dell’infanzia per sopravvivere al mondo adulto che bussa troppo presto. E in questo senso, la serie fa una cosa rara nel momento in cui non glorifica il dolore, ma ne racconta la convivenza forzata con la vita. È la celebrazione della resilienza quotidiana. Altro punto fondamentale è lo sguardo attraverso cui la storia viene raccontata. Le giovani di Derry, infatti, non sono portatrici di una narrazione ufficiale. La loro è una memoria “minore”, privata, intima, lontana dalle analisi politiche o dalle cronache istituzionali.

In un Paese internamente diviso la voce delle ragazze è trasversale
Questa tocca ciò che ci rende tutti uguali, come il bisogno di appartenenza, la paura, la gioia, la rabbia, il desiderio di essere visti e ascoltati. In questo senso, Derry Girls riscrive la Storia dal basso non dal punto di vista dei leader politici o delle milizie, ma di chi quella storia l’ha subita silenziosamente. Le ragazze attraversano il conflitto (qui le serie che parlano bene di guerra), lo assorbono, lo metabolizzano. E ciò che ne esce è una memoria corale fatta di dialoghi esilaranti, silenzi carichi, situazioni paradossali.
Così, attraverso la leggerezza, la serie non nega la tragedia, ma la ricontestualizza e la mette al servizio di una riflessione più ampia sull’identità e sulla crescita. Non a caso, un’altra lettura sottile della storia è la costruzione dell’identità in un contesto dove l’appartenenza non è mai neutra. Derry o Londonderry, secondo la denominazione unionista, è una città simbolo della frattura nordirlandese. Qui, chiamare un luogo col suo nome può già essere un atto politico. Per delle adolescenti, questo significa crescere in un mondo in cui anche l’identità personale è politicizzata fin dalla nascita.
Le protagoniste di Derry Girls non scelgono chi essere “nel vuoto”
Tutte loro sono costantemente definite da dove vivono, da quale scuola frequentano, dalla loro religione, dal loro accento, perfino dal colore del loro uniforme scolastica. Ma la loro risposta non è passiva. La loro rivoluzione soffusa è anche una forma di riaffermazione individuale in un sistema che tende a etichettare. Nel loro piccolo, con linguaggi esagerati, goffaggini e coraggio, provano a costruirsi uno spazio di identità personale che travalica le categorie imposte.
Erin vuole essere una scrittrice. Clare si confronta con la propria sessualità. Michelle esplora il proprio potere, anche se spesso in modo provocatorio. Orla vive in un mondo tutto suo, e James, outsider per eccellenza, maschio e inglese in una scuola cattolica di ragazze, diventa parte del gruppo proprio perché anch’egli è fuori posto. Pertanto, Derry Girls racconta una generazione che vuole appartenere, ma non alle etichette storiche e religiose. Aspira a qualcosa di più grande, a un futuro libero da confini rigidi, da divisioni imposte, da ruoli precostituiti. Ma non solo. Un altro spunto è l’idea che la provincia (ecco un focus sul provincialismo della serie), spesso stereotipata come periferia marginale, sia invece un luogo di creatività, fermento, e resilienza.

La vicenda è lontana dalle città britanniche grandi e visionarie
Ci troviamo, piuttosto, in una città di confine, segnata dalla storia ma anche pulsante di vita, paradossi, desideri e contraddizioni. Ed è importante notare come la serie non ridicolizzi mai Derry. Ne mostra le tensioni, le assurdità, le idiosincrasie, ma anche la vitalità tipica di un luogo della guerra, ma anche dell’anima. Tanto che le protagoniste non sono ragazze “nonostante” Derry, ma grazie a Derry, in quanto è proprio da quel contesto difficile che nasce la loro intelligenza ironica, il loro spirito critico, la loro alleanza. In questo senso, la “guerra troppo grande per loro” non è solo quella militare, ma anche quella simbolica contro la marginalizzazione dei luoghi periferici, dei giovani, delle donne.
Derry Girls diventa così una storia globale raccontata in dialetto locale, che ci ricorda come anche nei contesti più apparentemente limitati, possano nascere visioni larghe, coraggiose e profondamente umane. In definitiva, la serie è molto più che una serie comica, ma una dichiarazione d’intenti. È un’opera che restituisce voce alle vite minori e mostra come anche la leggerezza possa diventare strumento di lettura del reale. Le ragazze comuni, in un contesto straordinario, diventano simbolo di un’intera generazione che ha trovato, nei sorrisi e nell’affetto reciproco, le armi per sopravvivere a una guerra troppo grande. La loro tenue battaglia non ha cambiato il corso della storia, ma ha permesso loro di restare umane. E, in certi momenti, questa è già un’ambita vittoria.