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Derry Girls è un inno alla comicità espressiva

Avete presente quel momento esatto in cui cominciate a guardare una serie su cui avete zero aspettative, una di quelle che state guardando perché non avete proprio altro da fare e Netflix continua a proporvela con la stessa insistenza con cui i testimoni di Geova continuano a bussare alle porte della gente? Ecco, bene, il mio incontro con Derry Girls è stato più o meno così. Non avevo niente da fare… o meglio avevo un sacco di cose da fare, ma nessuna voglia di farle e continuavo a leggere nella mia homepage di Netflix questo titolo di Channel 4. Non sembrava niente di impegnativo e magari ad un occhio poco attento può anche sembrare così, ma in realtà è davvero complessa e ho amato guardarla. Tuttora, se penso al finale di questa serie, mi sale la nostalgia.

Ho guardato Derry Girls ed è stata la cosa migliore che avessi potuto fare. Sono passati anni, ormai, da quella prima stagione, anni in cui mi sono abituata moltissimo alla comicità particolarissima di questa serie tv. Ciononostante, non ci siamo mai fermati davvero ad analizzare le sue caratteristiche e le sue straordinarie particolarità.

derry girls
Saoirse-Monica Jackson, Nicola Coughlan, Dylan Llewellyn e Jamie-Lee O’Donnell (640×359)

Sì, perché dal punto di vista comico la serie di Lisa McGee è distruttiva. Distruttiva nel modo migliore in cui questo aggettivo possa essere utilizzato. Ma oltre le battute, oltre l’intelligenza nel raccontare e narrare i momenti comici, nonostante la bravura degli attori nell’interpretare e dare vita a quelle genialità, c’è un altro elemento che rende la comicità di questa comedy così spettacolare, così indimenticabile, così ben riuscita.

Ovviamente parlo dell’espressività, di quella che potremmo proprio definire comicità espressiva. Qualcosa che non siamo proprio abituati a vedere in tv o al cinema, qualcosa che si potrebbe ritrovare piuttosto in teatro. Qualcosa che però – se pensato per la televisione o il cinema – quasi potrebbe stridere con il principio su cui si basa la recitazione su schermo, ovvero “Less is more“. Certo non nel modo in cui lo fanno gli attori mono-espressivi, ma nel senso che quando hai una macchina da presa puntata addosso che coglie ogni singolo movimento, ogni singolo cambiamento del tuo viso, il troppo stroppia.

Insomma, la comicità del corpo, quella del volto, quella che va oltre la semplice battuta e una vaga smorfia sul viso. Quella che esagera, rendendosi così sfacciatamente macchiettistica, ma senza mai risultare come surreale o eccessiva, seppure sia l’eccessività fatta materia. E di questo Derry Girls è la regina, seppur non abbia ricevuto chissà quanto credito in tal senso. La triste sorte di una serie non pubblicizzata e non valorizzata quanto merita, potremmo dire.

derry girls
Saoirse-Monica Jackson, Nicola Coughlan e Jamie-Lee O’Donnell (640×359)

Prendiamo il personaggio che più di tutti in questa comedy di Channel 4 – ma distribuita da Netflix – mostra questa abilità, esprimendo con tutta la fisicità possibile la sua comicità. Parlo ovviamente di Erin. Se provassimo in qualunque momento a stoppare una scena su un suo fotogramma probabilmente avremmo una sua immagine con un’espressione decisamente marcata. Non importa di quale espressione si tratti, ma sarà marcata. Persino la noia, la nostra Erin, riesce a renderla intensamente in un modo del tutto divertente ed esilarante. È il modo in cui riesce a trasformare il suo viso esagerando ogni singola reazione che rende questo personaggio così divertente.

Aggiungiamo poi a questo talento naturale quello di avere una parte che sembra esserle stata cucita addosso, la parte della persona più polemica, fastidiosa, ma allo stesso tempo ingenua e disinvolta del mondo: il quadro è pronto e il risultato è a dir poco meraviglioso. Erin ci regala il picco dell’espressività comica nei momenti in cui è scioccata, nei momenti in cui si sta lamentando per qualcosa, in quelli in cui vede sfuggirle dalle mani ciò che desiderava.

Perché – lo sappiamo – non importa quale sia l’avventura del giorno, ai protagonisti di Derry Girls, non andrà nulla per il verso giusto. Sarà solo sul concludersi dell’episodio che troveranno una chiusura e una risoluzione al problema del momento e anche da quello ne verranno fuori sicuramente sconfitti, ma mai distrutti. Anche perché la loro bellezza sta nel non imparare mai davvero da quanto gli succede. E perché dovrebbero, i protagonisti di questa comedy sono adolescenti e come diceva un noto scrittore per ragazzi:

I giovani si credono invincibili. […] ci crediamo invincibili perché lo siamo. Non possiamo nascere e non possiamo morire. Come l’energia possiamo solo cambiare forma, dimensioni, manifestazioni. Gli adulti invecchiando, lo dimenticano. Hanno una gran paura di perdere, di fallire. Ma quella parte di noi che è più grande della somma delle nostre parti non ha un inizio e non ha una fine e dunque non può fallire.

– “Cercando Alaska” di John Green
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Saoirse-Monica Jackson, Louisa Harland, Nicola Coughlan, Jamie-Lee O’Donnell e Dylan Llewellyn

Ma ovviamente la comicità espressiva è ciò che lega tutti i personaggi di questa serie: Erin è l’esempio più lampante, ma non è l’unica. Pensiamo a Claire la cui disperazione è così drammaticamente dipinta sul suo viso e che anche nel momento del suo primo bacio: nonostante l’entusiasmo del momento, vediamo con quegli occhi spalancati, la bocca semi aperta per l’incredulità e nel complesso nemmeno un accenno di felicità. Non nell’immediato almeno e basta questo per scatenare una risata, per farci ridere di gusto. Idem per Michelle la cui frustrazione, la cui rabbia è perennemente dipinta sul suo viso, così come l’eccitazione e l’entusiasmo nel momento in cui si fa venire una delle sue idee folli e completamente idiote.

La vediamo sul viso sempre sconcertato di James, unica voce pseudo-coscienziosa del gruppo che mostra la sua disperazione e il suo malcontento per le idee delle amiche in ogni istante di Derry Girls, espressione di cui, però, non riusciamo proprio a fare a meno. E idem per Orla. Orla che sembra sempre così fuori dal mondo, così sconnessa rispetto all’universo in cui vive, eppure così esilarante. Questa caratteristica non è solo tipica dei personaggi principali, ma anche di quelli secondari. Iconica è anche la comicità espressiva di Suor Michael: il suo è un personaggio caratterizzato da battute brevi e taglienti, essenziali, ma efficaci. Il resto della comicità la fa la sua espressività, la sua mimica facciale. E trovo che sia assolutamente geniale.