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Dear White People è una lezione di attualità a cui tutti dovremmo partecipare

Quando si parla di razzismo non è facile evitare frasi retoriche e scontate. Nel primo mese del 2021 non c’è niente che non sia già stato detto o approfondito. Lo scorso anno è stato cruciale anche da questo punto di vista: le rivolte Black Lives Matter, e più in generale la caduta di Trump, hanno rappresentato dei picchi di disuguaglianza decisamente alti che hanno riportato l’attenzione, soprattutto dei media, sulla condizione degli afroamericani in particolare. Dear White People è una serie statunitense diretta da Justin Simien che aveva già lavorato all’omonimo film. In un’ambientazione contemporanea, seguiamo le vite di un gruppo di studenti afroamericani iscritti alla prestigiosa Università Winchester frequentata principalmente da ragazzi bianchi e privilegiati.

Nonostante ogni episodio venga affrontato dal punto di vista di uno dei protagonisti a rotazione, la serie nasce con Samantha White e il suo programma radiofonico “Miei carissimi bianchi”. Lei è figlia di una coppia mista e la sua carnagione è mulatta, più chiara di altri suoi amici come Reggie o Joelle. Questo particolare, che può sembrare banale per chi non vive la discriminazione etnica sulla propria pelle, è tutt’altro che un aspetto secondario e in Dear White People viene utilizzato come spunto di partenza per aprire gli occhi su un elemento importante. Il colore della pelle, e soprattutto la sua pigmentazione, è un nodo cruciale nelle vite di questi ragazzi. Coco, ad esempio, nel quarto episodio della prima stagione ricorda un evento accadutole da bambina. Quando a scuola arriva il momento della ricreazione, le altre bambine lasciano a lei la bambola brutta con cui giocare, ovvero l’unica con la pelle scura di tutto il cesto. Samantha invece si renderà conto di subire un trattamento diverso a causa della sua etnia solo più avanti con l’età.

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Sempre nella prima stagione c’è un importante episodio che porta alla luce diversi fattori d’attualità. La festa annuale organizzata dagli studenti dell’università ha come tema le icone nere americane come Beyoncé o Kanye West. Tuttavia i partecipanti e la festa stessa sono profondamente irrispettosi della cultura afroamericana, in quanto non la celebrano, bensì la ridicolizzano, stereotipando il suo stile e il suo background. Il principale motivo di indignazione dei ragazzi nel gruppo di Sam è un fenomeno forse ancora poco discusso: la blackface.

Blackface è il termine che indica uno stile di trucco non realistico marcato su persone bianche per assumere le sembianze delle persone nere in modo quasi parodistico.

Il messaggio che passa ovviamente non è per niente positivo, dato che l’uso di questa pratica nasce insieme alla necessità di rappresentare persone di colore sul palco del teatro che all’epoca non ammetteva attori se non bianchi. Sempre alla sopracitata Coco capita un evento quantomeno spiacevole. Al suo arrivo alla festa un ragazzo ubriaco, che è appena ruzzolato dalle scale, le chiede come ha fatto ad ottenere un colore così omogeneo passandole anche un dito sul viso prima di rendersi conto che è la sua pelle. Qualche momento dopo lei incontra Sam che sta riprendendo la festa per documentarla e si lascia andare a uno sfogo.

Spendono milioni di dollari per le labbra, per le lampade, per rifarsi il c**o e per i biglietti di Kanye West perché vogliono essere come noi. E che lo siano, per una sera.

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Nonostante lei sia ben conscia della mancanza di rispetto verso il suo popolo e la sua cultura decide di lasciar correre e di permettere ai suoi compagni di divertirsi in quella serata senza prendersela troppo a cuore. Stile di pensiero ovviamente in netto contrasto con quello di Samantha che invece partecipa alla festa solamente per riprenderne gli avvenimenti e denunciare quanto sia spregevole una serata del genere, il che porta le due ragazze ad allontanarsi sempre più.

Praticare la blackface, per quanto ci possa sembrare assurdo all’interno di un’università, è stato anche sotto i nostri occhi in Italia. Nel 2020, in un noto programma televisivo nostrano, è stato mandato in onda uno spettacolo in cui un attore interpretava il rapper Ghali con le treccine lunghissime e colorate e una falsa abbronzatura. Qualche giorno dopo è stato lo stesso Ghali ad esporsi tramite diverse storie Instagram spiegando come l’argomento blackface sia delicato e da non sottovalutare. Il cantante aggiunse anche che è totalmente superfluo visto che si potrebbe cogliere l’occasione per dare spazio ad altri artisti non bianchi.

Sam, dopo la litigata alla festa con Coco, aveva fatto circolare nel suo programma radiofonico la frase del suo sfogo. Coco, la quale si sente riecheggiare nell’androne della mensa, si precipita da Samantha dicendole che il suo programma potrebbe fare davvero successo se solo fosse condotto da una vera sorella nera. All’interno della stessa black community, quindi, ci sono discriminazioni contro chi è più lighted skin e le varie gradazioni non vengono messe sullo stesso piano. Chi ha una pelle più chiara viene visto come privilegiato rispetto agli altri poiché sembra ottenere maggior successo data la sua vicinanza con la carnagione bianca.

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Un altro tema che emerge dagli episodi di Dear White People è come il razzismo stesso venga spesso sminuito e banalizzato.

Non sono solo gli atti estremi e più eclatanti ad essere considerati razzisti, ma esiste tutto un microcosmo che si definisce con la parola microaggressioni. Sono degli attacchi diretti o indiretti verso una persona (principalmente appartenente a dei gruppi etnici, ma non solo) che sono delle vere e proprie discriminazioni e sono il simbolo di un razzismo sistemico che persino Sam, in Dear White People, con il suo programma fatica a combattere. Una frase esemplificativa di questo concetto è una domanda che gli stranieri in Italia, da qualunque parte essi provengano, si sentono dire: “Però, complimenti! Lo parli bene l’italiano”.

In Dear White People i riferimenti attuali sono molteplici, come la difficoltà per le coppie miste di farsi accettare evitando commenti e luoghi comuni. All’inizio Sam ha una relazione con Gabe che è un ragazzo bianco e fatica a dirlo al suo gruppo. Non tanto per la paura del giudizio di chi le vuole bene, ma perché frequentare una persona così lontana dalla loro collettività può avere dei riscontri spiacevoli, soprattutto per un gruppo di attivisti come loro. Gli argomenti di cui trattano spesso nelle loro riunioni riguardano l’oppressione della comunità afroamericana da parte dei bianchi e potrebbe sembrare ipocrita che la loro leader ne frequenti uno. Tuttavia le relazioni miste sono evitate anche dagli stessi ragazzi neri che dicono di vedersi in coppia solo con altre persone della loro stessa etnia.

Questi atteggiamenti e le diverse sfumature, che una serie basta sul razzismo come questa presenta, sono ciò che dovremmo iniziare a guardare con più attenzione se ci vogliamo aggiudicare un futuro senza discriminazioni e Dear White People ne è la prova.

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