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Benvenuta nei nostri incubi, Dark

Dark, Serie Tv di produzione tedesca distribuita da Netflix, ci ha già conquistato. Sebbene l’idea di partenza non fosse di certo originale (la città tranquilla con la fabbrica minacciosa a due passi, in cui scompaiono ragazzini, in cui nessuno dice la verità: quante campane vi fa suonare in testa?), la storia riesce a costruirsi una sua dignità e una sua coerenza senza bisogno di strizzare troppo l’occhio alle grandi produzioni entrate nella storia del genere noir fantascientifico. Due fra quelle scomodate per un confronto prematuro con Dark sono Twin Peaks e Stranger Things. Vi avvertiamo subito che noi, queste affinità, non le abbiamo trovate. O meglio, non sono così tante come potrebbe sembrare: il filone di derivazione, se proprio vogliamo trovarne uno, è più quello che ha dato i natali a Serie come Les Revenants, Trapped, True Detective, Wayward Pines.

Serie Tv ambientate in un mondo chiuso, in cui tutti si conoscono e nessuno sa chi è davvero l’altro. In cui l’elemento naturale è fondamentale, così come lo è il mondo degli adolescenti, non sempre più puro e onesto di quello degli adulti, in cui l’elemento surreale e comico che caratterizza sia Stranger Things che Twin Peaks 1 e 2 viene messo da parte per dipingere una società cupa, minacciosa, con personaggi capaci di inquietare con uno sguardo. Momenti di puro brivido, misteri somministrati col contagocce che, proprio come la lugubre tortura, ci scavano dentro alimentando la nostra ansia.

Dark

L’esordio di Dark ci porta in un mondo in cui il deja-vu è di casa, perché il tempo non è una linea retta, percorribile in una sola direzione, ma è piuttosto come una intricata matassa che dobbiamo dipanare, e che ci ripropone sempre gli stessi, dolorosi, nodi. La scomparsa del piccolo Mikkel, aspirante prestigiatore, sulle tracce dello scomparso Erik, e la sparizione di Mads trent’anni prima; eventi che si ripetono e si inseguono in una linea sotterranea che passa per le misteriose e inquietanti grotte nel bosco, e che conduce alla minacciosa centrale nucleare che incombe sulla tranquilla Winden, che si risveglia dal suo torpore e dalla sua doppia vita di relazioni segrete quando la storia capitata decenni prima torna a bussare alla porta.

Dark sceglie di rivelarci subito che “la domanda non è dove, ma quando”: il nodo di questa stagione è il tempo, la sua manipolazione, gli eventi che possono accadere sotto i nostri occhi senza che noi ce ne accorgiamo. Come spostare un oggetto da sotto un bicchiere a un altro in un gioco di prestigio: come sparire nel nulla, come riapparire nel posto sbagliato, nel tempo sbagliato.

Dark

Le prime due puntate di Dark non hanno fretta di sciogliere i nodi, preferiscono farceli intravedere nella matassa contorta che è questa storia: gli eventi e gli elementi utili a ricostruire il quadro sono presentati con parsimonia, usando sapientemente la suspance e l’adrenalina nella prima puntata per poi  calmierare il tutto nella seconda, che si conclude comunque con un colpo di scena decisamente spiazzante. L’ambientazione della Serie, una cittadina di provincia immersa nei boschi, martoriata da una pioggia battente e da un cielo sempre grigio e senza la luce del sole, contribuisce a dare alla Serie un’aura malata, cupa, desolata. Le riprese di luoghi aperti o chiusi spogli, senza persone, immobili nella loro luce grigia, danno l’idea di immobilismo, di decadenza; sensazione che bene si sposa con i momenti più adrenalinici.

Dark

Un omaggio decisamente chiaro a Twin Peaks lo vediamo nelle spettacolari riprese dei pini della foresta dall’alto, ed echeggiano diversi richiami a Stranger Things (la luce che salta, le spedizioni dei ragazzi nella foresta, la mappa da decifrare, l’entità incombente della centrale). La rarefazione dei dialoghi, volutamente scarni e in alcuni casi addirittura stereotipati, ci immerge con la loro banalità in un mondo immobile e inquietante. Unico tasto dolente fino a ora, la recitazione non sempre all’altezza della qualità della produzione: abituati come siamo al livello di produzioni per certi versi simili come True Detective, lo scarto si vede.

Per fortuna nostra e di Dark, un difetto minimo in una marea di aspetti positivi, tra cui anche la colonna sonora, calibrata in modo sapiente per farci salire un’ansia pazzesca e subito dopo una malinconia sconfinata. E sempre in tema di musica, uno degli aspetti che fanno schizzare Dark in cima alla lista delle Serie Tv rivelazione dell’anno, e che sa catturare lo spettatore fin da subito, è la sigla di apertura: la magnifica Goodbye di Apparat, accostata alle immagini caleidoscopiche e spesso talmente indecifrabili da essere inquietanti, è un vero trionfo dei sensi.

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Attendiamo di scoprire cosa accadrà al piccolo Mikkel, tornato a casa sì, ma nell’anno sbagliato; siamo sulle spine per scoprire il contenuto della misteriosa lettera del padre suicida di Jonas, ci chiediamo che cosa ci sia dietro ai misteriosi esperimenti condotti su Erik nella camera con quella infantile carta da parati, e vogliamo sapere chi sia lo sconosciuto incappucciato, in possesso di un misterioso oggetto. Altri misteri si aggiungeranno, lo sappiamo: Dark è un enigma da risolvere, un gomitolo intricato da dipanare, che sgorga il suo umore nero come la pece attirandoci a sé in un buco nero di misteri.

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