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Gli anni 90 di Cruel Summer sono spettacolari, ma la trama?

Segreti, bugie, aspirazioni, invidie. La voglia di fuggire, l’imprudenza innocente di chi è cresciuto sempre protetto, il desiderio alienante di essere chi non si è, la paura di essere scoperti. Cruel Summer è tutto questo e anche di più. Più che un thriller mascherato da teen drama, come è stato spesso definito, è una grottesca rappresentazione della psicologia umana mascherata da thriller e da teen drama. (Non a caso, infatti, è tra le migliori serie tv drammatiche del 2021).

La storia si dirama tra tre archi temporali: 1993, 1994, 1995.

Nel 1993 Kate Wallis e Jeanette Turner vivono le loro vite normalmente, cercando di districarsi tra problemi con gli amici e la voglia di ribellarsi e quella di sfuggire all’opprimente controllo familiare. Alla fine dell’estate di quell’anno, Kate Wallis scompare. Un anno dopo,  viene ritrovata prigioniera nel seminterrato del suo vicepreside, morto con un colpo di pistola. Kate cerca di tornare a vivere in un mondo che intanto è andato avanti mentre lei era ed è ancora bloccata in quella casa; Jeanette intanto vede le sue conquiste andare in frantumi: in assenza di Kate, Jenny ha finalmente avuto la sua occasione per scalare la scala sociale, diventare popolare e conquistare perfino l’ex di Kate, di cui era stata sempre innamorata. Ad agosto, Kate denuncia Jeanette Turner di averla vista mentre era prigioniera e di aver taciuto di proposito. Nel 1995, l’estate è fredda e sconsolata. Jeanette è la persona più odiata d’America, Kate cerca di tirare avanti come può, rinnegando tutto ciò che era stata prima. Intanto, la Turner contrattacca e la denuncia per diffamazione. Infine, il processo e la verità.

Il ‘93 è l’età dell’innocenza e dell’innocenza perduta. È ancora tutto luminoso, colorato. Il mondo un’infinità di occasioni. Kate vive la sua vita nella bambagia, Jeanette nel puritanesimo.

Il ‘94 è leggermente desaturato. Un solo anno e il mondo è cambiato, ma non del tutto. È il principio della fine, mentre si guarda al passato nella speranza che per magia si possa tornare indietro, tutto come prima.

Il ‘95 è l’anno della verità dolorosa, del sudiciume che ormai copre tutto e tutti, rendendo la realtà difficile da sopportare. Il passato è irraggiungibile è il futuro una macchia nera. La scala di grigi delle scene di quell’anno funge da monito: non esiste giusto o sbagliato, i confini sono labili. Nessuno è pienamente innocente e nessuno assolutamente colpevole.

Attraverso un uso della fotografia che parla da solo, che ammicca allo spettatore facendogli capire di guardare sotto le apparenze, Cruel Summer realizza dei contrasti tra i suoi anni 90 che stridono e si compenetrano.

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Viene così rappresentata quell’epoca, che con la sua cultura e stile non smette di influenzarci. Eppure è ormai lontana, irraggiungibili per la loro tecnologia e moda superata. Per le possibilità limitate.

Gli anni 90 di Cruel Summer sono spettacolari, ma la trama un po’ meno. È davvero così?

La trama di Cruel Summer è forse più lineare di quanto ci si possa aspettare. Non ci sono poi grandi colpi di scena. La scoperta che la prigionia di Kate fosse iniziata piuttosto come una fuga d’amore, al riparo dal resto del mondo, arriva quasi senza scossoni, semplicemente confermata dagli indizi lasciati allo spettatore come briciole di pane. E perfino la sconvolgente notizia che a scorgere Kate dalla finestra fosse l’arrabbiata e rancorosa Mallory invece della “ladra di vita” Jeanette era prevedibile.

Questa serie non sembra puntare tutto sul mistero, sull’intrigo che risulta essere meno ingarbugliato di quanto si prospettasse all’inizio. È un thriller con poche scene di suspense, pochi cliffhanger, pochi deus ex machina che risolvano con una scena a effetto il grande enigma del rapimento di Kate.

Ed è proprio questo che lo rende vero, godibile, sinistramente piacevole e con la mostruosa capacità di agitare lo spettatore.

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Non è la trama in sé ad aver reso questa serie una delle migliori rivelazioni di Amazon Prime Video, ma i suoi personaggi e il modo in cui si barcamenano per camminare su quel sottile filo che li collega al nodo della matassa. Tutti funamboli, equilibristi senza prospettive, perché il futuro gli è stato rubato e quel nodo, che diventa sempre più massiccio, oscura la luce. Le loro vite sono sospese su quel filo, sospesa a un filo è anche la loro sanità mentale e rischia di lasciarli precipitare in un baratro profondo.

La storia così si concentra piuttosto sulla vita prima e dopo il rapimento di Kate, sui precedenti e sulle conseguenze più che sulla tragedia in sé. Ogni personaggi annaspa, tenta di restare aggrappato alle poche cose o affette che possiede, mentre nella testa si affollano pensieri che hanno a che fare con la propria situazione familiare, ì propri vissuti di inferiorità o di aspettative troppo alte, delusioni e vendette.

L’unico vero colpo di scena arriva quando ormai il mistero è svelato, quando il nodo è stato sciolto e ognuno torna a vivere la propria esistenza in equilibrio su quel filo, tentando di allontanarsi da quel dramma il più possibile. Ormai è chiuso il caso, l’arcano scoperto. Possiamo tirare un sospiro di sollievo, ognuno va via con la sua buona dose di traumi, ma tutto sommato è andata meglio del previsto. Ed è proprio a quel punto che invece la trama ci regala quel momento di suspense e di svolta, tutta l’ansia dei cliffhanger concentrarti in quell’istante. Un flashback. Jeanette mesi dopo Natale entra in casa di Martin, in uno dei suoi ormai abituali giri adrenalinici. E la sente: Kate chiama aiuto, implora di essere liberata, ascoltata, prega di non essere lasciata sola con i mostri nella sua testa e quello dentro casa. Jeanette ha un attimo di esitazione. Il suo primo istinto è di aiutare la povera vittima. Ma quell’istinto lo reprime e maliziosamente guarda in camera, rifiutandosi di permettere a Kate di tornare e riprendersi quello che aveva finalmente conquistato.

La cosa più raccapricciante è che, in fondo, Jeanette è solo un’adolescente estremamente egoista che commette un errore di quelli così grandi da essere inconfessabile, senza rifletterci troppo, non riuscendo a pensare ad altro che a se stessa. Condannando Kate a vivere ancora in quell’incubo e se stessa a un’esistenza completa in apparenza, ma corrosa dalla colpa e dal marcio di un segreto terribile.

Cruel Summer non è una serie perfetta, la cui trama – osservandola con maggiore criticità – sembra carente dal punto di vista dello sviluppo del mistero principale e della storia in sé. Ma in realtà il vero mistero sono le due ragazze protagoniste e la loro storia, la loro evoluzione e psicologia. E riesce così a dare un inquietante scorcio sulla mente umana, sulle sue debolezze e sui pensieri e le azioni più deplorevoli che, a vari livelli, ognuno partorisce. Alla fine della visione ci diciamo soddisfatti, coinvolti, commossi e anche profondamente turbati, necessitando di raccogliere le idee su quanto abbiamo appreso.

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