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Crashing: quando Phoebe Waller-Bridge non era ancora Fleabag ma in fondo lo era già

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Crashing.

Quando si parla di Phoebe Waller-Bridge, la prima serie tv che viene in mente è sicuramente Fleabag, una dramedy innovativa, brillante e commovente che ha saputo rapire sia il pubblico che la critica. Un vero e proprio cult del genere, lo show si è conquistato numerosi premi nel corso degli anni, fra cui troviamo due Bafta Awards, quattro Emmy e due Golden Globe. Tutti riconoscimenti che hanno messo in luce il talento della Waller-Bridge, la cui scrittura originale e incisiva ha saputo unire il tagliente humor inglese con un’intima comprensione dell’animo umano. Tuttavia, prima che venisse travolta dall’enorme successo di Fleabag, l’autrice inglese aveva già dato prova del suo genio con Crashing, una miniserie di soli sei episodi che merita sicuramente di essere recuperata (la potete trovare su Netflix).

Leggera e dal tipico stampo british, Crashing è il racconto di un gruppo di giovani scapestrati che, a fronte di un canone d’affitto ridotto, decidono di vivere come guardiani di un vecchio ospedale abbandonato. E sia chiaro, “guardiani” e non “abusivi”, come verrà sottolineato più volte dalla rigida Kate. È proprio in questo contesto così inusuale che si intrecciano le storie dei sette protagonisti, sei ventenni e un uomo di mezza età che si rincorreranno l’uno l’altro in una a dir poco bizzarra giostra, fra urla, sarcasmo, festini alcolici e cene disastrose. Uno scenario assurdo ed estremamente esilarante, reso irresistibile dall’umorismo pungente di Phoebe Waller-Bridge. Così come da un realismo che talvolta non troviamo nelle sit-com.

Siamo infatti di fronte a uno prodotto in cui i personaggi non possono permettersi appartamenti spaziosi, in cui i triangoli amorosi non finiscono bene, e in non manca mai una buona dose di scorrettezza e volgarità.

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Insomma, un quadro che invece che soffermarsi sugli stereotipi del genere, decide di mostrarci le reali difficoltà affrontate dalla gioventù londinese, fra amicizie, amore, lavoro e il mercato immobiliare della capitale inglese. Crashing diventa così il riflesso di una generazione allo sbando, di figure che oltre ad abbracciare le proprie stranezze, sono consapevoli della propria tristezza. Così come del desiderio di creare connessioni significative, in modo tale da trovare quella stabilità da cui sembrano voler fuggire, ma di cui in fondo hanno tremendamente bisogno.

Attraverso un linguaggio fresco e incisivo, l’autrice riesce dunque a illustrarci sia le gioie della giovinezza che i disagi vissuti dai protagonisti. Ed è proprio in loro che troviamo l’anima dello show. Nonostante gli episodi siano brevi, grazie a un’impostazione corale c’è infatti abbastanza spazio per soffermarsi su ognuno di loro, permettendo così al pubblico di conoscerli e affezionarsi a loro. Di apprezzare non solo la loro comicità, ma anche una ricerca di sé che si concretizzerà nei momenti in cui riusciranno a essere sinceri e vulnerabili.

Pur non proponendo niente di particolarmente innovativo, questa comedy trova il suo successo nella sua brillante esecuzione.

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Nella sua location originale, così come nella forte caratterizzazione dei suoi personaggi: Lulu e il suo spirito libero, Kate e la sua rigidità, Sam e le sue tendenze autodistruttive, Fred e la sua dolcezza. La Waller-Bridge riesce a catturare sin da subito la complessità di questi personaggi, senza avere paura di mostrarci il bello e il brutto di ognuno di loro. Basti pensare a Lulu, un’adorabile mascalzona che cerca in tutti i modi di non fare i conti con la sua vulnerabilità (finendo così spesso per ferire il prossimo). O a Sam, un incorreggibile donnaiolo che, dietro al suo atteggiamento sguaiato e tagliente, nasconde sentimenti profondi che non sa come affrontare.

È grazie a queste sfumature se i personaggi risultano credibili, oltre che meravigliosamente accattivanti. Così come lo sono i rapporti umani che costruiscono durante la loro convivenza forzata. Con l’arrivo di Lulu a Londra, lo show ha infatti la possibilità di esplorare vecchie e nuove dinamiche. La complicità fra Lulu e Anthony, amici di vecchia data uniti da sentimenti molto più profondi di quanto vogliano ammettere. La tenera e bizzarra amicizia fra Sam e Fred, l’ambigua ossessione di Melody per Colin. Nonostante le loro differenze e le problematiche alla base di molte delle loro interazioni, questi protagonisti finiscono per gravitare l’uno verso l’altro, costruendo dei legami che, grazie alla geniale scrittura dell’autrice, non risultano mai scontati o schiavi dei tropes del genere.

Invece di salvaguardare la felicità di Anthony, Lulu fa di tutto pur di sabotare la sua relazione con Kate. È Sam, l’incallito eterosessuale a innamorarsi del timido Fred, e non viceversa. E che dire di Melody e Colin? Solo la Waller-Bridge poteva proporci una storyline incentrata su un’artista francese con “daddy issues” che trova la sua musa in un uomo di mezza età.

Brillante, tagliente e dall’humor nero, Crashing pianta i semi che avrebbero poi consacrato la carriera dell’autrice poco dopo.

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Già in questa miniserie assistiamo infatti all’unione fra la dimensione introspettiva e quella teatrale: mentre la prima offre una profonda riflessione sulla vita e l’imprescindibile legame fra presente e passato, la seconda si sofferma invece sull’incontro fra la commedia e l’equivoco, in una sorta di teatro dell’assurdo che ci ha fornito innumerevoli risate. Ed è così che, nel giro di soli sei episodi, Phoebe Waller-Bridge di parla con originalità di sesso, amore, amicizia e delle incertezze della gioventù. Del dolore e delle distrazioni che usiamo per evitare di affrontarlo. Delle verità che cerchiamo di ignorare, così come della libertà che riconquistiamo una volta che lasciamo andare le limitazioni che noi stessi ci eravamo imposti.

Coinvolgente e incalzante, Crashing ha tutti gli elementi che poi hanno sancito il successo di Fleabag: situazioni sopra le righe, un’analisi attenta dell’esperienza umana, tanto alcol e dialoghi senza censura. Così come personaggi sboccati, ugualmente assurdi e realistici. Nella Lulu di Crashing c’è molto della sarcastica protagonista di Fleabag: siamo infatti di fronte a uno spirito libero che cerca costantemente di sfuggire da se stessa, fra canzoni della verità eseguite all’ukulele e seduzioni a colpo di salopette troppo strette. Kate invece andrebbe sicuramente d’accordo con Claire, con la quale condivide la stessa rigidità e senso di responsabilità. E pur non avendone la stessa profondità e ricchezza emotiva, Anthony è chiaramente il precursore dell’amato Hot Priest di Andrew Scott.

Dunque, se avete amato Fleabag, non potrete che innamorarvi anche di Crashing.

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Un prodotto la cui forza non sta solo nella sua comicità e comprensione dell’animo umano ma anche nel suo meraviglioso cast. Oltre alla fenomenale Phoebe Waller-Bridge, non possiamo non citare Jonathan Bailey (qui 7 curiosità sull’attore), uno dei volti più promettenti della scena inglese che, grazie al suo Visconte in Bridgerton, si è fatto conoscere da un pubblico più ampio. E che dire di Louise Ford (Kate), Damien Molony (Anthony), Julie Dray (melody) e Adrian Scarborough (Colin)? Interpreti brillanti che hanno saputo catturare alla perfezione lo spirito di questo gruppo d’incorreggibili scalmanati. Di giovani allo sbando che non hanno potuto che conquistarci, nonostante il nostro tempo con loro sia stato incredibilmente breve.

Se dobbiamo trovare un difetto in Crashing sta proprio nella sua durata. Come tanti altri prodotti british, la serie ha infatti una sola stagione, sufficiente per farci innamorare della storia e i personaggi ma fin troppo pochi per soddisfare il nostro bisogno di risate ed emozioni. Nonostante nel finale si percepisca un senso di chiusura, dobbiamo ammettere che sarebbe stato meraviglioso assistere per almeno un’altra stagione alle disavventure di Lulu & Co.. Al percorso che avrebbero intrapreso insieme e individualmente dopo aver lasciato quell’ospedale che aveva intrecciato le loro vite.

Purtroppo, Crashing ci ha sedotto con la sua originalità per poi abbandonarci.

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Perché d’altronde, pur non avendo la stessa complessità e profondità di Fleabag, questa miniserie ha comunque un fascino tutto suo, un che di familiare che ne rende la visione piacevole e confortante. Nonostante prendano piede in un contesto decisamente bizzarro, le vicende di Crashing appartengono infatti a un mondo che gli spettatori possono comprendere. Le difficoltà della vita di tutti i giorni, le problematiche dei rapporti di coppia, l’incertezza del futuro. Così come i disagi, le stranezze e le idiosincrasie che, oltre a rendere i protagonisti irresistibili (o detestabili), molti spettatori possono ritrovare dentro di sé.

Dunque, che altro dire? Brillante e incisiva, Crashing è un gioiellino che non potrà che rimanervi nel cuore. Un prodotto che forse avrebbe meritato una o due stagioni in più ma che, anche con soli sei episodi, è riuscito a lasciare il segno. A creare una dimensione in cui, fortunatamente, potremo sempre fare ritorno quando sentiremo la mancanza dei property guardians più folli di Londra.

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