5) Caleb
La sconfitta di Buffy contro Caleb è un passaggio preciso in cui l’intera impalcatura della sua identità comincia a cedere.
E non c’è niente di simbolico o mitologico in questo cedimento, almeno non nel modo in cui la serie lo ha mai raccontato finora. Buffy sbaglia, perché rede di sapere qual è la mossa giusta, guida il suo gruppo dentro a un combattimento che ritiene necessario, e invece li manda dritti dentro a una trappola.
In quel preciso istante, per la prima volta da tanto, emerge la fallibilità della nostra protagonista. Convinta di essere nel giusto, Buffy agisce seguendo il proprio istinto e mettendo tutti in pericolo. La sicurezza della Cacciatrice le si rivolge contro perché Caleb non è come gli altri nemici che ha affrontato in passato. È violento, ideologico, impastato di un odio antico e marcio, il suo obiettivo è minare ala sicurezza di Buffy, facendola sentire inutile, piccola, presuntuosa. E per un breve momenti, lei crede a tutto questo. Sente che lui ha ragione, e anche se non lo ammetterà neanche a se stessa, qualcosa dentro di lei si spezza.
Da lì in poi, il mondo attorno a lei crolla. È come se sapesse, in fondo, che per troppo tempo ha avuto la presunzione di prendere tutto, di poter occuparsi di ogni cosa senza conseguenze. Il primo scontro con Caleb l’ha fatta vacillare perché ha toccato il centro della sua identità. Ma la cosa più importante di tutta questa storia è che Buffy, a un certo punto, decide di tornare. Torna perché capisce che non deve più combattere da sola, e che essere leader non significa avere sempre ragione, ma sapere quando è il momento di ascoltare.
