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6 parole in romanaccio che abbiamo imparato grazie a Boris

2) Bucio de cu*o

Boris

Martellone, che dovrebbe portare avanti la linea comica in Gli occhi del cuore, lo ripete di continuo. È il suo tormentone. L’espressione, piuttosto volgare, è usata in diversi contesti e indica, sostanzialmente, l’ano. Farsi ‘rodere er bucio del cu*o’ significa sostanzialmente ‘rosicare’, cioè rodersi per la rabbia. ‘Avere bucio de cu*o’ o semplicemente ‘bucio’, viceversa, è sinonimo di fortuna sfacciata (“Che bucio!”). ‘Farsi il bucio’ è, poi, nient’altro che farsi in quattro (‘rompersi il sedere’ dalla fatica).

Tutte le espressioni affondano nell’uso volgare, diffuso nel vernacolo romano, di parti anatomiche, spesso sessuali, con diverse accezioni. Se ‘cu*o’ è più legato al senso apotropaico, ‘ca**o’ è invece usato in senso negativo. ‘I ca**i’ diventano così delle richieste pressanti o degli impegni fastidiosi. Mentre come intercalare ‘ca**o’ assume il significato di rafforzativo (‘Ma che ca**o fai?’) o di nullità (“Non vali un ca**o“) e disinteresse (“E sti ca**i!“, per dire “E che mi importa!”). Espressioni, queste, molto più diffuse ed entrate nel parlato quotidiano nazionale (o quasi). Per questo Martellone afferma che “Bucio de cu*o era uno spettacolo chiaramente di sinistra, no? Io invece stavolta vorrei fa ‘na robba un po’ più tradizionale, più conservatrice, vorrei chiamarlo E ‘sti ca**i?”. Molto “di destra” proprio per il carattere perentorio e menefreghista (pensiamo al “Me ne frego”, motto fascista).

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