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Le migliori tecniche di ripresa cinematografica simulate in BoJack Horseman

Abbiamo elogiato BoJack Horseman sotto molti aspetti, ammirato il modo in cui riesce a raggiungere il pubblico e a trattare temi delicatissimi con ironia, carattere e originalità. Questa serie è senza alcun dubbio un piccolo capolavoro dal punto di vista contenutistico: la cura dedicata alla definizione e allo sviluppo dei personaggi, la trama ben congegnata e lo spessore emotivo dimostrano una capacità di scrittura davvero lodevole. Non dobbiamo però tralasciare la qualità tecnica di questo prodotto televisivo. Pur essendo una serie animata, infatti, BoJack Horseman si distingue anche per le sofisticate scelte intraprese dalla regia. Le tecniche cinematografiche qui simulate superano i limiti delle due dimensioni, trasformando un semplice cartone animato in qualcosa di concreto, verosimile e denso di emozioni.

L’utilizzo del piano sequenza in BoJack Horseman

BoJack Horseman

In ogni singola puntata della serie è possibile individuare moltissime delle principali tecniche di ripresa tipiche del mondo cinematografico. Sin dai primissimi momenti della sigla d’apertura possiamo notare l’utilizzo del deep focus, in cui i vari piani dell’inquadratura sono contemporaneamente messi a fuoco (con BoJack in primo piano, gli altri personaggi in posizione centrale e Hollywoo sullo sfondo), dell’establishing shot, in cui si mostra chiaramente il luogo dell’azione o della ripresa aerea. Queste sono solo alcune delle principali tecniche adottate normalmente dalla regia, e le possiamo riconoscere in tantissimi episodi.

Ancor più peculiare è l’uso del piano sequenza (o sequence shot) in diverse scene, ad esempio nell’iconico caso di Free Churro, la puntata della sesta stagione che ha permesso la nomination agli Emmy Awards di BoJack Horseman (come vi raccontiamo meglio in questo articolo). La regista della serie, Amy Winfrey, ha paragonato questo episodio a un haiku giapponese, spiegando la sua preferenza per un lavoro pulito e lineare, che potesse esaltare la storia e creare pathos. Ecco la sua dichiarazione rispetto alle scelte stilistiche fatte:

Questo è un episodio in cui la voce e la scrittura sono ciò che risplende, così non mi sono voluta intromettere in tutto ciò. Volevo fare scelte semplici, sofisticate. Diciamo che è stato come scrivere un haiku. Volevo solo essere complementare a tutto il resto, e far sì che tutto funzionasse.”

Il piano sequenza è un tipo di ripresa scorrevole, che copre un’intera scena senza editing o tagli. Ciò, nell’esempio di Free Churro, induce lo spettatore a focalizzarsi sul monologo di BoJack al funerale della madre, appesantisce l’atmosfera ma la carica anche di significato. Tutto quello che abbiamo a disposizione è la figura del protagonista, la sua voce e un’ambientazione spoglia e ristretta. Si tratta di una semplicità appagante, risoluta, che elimina i fronzoli per permettere ai concetti di giungere chiari e concisi al cuore del pubblico.

Una regia essenziale ed elegante, ma anche versatile e sperimentale

Oltre alle numerose tecniche adottate dai grandi registi del cinema, il fatto di avere a che fare con un prodotto animato offre infinite possibilità di sperimentazione, alla ricerca di nuovi metodi di ripresa. Ne è un esempio la seconda puntata dell’ultima stagione, intitolata Il nuovo cliente. In questo episodio, Princess Carolyn cerca di far conciliare i suoi mille impegni lavorativi con il suo nuovo ruolo di madre, senza rinunciare né a quest’ultimo né alla sua carriera. È davvero affascinante la scelta di sottolineare questo concetto rappresentandolo con una sorta di “rotoscopio“.

Il rotoscopio è una tecnica classica di animazione per la creazione di cartoni animati: le immagini di una pellicola vengono ricalcate fotogramma per fotogramma su una lastra di vetro traslucida. La scena in cui la figura di Princess Carolyn viene “moltiplicata” per dare l’idea della pluralità di azioni che essa deve compiere contemporaneamente, ricorda un po’ questo metodo, seppur con le dovute differenze. Una trasposizione ripetuta del personaggio, davvero molto particolare, che dimostra tutta l’originalità e l’intraprendenza della regia di BoJack Horseman.

Tecniche come il POV shot o il Dolly zoom conferiscono alla serie un’atmosfera angosciante

Si potrebbero scrivere decine di articoli analizzando ogni singolo episodio, vista la quantità immane di tecniche particolari adoperate nel corso di tutta la serie. La staticità di scene e personaggi è solo apparente, poiché in realtà da ogni fotogramma traspare un dinamismo accuratamente studiato. Le atmosfere sono dovute in gran parte alle scelte registiche, che comunicano una vasta gamma di stati emotivi. Apatia, depressione, esaltazione e apprensione emergono e si distinguono nettamente. Pensiamo al sapiente utilizzo del dutch angle, una ripresa eccentrica e trasversale, che ci dà una vista di sbieco sugli avvenimenti, spesso applicata nelle varie stagioni. O ancora, al POV (point of view) shot, che possiamo riconoscere nella scena in cui BoJack guarda se stesso galleggiare inerme nella piscina, come se fosse un osservatore esterno.

Il dolly zoom, inoltre, riesce perfettamente nel tentativo di destabilizzare lo spettatore, accelerando gli avvenimenti e provocando così inquietudine e agitazione: ricordiamo a tal proposito il momento di Il panorama a metà strada in cui BoJack cerca di fuggire dal limbo in cui si trova. L’ambiente circostante scorre e sembra chiudersi intorno al protagonista, che non riesce a spostarsi pur essendo in movimento. Una lugubre illusione ottica.

Insomma, considerando le magnifiche sequenze fuori campo, l’adozione di molteplici punti di vista e i numerosi two shots che inquadrano due personaggi in contemporanea, possiamo senz’altro affermare che BoJack Horseman sia del tutto soddisfacente non solo per la trama e i personaggi coinvolgenti (di cui sentiremo davvero la mancanza), ma anche per l’indiscutibile opera della regia.

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