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Niente è più stato uguale dopo la prima puntata di Black Mirror

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Black Mirror ci ha sconvolto più volte con i suoi episodi antologici, ognuno dei quali ha analizzato la nostra moralità e il rapporto che abbiamo con la tecnologia. Per farlo, Charlie Brooker ha trovato una formula sconvolgente ma efficace: porci di fronte situazioni inimmaginabili per poi farle diventare realtà. Attraverso questo tipo di narrazione, il confronto con la nostra realtà è diventato inevitabile, così come quello con gli schermi neri titolari di cui, spesso e volentieri, siamo schiavi. Ma già dal primissimo episodio, è chiaro quanto il vero problema non siano i mezzi tecnologici, ma il modo in cui li sfruttiamo per soddisfare i nostri bisogni, dare sfogo ai nostri peggiori impulsi e giustificare i nostri malsani interessi.

È questa l’essenza del nostro presente, che ci viene esposto con brutalità e preoccupante verosimiglianza in uno dei migliori episodi della serie. The National Anthem ha una premessa tanto semplice quanto orribile. L’adorata Principessa Susannah è stata rapita e verrà tenuta in ostaggio fino a che non verrà soddisfatta la richiesta del rapitore: una diretta televisiva in cui Michael Callow, il premier britannico, dovrà sottoporsi a un rapporto sessuale con un maiale. Una pretesa assurda, capace però di generare in egual misura disgusto e morbosa curiosità. Difatti, la sorte della principessa passerà ben presto in secondo piano, lasciando il posto a una domanda che anche gli spettatori si sono posti:

Cosa farà il primo ministro?

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Con il passare delle ore, il sacrificio del politico diventa una realtà sempre più concreta, non tanto per decisione dell’uomo quanto più per il peso dell’opinione pubblica. All’inizio della giornata, il pubblico è essenzialmente dalla parte del primo ministro. La maggior parte della popolazione è disgustata dalla richiesta del rapitore, considerato come un terrorista al quale non ci si dovrebbe piegare. Ma a questa società, che sembra così comprensiva in un primo momento, basterà la visione del dito mozzato della principessa (in realtà quello del rapitore) per cambiare drasticamente opinione. Ed è così che, di fronte all’apparente mutilazione di Susannah, la logica del “non trattiamo con i terroristi” viene dimenticata in un batter d’occhio.

Se non altro, questo risvolto sarà fondamentale per mostrare quanto la massa sia in realtà fredda e priva di empatia: ai suoi occhi, è giusto sacrificare la dignità di un politico (tra l’altro poco amato) per salvare una celebrità adorata da tutti. Lontana dal dolore dei diretti interessati, la popolazione vede quella che è una tragedia a tutti gli effetti come uno spettacolo. Un grottesco ma purtroppo attraente spettacolo. Piuttosto che rispettare la privacy di Callow e seguire le indicazioni del governo, tutti i cittadini decidono di guardare la trasmissione, di fare parte di quell’evento storico. E anche se vediamo ribrezzo e incredulità sul volto di molti di loro, nessuno distoglierà mai lo sguardo. Così come ognuno di noi è rimasto incollato allo schermo di fronte all’umiliazione del primo ministro.

È così che diventiamo complici di questo dramma, che ha sì sfumature satiriche, ma è pur sempre un dramma. Nell’esattezza, la caduta di uomo che viene documentata e pubblicizzata sia dalla televisione che dai social.

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Infatti, con questo episodio Black Mirror ci vuole mostrare anche quello che è il mondo dei media.

Gli stessi giornalisti che all’inizio erano assoggettati alla politica e diffondevano solo le informazioni approvate dall’alto, non esitano un secondo a diffondere la notizia quando realizzano che la situazione è ormai sfuggita di mano. E anche se in un primo momento questa mossa potrebbe essere interpretata come un desiderio di trasparenza e libertà di espressione, basterà poco per capire quanto invece sia solo uno stratagemma per aumentare gli ascolti. La stessa cosa si può dire dei social, la cui influenza e seguito saranno determinanti per influenzare l’opinione pubblica.

Così come la società, anche i media hanno un peso determinate sullo sviluppo delle vicende. Un peso su cui Carlton Bloom, l’artista colpevole del rapimento, sapeva di poter contare. Come capiamo alla fine dell’episodio, lo scopo del presunto carnefice (che si suiciderà dopo la diretta) è sempre stato quello di mandare un messaggio: uno ritratto realistico del popolo e della politica britannica. Il dilemma che il primo ministro deve affrontare svela il gelo e l’indifferenza delle masse, attirate più dalla mortificazione dell’individuo che dalla sorte di un ostaggio. Il rapporto sessuale con il maiale è invece simbolico: l’animale è di solito associato ai concetti di sporco e grottesco oltre che agli istinti primordiali, in particolare gola e lussuria. Inoltre dal punto di vista alimentare, il maiale è anche simbolo di nutrimento e abbondanza.

Dunque ci troviamo di fronte a un mammifero che, per molti versi, ha tanto in comune con l’uomo: la nostra società è infatti dominata dagli istinti, sa essere grezza, ma anche fonte di ricchezza.

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Michael Callow invece rappresenta la classe politica. Dunque, il coito che ha con il maiale potrebbe essere letto come lo sfruttamento della popolazione da parte del governo. Ma il dramma che si consuma nel primo episodio di Black Mirror non è solo quello di un politico, ma anche quello di un semplice uomo. Sin dall’inizio, ci è chiaro quanto abbia a cuore il giudizio del popolo. Quando gli viene detto che la gente è dalla sua parte, è ovviamente compiaciuto dalla risposta. Ma con il passare delle ore e il repentino cambiamento dell’opinione pubblica, il premier è costretto a scendere a patti con quella che potrebbe essere l’unica strada possibile.

Callow cade così in uno scenario da incubo, combattuto fra l’amore per la moglie e il desiderio del popolo britannico. Ma più cerca di trovare il modo di uscire da quella situazione, più diventa chiaro quanto sia necessario soddisfare la richiesta del rapitore per salvare la sua reputazione e placare gli animi del popolo. Ed è così che assistiamo a un agghiacciante esempio di voyeurismo di massa, nato da un ricatto che nel giro di poche ore cambierà per sempre la vita del protagonista. Partita come una richiesta degradante, quella che verrà consacrata come la prima grande opera d’arte del 21° secolo è soprattutto un’umiliazione mondiale. Una mortificazione che, alla fine, non servirà nemmeno a salvare la Principessa Susannah, liberata mezz’ora prima della diretta televisiva.

Dopo un anno, il sacrificio del Primo Ministro sembra aver portato a dei benefici. O almeno all’apparenza.

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Susannah è in attesa del suo primo figlio. Secondo i sondaggi, il premier è riuscito ad attirare consensi. Inoltre, sembra che lui e la moglie abbiamo superato il trauma e siano più affiatati che mai. Ma una volta chiuse le porte al pubblico, scopriamo quanto il gesto di Callow abbia distrutto il suo matrimonio. Forse per sempre.

Con The National Anthem, Black Mirror ci pone di fronte a una terribile verità: siamo noi il vero veleno, non la tecnologia.

I dispositivi che ognuno di noi possiede sono solo un mezzo con il quale esprimere quei pensieri che, normalmente, terremmo solo per noi. Protetti dagli schermi neri, non c’è niente che non diremmo, nessuna curiosità morbosa che non soddisferemmo. Desensibilizzati al dolore altrui, sentiamo di avere la libertà di dire e fare qualsiasi cosa, senza tener conto dell’impatto che potremmo avere sugli altri. Non è la tecnologia ciò che rovina il Primo Ministro, ma il modo in cui la società la utilizza per esprimere il suo consenso e il suo disappunto. E soprattutto il modo in cui, nel giro di poche ore, le masse trasformano un atto deplorevole in un sacrificio necessario.

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No, dopo la prima puntata di Black Mirror niente è più stato uguale. E insieme al vetro dello schermo, anche il nostro spirito si è incrinato un po’ di più.

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