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Gustavo Fring si affida a Don Draper per la campagna pubblicitaria di Los Pollos Hermanos

Quel che più mi è servito per arrivare qui dove sono arrivato è stata la compostezza. Uno sguardo privo di qualsiasi tipo di significato, uno sorriso formale, e il mio corpo sempre mischiato a quello degli altri. Sto in bella vista, così da non essere mai visto. Mi confondo, mi perdo tra la folla. Per tutti sono quello del pollo, un imprenditore che ce l’ha fatta. Uno che è stato in grado di trasformare il pollo in qualcosa di più: un’esperienza, un pranzo in famiglia. Per riuscire a far funzionare sempre bene i miei affari, devo far sì che Los Pollos Hermanos diventi la più grande catena di fast food mai vista prima. Mi serve, è necessario. Devo giustificare ogni centesimo che entra dentro la mia tasca, e farlo con una grande catena è la soluzione migliore. Come dicevo, essere sempre in vista è il miglior modo per nascondersi. Per riuscire al meglio nel mio obiettivo mi sono rivolto a un pubblicitario americano, si chiama Don Draper. Ne ho sentito parlare come il migliore nel suo campo, ed è proprio questo ciò che mi serve: altrettanta gente in vista attorno a me, così tanta da far sì che io sia soltanto il tizio che ha trasformato il pollo in un’esperienza per il palato e per chi lo mangia. Ho accordato il mio appuntamento con Don oggi pomeriggio alle 17:00, e so che alle 16:45 sarò già lì. Farmi vedere ligio al dovere e molto interessato agli affari imprenditoriali è tutto quello che mi serve, devo far finta che quella pubblicità sia la mia occasione per arricchire ancor di più le mie tasche, l’unico mezzo con cui portarmi il pane in tavola. Mi appresto ad andare in macchina già intorno alle 16:00 e, come previsto, arrivo sul posto alle 16:45. Mi reco nell’ufficio di Don Draper senza attendere le 17:00 e, una volta giunto lì, di fronte a me si palesa un uomo di mezza età dall’aspetto imponente e affascinante. Sembra uno che ne capisce, ma sembra anche uno che potrebbe accorgersi di qualcosa. Per evitare che ciò accada dovrò utilizzare la mia espressione migliore, pretendere una grande pubblicità, e uscire da qui con la consapevolezza che tutto sia andato secondo i piani.

Mi siedo di fronte a Don, e lui mi guarda con l’espressione tipica di chi sa già cosa vuol fare. Ogni mia parola sembra superflua, e questo è qualcosa che non posso permettere, e gli affari c’entrano ben poco. Devo mantenere il controllo di qualsiasi mia mossa, anche se questa conversazione con lui sta decisamente diventando delirante.

Don Draper: Quindi la mia idea è un pollo, posto al centro dell’immagine, con una sigaretta in bocca.

Gus: Una sigaretta in bocca? Temo non sia in linea con l’ideale della mia azienda.

Don Draper: Ed è proprio per questo che il suo diavolo di pollo dovrà fumare, signor Fring.

Gus: Continuo a non capirla, ma non ho alcuna intenzione di pagarla per un’immagine che non rispecchia l’idea della mia azienda. Sono un imprenditore da anni, e le assicuro che porre una sigaretta sul mio pollo non è la scelta giusta. I bambini e le famiglie non si sentirebbero rappresentati, ma solo allontanati.

Don Draper: I bambini e le famiglie devono capire che ogni cosa che ingeriscono è me**a, ma che lei li sta già avvisando. Al contrario degli altri fast food, lei è onesto. E l’onestà, signor Fring, è una dote da non sottovalutare. Dunque le ripeto la mia idea, e se non sarà d’accordo sarà libero di lasciare questo posto e rivolgersi a un pubblicitario che disegnerà un pollo sorridente accerchiato da altrettanta gente sorridente che cerca felicità nei fast food senza rendersi conto di quanto sia mediocre la propria vita. Nel mio cartellone pubblicitario, il suo pollo fumerà una sigaretta e terrà tra le mani un un calice di vino. Così facendo, la sua catena sarà diversa da tutte, punterà sulla simpatia e sulla realtà. Stia tranquillo, saranno pochi i clienti che coglieranno davvero l’essenza del pollo che fuma e si scola un calice di vino.

Gus: E quale sarebbe il vero significato, signor Draper? Perché proprio non riesco a coglierlo.

Don Draper: Che ogni cosa è veleno, e ogni attimo può essere l’ultimo, esattamente come la vita del pollo che vende. E’ consapevole che sarà portato al macello e poi fatto a pezzi per essere mangiato, ma se la gode comunque. Morirà, lo ha sempre saputo, ma fino a quel momento nulla potrà impedirgli di far festa. Perché il suo è un pollo intelligente, diverso da tutti gli altri. E’ consapevole che il domani non esista, e per questo si lascia coccolare dai pochi e rari piaceri della vita.

Devo ammettere che, vista così, la mia sensazione è assolutamente positiva. Il tizio delle pubblicità ha avuto una grande idea, ma io non posso rischiare, non posso farmi vedere così alternativo. Devo essere un banale imprenditore che cerca di far sorridere la gente senza mai cadere in alcuna trappola. Un pollo che fuma potrebbe portare troppa curiosità, e io devo cercare di lanciare soltanto messaggi positivi. Non posso permettermi alcuna caduta.

Gus: Le ripeto, signor Draper, che non accetterò la sua proposta. Chi viene da me vuole semplicemente mangiare un pollo, non vuole una lezione di vita. Dunque lei immagini pure quel che vuole, sostenga tutte le teorie sul futuro, ma il mio pollo dovrà essere originale e accogliente per le famiglie, e non ho intenzione di smuovermi dalla mia posizione.

Dopo aver detto queste parole comprendo immediatamente che Don Draper ha fatto successo nella vita proprio perché come me. Non si smuove dalle sue idee, non cerca compromessi. La sua pubblicità non riflette solo il prodotto da sponsorizzare, ma anche la sua personalità. In ogni spot, in ogni cartellone pubblicitario creato da lui, c’è pezzo della sua personalità. La sua essenza, complessa e narcisista come la mia, non può star fuori da quel che produce nel lavoro. Ma io non sono soltanto un imprenditore, sono Gus Fring, e questo Don Draper non lo sa. Se lo sapesse, capirebbe che non c’è alcuno spazio per le sue idee.

Don Draper: La scelta è la sua. Io non ho alcuna intenzione di assecondare le sue idee, c’è il mio nome di mezzo. Può andare da chiunque altro se questo è ciò che vuole.

Gus: Sappiamo entrambi che la collaborazione tra noi due può portare fortuna e entrambi. Siamo due nomi forti, è una questione di affari, signor Draper.

Don Draper: No, signor Fring. Per me va oltre il conto bancario.

Gus: Vede, signor Draper, se lei dovesse fallire e allontanare i miei clienti da me, io potrei – ecco – non parlar bene della mia esperienza con lei. Quindi prego, faccia pure quel che deve. Prepari la sua bozza e me la presenti tra una settimana. Ma si ricordi che io ho particolarmente a cuore i miei affari, e non vorrei mai che questi venissero rovinati da un pubblicitario troppo egocentrico per far spazio alle mie idee.

Saluto così Don, e poi vado via. So già che le cose andranno in un certo modo, ma voglio lasciare al tempo la possibilità di far il suo corso.

Come da accordi, Don è giunto al luogo dell’appuntamento in perfetto orario una settimana dopo. Ha con sé il suo cartellone, ed è pronto ad allestirlo e a prendersi la sua fetta di soddisfazione personale per aver vinto la partita con il tizio del pollo. Mi è piaciuto fargli credere che potesse vincere, e mi piacerà ancora di più vedere il suo sguardo quando constaterà la realtà: il mio nuovo cartellone pubblicitario è già presente, e raffigura una famiglia che mangia del pollo con la faccia sorridente. Il padre, seduto a centro del tavolo, è raffigurato mentre – entusiasta – esclama quanto sia buono quel pollo, e che gli faccia venir voglia di tornare anche domani. La figlia, raffigurata con un boccone in bocca, risponde affermando che il domani, finché esisterà Los Pollos Hermanos, ci sarà. Poche semplici mosse, ma quelle giuste, per ricordare a Don Draper che il domani per i miei affari ci sarà sempre, che lui è solo un pubblicitario narcisista, e che io sono Gustavo Fring, il Re del pollo.

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