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La città incantata – Il sottile velo che separa realtà e fantasia [pt.2]

Essendo La città incantata un film giapponese ma a carattere internazionale, dal momento che la distribuzione avvenne in ben 31 paesi diversi, si possono ritrovare in esso elementi del tanto dibattuto “postclassicismo”.

Termine usato per la prima volta nel 1959 ma che inizia a suscitare interesse solo a partire dal 1975, quando Thomas Elsaesser lo utilizza in un saggio per definire l’estetica della cosiddetta New Hollywood. Ma cosa ha a che fare con La città incantata? Il termine “postclassico” è usato frequentemente per definire l’estetica del cinema contemporaneo. Ovviamente questo termine richiama il cinema classico, ma il dibattito che nasce sulla distinzione tra questo cinema e quello postclassico risiede “nell’opposizione tra il primato della narrazione (cinema classico) e la sempre maggiore prominenza di elementi di spettacolarità (cinema postclassico) alle spese della congruenza narrativa”.

La città incantata (che puoi trovare in streaming qui, su Netflix) è costellato di momenti e sequenze di lunghe pause, privi di dialoghi. Momenti che permettono di riprendere fiato staccando dalla narrazione e dando libero sfogo alla bellezza estetica degli sfondi miyazakiani. Il momento in cui, giunti nella città, Chihiro si allontana dai genitori (troppo impegnati a mangiare) e vede per la prima volta il centro termale Aburaya e il treno che più tardi passerà sull’acqua.

O quando Lin e Chihiro/Sen dopo la prima giornata di lavoro di quest’ultima osservano il treno passare sull’acqua e le luci di una città all’orizzonte.

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Una scena de La Città Incantata

La città incantata (trovi qui la prima parte di questa analisi) raggiuge l’apice con la sequenza che più rappresenta questa caratteristica postclassica, quella del viaggio in treno. La sequenza giunge dopo quasi 1 ora e 40 minuti. Chihiro a questo punto riparte dopo aver ricevuto dei biglietti per il treno conservati per 40 ani da Kamaji. E la sequenza ha un andamento placido e malinconico, accompagnato dalla commovente colonna sonora The sixth station di Joe Hisahishi. Tale sequenza risulta estremamente incisiva e pregna di significato pur non aggiungendo nulla ai fini della trama, analizzandola risulta subito evidente che l’eroina del film è cambiata radicalmente dall’inizio della storia, il suo aspetto appare più maturo, riflessivo e deciso a fare ciò che è giusto pur mettendo a repentaglio la sua incolumità per salvare colui che ama.

Quello che si evince dal viaggio in treno è appunto un viaggio di sola andata nella maturazione di Chihiro.

Ciò che salta veramente all’occhio dello spettatore de La città incantata però sono le figure antropomorfe che popolano la sequenza e l’alone di mistero che aleggia attorno a loro e alle loro destinazioni o la bambina spirito che aspetta qualcuno che sembra non arrivare mai, lasciandola con una triste sensazione d’impotenza.

Chi sono? Dove sono diretti? La bambina aspetterà in eterno? Questi dubbi non vengono chiariti e servono a rendere più potente l’alone di mistero delle figure e a far anche viaggiare lo spettatore con la fantasia per provare a rispondere a queste domande.

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Un’iconica scena de La Città Incantata

Dal punto di vista tecnico Miyazaki (qui l’analisi di un altro suo grande capolavoro) ha commentato questa sua peculiarità di inserire sequenze come questa che sembrano una vera e propria pausa dalla trama del film. In particolare ha dichiarato “In giapponese abbiamo una parola per  questo, si chiama “ma” (ま), letteralmente significa vuoto”, inoltre il regista aggiunge “Se hai solo un’azione non stop senza spazio per respirare è solo affollamento, ma se prendi un momento all’ora l’attenzione che cresce nel film può arrivare ad una dimensione più ampia”.

Il maestro poi afferma che le persone che realizzano film hanno paura del silenzio, sono cioè preoccupate che il pubblico possa annoiarsi ma ciò che conta davvero sono le emozioni sottostanti.

Ad individuare con maggiore lucidità tratti fondanti del postclassico fu sempre Elsaesser che in un saggio da lui pubblicato in Contemporary Hollywood Cinema punta i riflettori su alcuni cambiamenti di stile riscontrabili anche in questo film. Ad esempio parlando dei finali li definisce aperti e ambigui spesso per via della mancata formazione della coppia eterosessuale, in questo caso formata da Chihiro e Haku, i due protagonisti del film che nel corso della storia sviluppano un sentimento reciproco di amicizia che poi si trasforma in amore, un amore ingenuo e puro ovviamente, come si addice all’età che hanno.

Numerosi saranno i momenti che porteranno i due ad avvicinarsi sentimentalmente, soprattutto grazie all’aiuto reciproco che si daranno: Haku aiuta Chihiro istruendola su come muoversi in quel misterioso ambiente, le spiega che deve mangiare per evitare di diventare intangibile, le spiega che dovrà trovarsi un lavoro per poter salvare i suoi genitori e le raccomanda di non dimenticare il suo vero nome, altrimenti rimarrà schiava della strega come è successo a lui; Chihiro aiuta Haku mettendo a repentaglio la propria incolumità e libertà per salvargli la vita e ricordandogli il proprio nome e la propria identità.

In quell’occasione fu Haku, il cui vero nome era Nigihayami Kohakunushi ed era lo spirito di un fiume, a salvarle la vita quando lei era una bambina.

Il tutto è “mostrato e non” attraverso una sovrapposizioni di immagini presenti e passate del volto di Chihiro che all’improvviso si ritrova sott’acqua come in una sorta di flashback. Vediamo inoltre la scarpetta, che la bambina aveva cercato di riprendere, portata via dalle onde, ma non vediamo mai il momento in cui Chihiro cade nel fiume e viene tratta in salvo.

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L’iconico film La Città Incantata

La coppia però nel finale del film non si realizza con l’inizio di una relazione o con la scena di un bacio appassionato, semplicemente i due si salutano con la promessa di rivedersi in futuro, lasciando lo spettatore con un senso di irrisolutezza. La storia termina quindi con un happy ending, poiché Chihiro riesce a salvare i suoi genitori e a tornare nel suo mondo, ma ci lascia con l’interrogativo se la coppia si incontrerà nuovamente e si concretizzerà in futuro. Vi salutiamo con una lista dei migliori film di sempre dello Studio Ghibli.