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Il ragazzo e l’airone – La Recensione del grande ritorno di Hayao Miyazaki

Attenzione: l’articolo può contenere spoiler su Il Ragazzo e l’airone.

Disponibile in sala da pochi giorni, è finalmente arrivato anche in Italia Il ragazzo e l’airone, ultima opera del tuttofare giapponese Hayao Miyazaki (regista, sceneggiatore, animatore, fumettista e produttore cinematografico). Distribuito in Giappone già dal luglio 2023, il film d’animazione dello Studio Ghibli è giunto, con ritardo, anche nei nostri grandi schermi. Dunque, se, nel 2013, con l’ultima creatura Si alza il vento, Miyazaki aveva annunciato il ritiro dalle scene, è con entusiasmo che accogliamo ancora una volta un suo racconto di fantasia, a distanza di ben dieci anni dal precedente. L’atteso ritorno del regista non è altro che un fascinoso e creativo viaggio tra realtà e fantasia, parzialmente ispirato al romanzo del 1937 E voi come vivrete? di Genzaburō Yoshino.

L’onirica escursione di Mahito tra l’al di là e l’al di qua dà animo a una storia commuovente e catartica, per il protagonista, per noi e per il regista alle prese con la sua opera-testamento.

Il ragazzo e l’airone si apre con una possente introduzione nella Tokyo del 1943, coinvolta nella seconda guerra mondiale. Nel sensoriale inizio del film, assistiamo al trauma che dà origine al tormento del giovane protagonista Mahito Maki: la morte della madre Hisako, in un terribile incendio notturno. A sommarsi all’onda d’urto del lutto del dodicenne, vi è anche la nuova relazione del padre vedovo Shoichi. Infatti, a un anno dalla scomparsa della madre, Mahito e suo padre si trasferiscono nella tenuta di campagna della nuova compagna Natsuko, nonchè sorella minore di Hisako, ora incinta proprio di Shoichi. Tra un lutto arduo da digerire, il senso di impotenza e la difficoltà ad accettare il nuovo ruolo materno della zia, Mahito non riesce ad abituarsi alla nuova realtà e alla matrigna. Via di fuga che lo distrae e irrita nella quieta villa lontana dalla città è proprio il misterioso airone cenerino che si aggira per l’area e che non sembra dargli pace. L’attrazione e repulsione che il protagonista ha per il grande volatile azzurro è ossessiva. Infatti, l’incapacità di resistere all’invadente richiamo dell’airone permette a Mahito di scoprire persino una vecchia torre abbandonata in giardino. E’ proprio la torre che rappresenta il punto di ingresso al mondo magico, il varco che il protagonista deve attraversare per confrontarsi con i traumi irrisolti del passato. E’ così che ha inizio il viaggio del giovanissimo eroe tra più mondi e tempi.

il ragazzo e l'airone
Il ragazzo e l’airone (640×357)

La misteriosa torre nasconde un segreto difficile da disvelare e decifrare, rappresentando un punto di snodo a cavallo tra più realtà spazio-temporali. Per poter superare i propri ostacoli interiori e assumere maggiore consapevolezza sul passato, sul presente e sul futuro, Mahito deve affrontare un viaggio fantastico e catartico in una sorta di al di là. L’immersione del protagonista nel mondo dei defunti, per incontrare la madre perduta, apre a un racconto con molti livelli e riferimenti, tanto provenienti dal folclore giapponese quanto dalla mitologia occidentale, e non solo. Il tentativo di raggiungere la figura perduta dà l’avvio a situazioni caotiche con un sottotono costantemente malinconico e onirico. In più occasioni, ci si chiede se Mahito non sia semplicemente vittima del trauma cranico auto-inflittosi. Eppure, in realtà, nel finale, il racconto si disvela più limpido di quanto inteso fino a quel momento, nonostante la complessità che ci ha condotti sino a lì. Il percorso di iniziazione del protagonista, traghettato dall’anomalo uomo-airone, non gli offre soltanto un’altra occasione di salvare Hisako, ma è un viaggio formativo che gli permetterà di maturare e accettare la sua condizione, nel tentativo ulteriore di ritrovare la matrigna perduta. La carica emotiva che investe la scoperta, la catarsi e l’accettazione dell’altro sono il cuore de Il ragazzo e l’airone, un lungometraggio tutt’altro che semplice e ricco di richiami visivi, sensoriali e spirituali.

Con un impianto estetico raffinato come quelli che distinguono lo stile visivo di Miyazaki, la visione de Il ragazzo e l’airone è un’esperienza immersiva a tutto tondo. Con l’ingresso di Mahito nel mondo magico della sua avventura, siamo calati completamente in un universo a se stante, misterioso, sofisticato e immaginario a tutti gli effetti. La dimensione onirica e poetica che permea il film si accompagna di colori, personaggi frenetici ed elementi della natura, che contribuiscono a creare un ponte tra la realtà dei vivi e quella dei defunti.

Il ragazzo e l’airone è un racconto di formazione a tutti gli effetti.

il ragazzo e l'airone
Il ragazzo e l’airone (640×362)

Se pur facilmente associabile alla dinamica del precedente La città incantata (2001), il regno de Il ragazzo e l’airone, in cui esseri viventi e defunti riescono a coesistere, si basa su un equilibrio ambiguo e fragile, riflettendo a pieno la vulnerabile natura dello spaesato dodicenne protagonista. Ma non solo, in Il ragazzo e l’airone si può ritrovare il mondo narrativo del regista: l’ultima opera di Miyazaki non si esime dal presentare alcuni degli elementi di richiamo tipici del suo stile e che tanto ci hanno sempre affascinato. Come se fosse l’ufficiosa lettera di dipartita del creatore. Basti pensare ai teneri wakawara e alla loro ascesa in cielo, all’ultraterreno, al debito esistenziale che Miyazaki stesso sente per la guerra, al costante mutamento della figura dell’airone, al tema del doppio (soprattutto temporale), che attraversa alcune figure come quella di Kiriko, e molto altro. Dunque, Il ragazzo e l’airone è un delicato e catartico ritorno in scena per il celebre regista che, ancora una volta, ci ammalia con una storia tutt’altro che scontata, supportata da un impianto estetico e narrativo che non può che farci sognare oggi, come se fossimo ancora e per sempre bambini: infatti, il filtro animato con cui la storia è veicolata non fa altro che elevarne la poetica, rendendola affascinante, fantastica e nostalgica.
Seppur con alcuni momenti di maggior complessità forse innecessaria e con una durata dilatata rispetto al dovuto, il sottotono malinconico che accompagna il film non fa che favorire un riconoscimento sensoriale. E’ come se fossimo noi a camminare nei distesi paesaggi naturali che fanno de Il ragazzo e l’airone una poetica visiva a cui lasciarsi andare tra i tanti salti che Mahito e i suoi compagni affrontano, nel tentativo di trovare un equilibrio nel caos del loro mondo e della modesta realtà del protagonista.

Disponibile nelle sale italiane dal primo gennaio, Il ragazzo e l’airone è una delle opere più mature, spirituali e dinamiche di un regista vissuto e memorabile come Hayao Miyazaki.

Concludendo, nonostante l’apparente, iniziale, complessità che un film così ricco di spunti e livelli possa presentare, Il ragazzo e l’airone è uno dei titoli più impressionanti e trascinanti dell’amatissimo Studio Ghibli. In particolare, la componente oscura e profonda della rappresentazione non lascia certamente indifferenti, seppur in un universo narrativo come quello di Miyazaki, alimentando una fiaba che, in più occasioni, non si esime dal togliere il fiato tra panorami epocali e snodi narrativi emozionanti. L’immaginazione è sovrana, e la sua raffigurazione in un regno fantastico tra vita e morte lascia un segno profondo. E’ questo il potere di un creativo come Hayao Miyazaki, tornato, ancora una volta, alla grande.

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