ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sulla quarta stagione di Acapulco!!
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Era approdata nel pieno dell’estate su Apple TV+ (insieme ad altre serie di cui si è parlato poco) e ci ha accompagnati fino alle soglie dell’autunno. Ci ha lasciati così, sull’uscio di una stagione che non le appartiene. Perché Acapulco non ha niente a che vedere con la monotonia dell’anno che ricomincia. Acapulco è colorata, estiva, a metà strada tra sogno e realtà. Sprigiona freschezza e non si abbina bene alle fattezze dell’autunno, quando il colore si asciuga e diventa più smorto, privo di quella vivacità che mette invece di buon umore. Acapulco si ferma alla quarta stagione ed esaurisce negli ultimi dieci episodi tutto il suo potenziale narrativo. Le puntate finali sono quelle del congedo, in cui ogni cosa va al proprio posto e le due linee temporali finalmente si incontrano.
Il racconto di Maximo Gallardo era iniziato nella prima stagione. Eugenio Derbez (la versione adulta del protagonista) aveva deciso di tramandare la propria storia al nipote Hugo, per spiegargli come un umile addetto alla piscina sia riuscito a diventare un imprenditore multimilionario. Fatica, abnegazione, intraprendenza, ma anche caso, fortuna, circostanze. Il racconto di Maximo ripercorre la storia della sua vita, ma non solo. Con un espediente in stile How I Met Your Mother (da narrazione inaffidabile), gli sceneggiatori tratteggiano una storia corale, di un gruppo di persone che per tanti anni ha lavorato per rendere grande Las Colinas, uno dei migliori resort del Messico.
La storia inizia quando il giovane Maximo Gallardo si fa assumere dalla struttura insieme al suo amico Memo.
Da addetti alla piscina, i due ragazzi vengono a contatto con il mondo colorato e sgargiante di Las Colinas, dove la proprietaria americana Diane si affida all’esperienza di Don Pablo perché fili sempre tutto liscio. Nelle passate stagioni, abbiamo avuto modo di conoscere i vari dipendenti del resort e gli altri personaggi di Acapulco. Le peripezie del giovane Maximo lo hanno portato spesso a cacciarsi nei guai e a mettere alla prova la propria capacità di leadership.
Quel che abbiamo capito sin dal primissimo episodio è che a muovere Maximo (sia il giovane che l’adulto) è sempre stato il sentimento per Julia, ragazza della reception di cui il protagonista si innamora e sulla quale fa tutti i suoi progetti di vita. I vari episodi di Acapulco hanno ripercorso le tappe di questo legame sullo sfondo dell’evoluzione di Las Colinas, passato nella terza stagione dalla gestione di Diane a quella dell’affarista Alejandro Vera.
La quarta stagione aveva dunque il compito di portare a termine il racconto e di incrociare finalmente le due linee temporali.
Il Maximo del presente, dopo aver rilevato Las Colinas, è volato ad Acapulco per restaurare il resort e portarlo al suo vecchio aspetto. Un’operazione nostalgia a tutti gli effetti, fatta per riconquistare il cuore di Julia , ma anche per rendere di nuovo tangibile e vivido un ricordo del passato. Acapulco è costantemente sospinta da due opposte pulsioni: l’ansia di proiettarsi nel futuro del Maximo giovane e la voglia di tornare al passato della sua versione adulta. Nel primo vediamo tutto il fervore dell’età giovanile, disposta a conquistare il mondo e a piegarlo ai suoi piedi. Nel secondo scorgiamo i segni del disincanto, la noia che subentra dopo aver vissuto appieno la propria vita e il dolce ricordo delle origini, di un passato in cui tutto era ancora possibile.
Acapulco è effervescente e malinconica. Si scuote come una bibita gasata pronta a schizzare schiuma, ma ogni tanto è chiazzata da una macchia opaca di tristezza.
Non le manca l’umorismo, questo è certo. Anche la quarta stagione ha i suoi momenti spassosi, le sue situazioni strambe. È una serie sempre molto divertente da guardare. Ma dietro ogni sketch si nascondono anche delle riflessioni più profonde. Gli episodi della protesta dei dipendenti ci fanno vedere le disavventure dei personaggi, ma al di là della leggerezza con cui viene affrontata la tematica, inquadrano uno spaccato sociale in cui è difficile sopravvivere con le proprie risorse. L’episodio della partita dei mondiali è divertente perché ci fa vedere a quali espedienti debba ricorrere lo staff per guardare la Coppa del Mondo, ma parla anche di un senso di rivalsa di un popolo che cerca nel calcio un’occasione di rivincita.
Questo doppio binario è la struttura su cui si è sempre mossa una serie tv come Acapulco. C’è una velata critica sociale dietro la situazioni più esilaranti dello show. Ma mentre nelle prime stagioni gli autori calcavano molto la mano sul contrasto tra il lusso sfrenato di Las Colinas e le difficoltà dei lavoratori latinoamericani, in questa quarta stagione la forbice si è assottigliata. In Acapulco 4 ha prevalso il senso di comunità.
I personaggi sono parte di un’unica grande famiglia, navigano tutti sulla stessa barca. Diane, che nelle prime stagioni sembrava un ideale di vita irraggiungibile per Maximo e i suoi amici, diventa un’alleata di tante battaglie. Si pone allo stesso livello degli altri personaggi e da lì continua a sbrogliare il suo arco narrativo. Molte delle differenze che venivano rilevate nei primi episodi di Acapulco, vengono qui limate per dare spazio al senso di appartenenza dei dipendenti del resort.
Il vero fulcro della storia sono sempre stati i legami tra i personaggi.
Le amicizie, le relazioni, il rapporto con la famiglia rappresentano il cuore grande di Acapulco, quello che crea connessioni anche col pubblico. La quarta stagione ha dato allo show una degna conclusione. Rispetto alle altre, ha esplorato più a fondo i personaggi, concentrandosi non solo sui protagonisti, ma su tutto il cast. Mamma Nora ed Esteban hanno avuto molto più spazio rispetto al passato. L’arco narrativo di Sara si è chiuso in maniera soddisfacente. Diane, Chad, Hector, Memo e Lupe sono stati sviluppati in maniera coerente e convincente. E il finale ha saputo bilanciare bene nostalgia e umorismo.
Sì, sapevamo che alla fine, dopo tanti anni, Maximo avrebbe fatto breccia nel cuore di Julia un’altra volta. Ma il modo in cui la serie ci ha portati alla conclusione ha fatto sì che l’epilogo non risultasse troppo banale. Uno show come Acapulco deve avere per forza un lieto fine. Questo lo sappiamo dal primo momento. Ma è la maniera in cui sceglie di arrivarci il motivo reale per cui guardiamo la serie. Ora tutta la freschezza, la spensieratezza e il cromatismo di Acapulco ci mancheranno parecchio. Come quando arriva la stagione invernale e l’estate è solo un ricordo colorato sullo sfondo di una cartolina. Acapulco è la nostra cartolina vintage di una stagione che se n’è andata, ma resterà appesa in bacheca come un ricordo felice.








