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Aslaug non è la strega che tutti credono. È molto di più

Aslaug è uno dei personaggi più impopolari di Vikings, complice anche la rivalità con quel portento di donna che è Lagertha. Secondo noi, però, non è proprio tutta da buttare…

Prima di cominciare, mettiamo tutti d’accordo:

A) LO SAPPIAMO, Alyssa Sutherland (l’attrice che presta volto e corpo ad Aslaug) è una gnocca di portata epica, ma non è certo solo per questa ragione che, ad avviso di chi vi scrive, va rivalutata, perciò non occorrerà esplicitare le proprie pulsioni né prima, né dopo, né tanto meno durante la lettura di questo pezzo;

B) Lagertha era arrivata all’alveare molto prima di lei e poi è stata quell’altra a godersi il barattolo di miele. Classica infedeltà coniugale con sofferenza e struggimento annessi. Brutta storia.

Bene, ora che ci siamo assicurati di non partire con lo stivale sbagliato (cit.), possiamo parlare di Aslaug, la principessa che ha stregato il cuore di Ragnar Lothbrok.

Nonostante le critiche (talvolta anche meritate) che le vengono indirizzate, riteniamo ci siano diverse buone ragioni per analizzare la donna, la moglie e la madre, ovvero il trittico di status che compone una personalità solo apparentemente fredda e piatta, ma che in realtà porta con sé valori tutt’altro che banaliProviamo a capirci qualcosa di più.

ATTENZIONE, stanno per arrivare spoiler più taglienti dell’accetta di Floki, maneggiate con cura le prossime righe!

Aslaug

Le sue radici sono avvolte nella leggenda del padre Sigurd il quale, come spesso accade quando si ha a che fare con l’epica scandinava, è ritenuto una sorta di eroe mitologico capace di uccidere un drago…o forse era un serpente? Quel che conta è che è stato un uomo parecchio importante e rispettato, uno di quelli di cui si parla attorno ai fuochi da campo e del quale si racconta ai bambini.

Entra in scena come una sorta di Dea, nuda e avvolta in una natura selvaggia che sembra dominare con la sola potenza dello sguardo.

È incredibile come riesca a concentrare l’attenzione di chiunque su di sé, non solamente per la già citata bellezza, ma anche per il portamento regale che la contraddistingue e per la capacità di dire esattamente le parole giuste nel momento giusto, non una di più né una di meno. Sembra quasi che “suoni” le conversazioni come un liuto tanta è la sua grazia nel relazionarsi con gli altri, specie quelli che si chiamano “Ragnar”. Era francamente inevitabile che due come loro convolassero a nozze: fin dal primo momento entrambi leggono negli occhi dell’altro/a il loro futuro. Gli appare chiarissimo che costruiranno un regno senza eguali nella storia vichinga, donando allo stesso una stirpe all’altezza di governarlo dopo il loro passaggio su questa Terra.

È un attimo, è la consapevolezza di avere davanti il proprio destino, è un classico colpo di fulmine…un fulmine che, c’è da scommetterci, è stato scagliato da Thor in persona per permettere alla storia norrena di compiersi. Certo, dispiace che Lagertha peschi la pagliuzza più corta e sia costretta a ingoiare l’amaro calice, d’altronde stiamo parlando di un’autentica Valchiria con carisma, forza e fascino da vendere di cui praticamente nessuno si azzarderebbe mai a parlare male, tuttavia arrivano momenti della vita in cui bisogna fare delle scelte se si vuole andare avanti e soprattutto, per quanto possa essere impopolare, bisogna perseguire sempre e comunque la dinamicità piuttosto che lo stagnamento. Poiché quest’ultimo non foraggerà mai i tuoi sogni, e la fame creativa di Ragnar è senza eguali.

Aslaug

Pronti, partenza, via!

In un amen Kattegat si popola di marmocchi: Ragnar è felice, gli piace fare il padre e Aslaug adora farlo contento in ogni modo possibile accondiscendendo praticamente a ogni sua richiesta come una brava moglie vichinga è tenuta a fare. È vero, forse non è una guerriera leggendaria e non prepara lo stufato migliore dell’Emisfero Nord, ma per il resto è infallibile nel stare accanto all’uomo più affascinante e al contempo più difficile che abbia mai conosciuto, un uomo che ha sempre un’idea molto precisa in testa e che sistematicamente la tiene per sé, creando un’aura di mistero letale per i suoi nemici e magnetica per chi gli vuole bene.

Logicamente questo porta a creare delle aspettative, a delle richieste, a dei risultati che devono essere garantiti davanti al popolo, ai banchetti, durante i concili di guerra e ovviamente tra le lenzuola. Aslaug DEVE essere perfetta, sempre, sia durante le stagioni tiepide che nel rigidissimo inverno, a prescindere da ogni tipo di obiezione. Ragnar comanda, lei lo segue e lo fa clamorosamente bene, lo fa in una maniera talmente puntuale che sarebbe reclusa forse addirittura a Freyja, lo fa quasi contro i suoi stessi interessi ma non importa, è l’amore a trainarla. Perfino quando una visione le sconsiglia di giacere col marito lei dice Sì. Ma quella notte i due concepiscono Ivar, un neonato storpio che qualsiasi vichingo non riterrebbe degno di vivere, compreso Lothbrok; è qui che per la prima volta Aslaug si oppone, è qui che inizia a crearsi una distanza che col tempo diverrà insanabile.

Una madre non può concepire in alcun modo che suo marito rinunci a un figlio, nonostante sia la loro stessa cultura a imporlo, nonostante sia difficile, nonostante non ci sia di fatto nessuno ad aiutarla la figlia di Sigurd sceglie di dare ad Ivar una possibilità minando il futuro stesso del suo matrimonio.

Una scelta audace, una scelta per pochi, una scelta da applaudire se si rispetta la vita stessa.

Aslaug

Infine la questione Harbard, forse la più spinosa.

Volete vederla come un tradimento infame e libidinoso per il quale non esistono scusanti? Ok, siamo in un paese libero.

Se invece preferite ragionare e guardare le cose un po’ più in profondità, possiamo farlo insieme.

A questo punto, vedendo le cose dalla prospettiva di Aslaug, Ragnar è ormai divenuto intrattabile, le sue conquiste gli impongono di stare lontano da casa sempre più spesso e il suo sdegno per Ivar non accenna a diminuire, anzi, si acuisce sempre più. Dal nulla arriva uno straniero di straordinaria bellezza che dopo tanti anni “in panchina” la fa sentire di nuovo protagonista, le ricorda che è la donna che chiunque vorrebbe avere e per di più contribuisce al benessere della persona a cui ormai la regina dedica tutte le sue energie, l’ultimogenito.

Già una volta il bivio tra “facile” e “difficile” l’ha vista optare per la via più ardita; probabilmente chiederle di rifarlo è troppo. Questo non vuole assolutamente dire che il suo tradimento è giustificato, si cerca solo di capire il contesto in cui questo sbaglio è stato commesso. Per altro, sarà lo stesso Harbard a spezzarle il cuore durante la sua seconda visita al villaggio, spegnendo di fatto l’ultimo barlume di luce in un’esistenza che da quel punto in avanti diviene apatica, priva di qualsiasi forma di speranza. Ci viene addirittura suggerito che l’unica cosa in cui Aslaug trova riparo è il suo elegante calice sempre pieno di vino…

L’epilogo triste di un fiore meraviglioso che di colpo appassisce.

Aslaug

Aslaug non è una strega, non è una meretrice e nemmeno una persona cattiva.

È una persona che era destinata fin dal primo vagito a divenire importante e lo è stata, ha fatto la sua parte senza fiatare e può dire di aver vissuto alla grande, amando e soffrendo, ridendo e piangendo, ispirando e ferendo. Per questo la freccia di Lagertha non scalfisce di un millimetro la sua espressione: ormai i giochi erano fatti da tempo e l’apice era stato raggiunto. Una vetta impervia, difficile da scalare, ma che una volta raggiunta non l’ha lasciata con nient’altro che la contemplazione del suo lungo viaggio e la consapevolezza di non poter fare più nulla se non morire.

Addio, meravigliosa creatura.

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