Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » Una Mamma Per Amica » I dialoghi di Una Mamma per Amica sono una roba da studiare all’università

I dialoghi di Una Mamma per Amica sono una roba da studiare all’università

Pensate a una partita di ping pong. La pallina si muove velocemente da una parte all’altra del tavolo; neanche il tempo di realizzare che sia arrivata in un lato del campo da gioco, che subito vola via oltre la rete. Un botta e risposta continuo e costante che produce solo due movimenti facciali in voi spettatori: sguardo a destra, sguardo a sinistra, ancora destra, poi sinistra, destra, sinistra, destra, sinistra e così via finché uno dei due giocatori non butta la pallina contro la rete o fa in modo che l’altro non riesca a prenderla. Se c’è una serie che ha un ritmo così incalzante, paragonabile al moto di una pallina da Tennistavolo, quella è sicuramente Una Mamma per Amica.

La serie, datata ormai primi anni 2000 (al netto del revival del 2015) si fonda su un botta e risposta perpetuo in cui la pallina, però, non termina mai davvero contro la rete. Semplicemente si introduce una nuova pallina e lo scambio continua come se nulla fosse. I dialoghi rappresentano il fulcro su cui si regge l’intera narrazione e portano questa serie a essere ancora oggi un unicum nel panorama televisivo. Avrete sicuramente in mente la velocità con cui i personaggi dello show interagiscono tra loro. Eppure queste interazioni si sono insinuate nella nostra visione senza darci nemmeno la possibilità di capirne appieno il loro valore.

E allora cerchiamo di comprenderlo.

In una celebre parodia di Una Mamma per Amica negli USA, le due caricature di Lorelai e Rori a un certo punto dicono: “Qualunque cosa detta velocemente può sembrare più spiritosa di quella che è!”. Nel mentre continuano a scambiarsi battute a velocità vertiginosa. Si tratta di una provocazione molto divertente per chi ha visto la serie, ma è appunto una battuta. In realtà l’intera sceneggiatura si basa su dialoghi brillanti (nella loro semplicità) e una scrittura straordinariamente serrata.

Se vi soffermate su un dialogo qualsiasi vi renderete conto che ogni frase pronunciata da ogni singolo personaggio è di una brevità pazzesca. A questo fa da specchio una conversazione, come evidenziato anche dalla parodia di cui sopra, molto veloce. Ciò non dipende da battute improvvisate, stile Inserviente in Scrubs, anzi, le sceneggiature erano decisamente lunghe (si parla di 80 pagine a copione, contro la media di 40/50 delle altre serie) a causa di questo tipo di dialoghi, pertanto non restava spazio agli attori di aggiungere qualcosa di loro.

Questo modo di recitare ha avuto degli effetti di non poco conto sugli attori della serie. di una persona che ha recitato in Una Mamma per Amica ha dichiarato che i produttori hanno dovuto assumere un coach per i dialoghi, in modo da aiutarli a sostenere quei ritmi. Addirittura Scott Patterson (nella serie Luke Danes) e Lauren Graham (Lorelai) hanno dovuto smettere di fumare per riuscire a tenere il passo. L’attore che ha interpretato Luke ha recentemente dichiarato al New York Times che si tratta di una vera e propria “questione di sopravvivenza”.

Non una passeggiata di salute, quindi, questo tipo di approccio narrativo. Ma l’effetto – a questo punto lo avrete capito, decisamente voluto – ha determinato il successo di Gilmore Girls. Soprattutto lo ha reso trasversale, gradevole anche a chi non era in target nè col tipo di serie nè con l’emittente – Warner e successivamente The CW – che in genere offriva prodotti a un pubblico teen.

Inoltre è bene specificare che questa tecnica ha prodotto dialoghi semplici, ma non banali. Dovendo racchiudere ogni frase in poche parole, ogni parola assume una sfumatura diversa a seconda del tono e a seconda del personaggio. Spesso, per comprendere il punto di vista di ogni personaggio, gli autori ricorrono a un cambio discorso che si sovrappone al precedente argomento di discussione. Così, tramite questi trucchetti, anche una cena con i nonni diventa un capolavoro di semiotica.

RORY: Allora, nonno, come vanno le assicurazioni?

RICHARD: Oh, la gente muore, noi paghiamo. La gente fa schiantare le macchine, noi paghiamo. Le persone perdono un piede, noi paghiamo.

LORELAI: Beh, almeno hai il tuo nuovo slogan.

RICHARD: E come vanno le cose al motel?

LORELAI: La locanda? Alla grande.

EMILY: Lorelai è la direttrice esecutiva, ora. Non è meraviglioso?

RICHARD: A proposito, Christopher ha chiamato ieri

Potrei stare qui a dilungarmi, ma questo esempio è molto più pertinente di qualsiasi parola io possa aggiungere.

I dialoghi in Una Mamma per Amica sono talmente centrali che la serie non ti mostra mai l’esplosione, ma soltanto le conseguenze che ne derivano.

Alla fine della seconda stagione, in piena ship tra Rory e Jess, c’è un episodio in cui la ragazza è coinvolta in un incidente d’auto. La scena ti fa intuire alla lontana che possa concludersi con un incidente: c’è un’inquadratura inquietante dell’auto in movimento mentre Jess, da vero bad boy, toglie le mani dal volante; mentre guida continua a distogliere lo sguardo dalla strada per fissare Rory.

Ma l’incidente d’auto non viene mostrato e non è nemmeno suggerito da qualche inquadratura che stacca un attimo prima. Non c’è alcuna ripresa del volante che sterza, nessun primo piano dei due personaggi che, magari, strabuzzano gli occhi consci del pericolo. Veniamo a conoscenza dell’incidente quando Rory chiama sua madre dall’ospedale.

Questo perché Una mamma per Amica non è interessata all’incidente in sé. Non è interessata a nessuna scena d’azione esplosiva, e, di fatto non ne vedremo mai di momenti del genere. Non vediamo l’incidente, non vediamo il momento in cui Lorelai comunica a Max che non lo avrebbe sposato, non vediamo il momento in cui il padre di Lorelai ha un malore durante la cena di Natale, ma assistiamo a tutto ciò che avviene prima e dopo questi eventi. Non ci viene mostrato l’output, ma l’insieme degli input che lo determinano. Una Mamma per Amica è i progetti che sei impegnato a fare, mentre la vita intorno a te accade.

La serie ci ha fatto anche innamorare dell’atmosfera di una piccola città e di tutti i suoi cittadini.

Ogni battuta è funzionale a caratterizzare i vari personaggi e a creare degli archetipi, in modo tale da ricreare quella sensazione di familiarità con lo spettatore. L’autrice, Amy Sherman-Palladino, è figlia di un comico ed è facile comprendere dove nasca questa attenzione e questa brillantezza dei dialoghi proposti. A margine: è facile anche comprendere come sia nata l’idea per la sua altra grande serie, The Marvelous Mrs Maisel.

Magari la serie ha i suoi momenti no, le sue lungaggini e altri difetti di vario genere, ma il modo in cui è riuscita ad arrivare a tutti è un autentico capolavoro. Spesso siamo portati a pensare che una serie mainstream sia degna di essere vista, ma non analizzata, approfondita. In realtà sono proprio queste quelle che offrono una lettura sociologica o psicologica più interessante. Non fa eccezione Una Mamma per Amica, forse la più sottovalutata in assoluto poiché quella che più si presta a essere data per scontata. E invece, dietro la semplicità somministrata in circa venti puntate a stagione, si nasconde uno schema davvero elaborato. D’altra parte, anche dietro uno scambio a ping pong c’è una varietà di colpi impressionante che ci tiene incollati alla partita.