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Un professore: un altro centro della Rai degli ultimi tempi

Un professore è l’ennesima fiction Rai degli ultimi tempi che smentisce i soliti pregiudizi sulla incapacità italiana di sapere dar vita a fiction, per la tv generalista, che sappiano coniugare qualità e ascolti.

Un professore è l’ adattamento, per certi versi meno esplicito, di una serie spagnola intitolata: “Merlì”, prima trasmessa dall’emittente TV3 (2015-2018), poi ripresa da Netflix Spagna.

La serie ha per protagonista il professore Dario Balestra, interpretato da Alessandro Gassmann, che torna a Roma per insegnare in un liceo scientifico e riavvicinarsi al figlio Simone dopo il trasferimento della sua ex moglie a Glasgow .

«Dante è il professore che non ho avuto e che invece avrei voluto avere» dice Gassmann «Il mio personaggio è un uomo di talento e di grande simpatia. È un docente di Filosofia fuori dal comune, che ha sistemi di insegnamento alternativi per entrare in comunicazione con i ragazzi. L’aspetto forte di questa serie è che utilizza in maniera intelligente e non superficiale la Filosofia: ogni episodio si riferisce al pensiero di un filosofo in particolare, che aiuterà a risolvere i problemi della vita quotidiana dei protagonisti. Il lavoro di scrittura fatto da Sandro Petraglia è straordinario: non è certo un approccio riduttivo né tantomeno banale nei confronti di questa disciplina così complessa, riesce anzi a renderne tutto il fascino». 

Un professore ha fatto venire voglia di tornare a scuola a milioni di persone e ha conquistato i ragazzi, perché un insegnante che usa la materia che insegna per farti capire la vita, la vita te la può cambiare e Un professore sembra essere l’ennesima prova che anche la fiction Rai sia cambiata negli ultimi anni.

La serie ci mostra una scuola che guarda alla società e una società che guarda alla scuola e ha suscitato l’interesse di una fascia età più giovane rispetto al target abituale del primo canale perché parla di adolescenti e dei loro problemi come le scelte sessuali, il bullismo, i primi amori, i rapporti, spesso complicati, coi genitori.

un professore

La fiction ha avuto un grande successo in termini di ascolto, non solo dal punto di vista dello share (22,4%), ma anche in termini di composizione dell’audience con un target femmine dai 15 ai 24 anni del 20,5% e un’alta percentuale di laureati (25%) a dimostrazione che il pubblico della tv generalista sta affinando i suoi gusti.

Un Professore è l’ennesimo centro – degli ultimi anni- di Mamma Rai. Nella fiction funziona tutto armonicamente: scrittura, regia e cast.

Anche la sigla è degna di nota; utilizzata all’apertura e chiusura di un episodio è il brano “Spazio Tempo” di Francesco Gabbani. Nel video musicale rilasciato ci sono anche alcune scene della serie.

La forma della commedia contribuisce ad alleggerire il tutto.

Il cast è degno di nota – si vede che è stato scelto con cura – e sono bravissimi anche i giovani attori; Alessandro Gassmann è molto convincente in ruolo costruito su misura per lui in cui riesce a mostrare sia le sue doti comiche sia quelle drammatiche, e sembra essere finalmente approdato alla commedia sociale che racconta gli italiani che il padre Vittorio rappresentava nei suoi film.

Alessandro Gassmann è il Giorgio Tirabassi che la Rai non aveva ancora avuto; mostra carisma, bravura e simpatia.

Claudia Pandolfi, nonostante la scrittura del suo personaggio sia un po’ piatta, è molto brava e naturale nel ruolo di Anita, Nicolas Maupas si rivela una vera e propria promessa della fiction italiana, intenso e coinvolgente e Damiano Gavino, alla sua prima esperienza davanti una macchina da presa, ha stupito tutti, addetti ai lavori e telespettatori, per la sua naturale propensione alla recitazione nonostante non abbia mai seguito una lezione, apparendo a suo agio e naturale nell’interpretare Manuel nonostante la personalità del suo personaggio potesse essere scavata più a fondo.

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La sceneggiatura presenta ancora qualche cliché legato agli anni ’80  e una certa difficoltà nel far pronunciare ai personaggi la parola “gay”, da parte degli altri protagonisti, più che dall’attore stesso che potrebbe avere davvero difficoltà a definirsi, ma si apre poi a tematiche mai affrontate dalla tv di Stato come l’hikikomori, ovvero ragazzi che si rinchiudono nella propria stanza, poiché non riescono ad affrontare il mondo esterno. È una serie che parla di adolescenti, del loro mondo e delle loro problematiche, senza cadere troppo in cliché o stereotipi prefissati.

Nella fiction il rapporto padre-figlio è raccontato molto bene, si svela piano piano ed è emozionante, stessa cosa vale per il rapporto tra Anita e il figlio (la naturalezza degli attori è notevole).

La serie si distingue perché ha come protagonista un professore che usa metodi poco conformisti e molto peculiari, Dante infatti decide di non seguire il canonico programma ministeriale ma di applicare il pensiero dei filosofi ai problemi della vita quotidiana dei suoi giovani studenti, rendendo la materia molto più interessante e spingendo i suoi alunni a ragionare e a sviluppare un proprio pensiero piuttosto che a imparare a memoria delle nozioni che potrebbero sembrare lontane anni luce dal mondo contemporaneo.

Nella fiction ogni personaggio viene definito da alcune caratteristiche comportamentali che vanno a rappresentare una problematica nota negli adolescenti e/o negli adulti; Dante stesso, per esempio, è un ottimo insegnante, bravo a parlare con i giovani, solo quando non sono suo figlio, infatti con Simone non riesce ad avere un dialogo e non riesce ad aprirgli gli occhi come fa con i suoi allievi, mentre quest’ultimo non riesce a superare il rancore che ha provato verso il padre per averlo abbandonato.

Un professore non vuole più raccontare la famiglia o la scuola perfetta ma la realtà che ci circonda; ragazzi che accettano l’autorità con difficoltà e che hanno problemi di diverso tipo e adulti imperfetti che non sempre hanno le risposte giuste e non sempre riescono a essere modelli integerrimi.

Fino a qualche anno fa una buona parte delle fiction erano abbastanza scolastiche, manchevoli del salto passionale che avrebbe potuto regalare un guizzo emozionale, basate su stereotipi, su un’immagine idealizzata delle famiglie, delle forze dell’ordine, dei giovani. Una immagine non corrispondente alla realtà. Da qualche tempo sembra invece che si sia capito che lavorare per stereotipi non premia perché non consente l’attivazione dell’empatia e che la recitazione di conseguenza deve essere più naturale, meno “carica” o forzata.

Un Professore è l’ennesima riprova di come negli ultimi anni la Rai stia provando a sperimentare, a parlare dell’attualità, dell’inclusività, della verità di un mondo che non è fatto solo di buoni e cattivi ma di quello che sta nel mezzo, di come il confine tra bene e male sia labile e di come l’etichette siano superate e i pregiudizi non servano.

Sembrano davvero lontani i tempi delle fiction “sole, cuore, amore” alla “Caprera” o un “Nonno di Troppo“.

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