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Quando Tutti Pazzi per Amore debuttò su Rai 1, il 7 dicembre 2008, sembrava uno dei tanti titoli della stagione delle fiction, ma ben presto si capì che c’era qualcosa di diverso. In Italia, la fiction generalista era allora un genere ancora piuttosto codificato. Famiglie perfette o idealizzate, uomini eroici o donne martiri e conflitti interni quasi sempre risolti entro la puntata, con una narrazione che procedeva senza scosse. I melodrammi dominavano, e la leggerezza era spesso ritenuta sinonimo di superficialità. Tutti Pazzi per Amore entrò, invece, con un piglio diverso, armato di canzoni, ironia, frammenti surreali e un affresco corale che parlava alle famiglie di oggi.
La trama centrale seguiva Paolo Giorgi, vedovo con una figlia sedicenne, e Laura Del Fiore, una donna separata con due figli, che si trasferisce nell’appartamento vicino al suo. L’inizio è quello del classico “vicini che si odiano”, ma ci sono dei risvolti: dolore riflesso, quotidianità con problemi veri, difficoltà nei rapporti familiari, adolescenti, genitori, nonni, amici. Tutti con propri dilemmi. E poi c’è la musica! Non semplice colonna sonora, ma elemento strutturale, narrativo. Alcune scene diventano musicali (ecco le migliori scene musicali delle serie), mentre i personaggi sognano, immaginano, cantano. Si ascoltano canzoni iconiche italiane e internazionali non come mero accompagnamento emotivo, ma come strumento per far emergere sentimenti non detti, per evocare ricordi condivisi. A tal proposito, nella prima e nella seconda stagione, ogni episodio porta il titolo di una canzone famosa, un artificio tutt’altro che decorativo.

Ecco i dettagli produttivi della fiction
Un aspetto interessante è che la serie non si limitò a una stagione-pilota, ma fu concepita per continuare. Di fatto, ci furono tre stagioni nel corso delle quali cambiò qualcosa. Nella stagione 2, ad esempio, Stefania Rocca fu sostituita da Antonia Liskova, a causa di motivi personali e professionali, per il personaggio di Laura. Tuttavia, pur con i cambi di cast e qualche alterazione narrativa, la coerenza stilistica restò forte. Detto questo, per capire meglio quanto Tutti Pazzi per Amore fosse innovativa, sarebbe utile guardare ad altre fiction italiane coeve.
Tra le più acclamate, menzioniamo I Cesaroni (il ritorno dei Cesaroni ci deve preoccupare?) una produzione Mediaset che era già un successo consolidato. Famiglie, adolescenti, conflitti quotidiani, ambientazioni romane o suburbane e generazioni connessa, ma con un registro più realistico, meno incline ai momenti musicali o surreali. Tutti Pazzi per Amore, di contro, condivideva alcuni ingredienti, ma li reinterpretava con leggerezza diversa, con una commedia romantica che non rinunciava a fantasie interiori e espedienti quasi fiabeschi. In aggiunta, anche altre fiction Rai del tempo erano, spesso, più fredde nel linguaggio o più drammatiche nei temi: conflitti sociali, problemi economici, storie storiche. Tutti Pazzi per Amore, invece, inserì temi leggeri ma reali, quali la separazione, il dolore, il crescere dei figli, la convivenza forzata, ma sempre giocando con ironia e slanci emotivi.
Gli aspetti narrativi e formali di Tutti Pazzi per Amore
La serie anticipò alcuni elementi che più tardi sarebbero diventati comuni nella fiction “di qualità” italiana. Annoveriamo, ad esempio, l’utilizzo della musica come tema ricorrente e come motore emozionale. Ancora, episodi che non solo propongono conflitti risolti ma lasciano tracce, domande, cambiamenti nei personaggi. Aggiungiamo una coralità che permetteva di espandere le vicende al di fuori della coppia principale. Infine, un pubblico che non restava mera platea ma diventava parte integrante della promozione e della memoria dello show. Pertanto, nella produzione si percepisce un bilanciamento costante tra rischio e comfort.
La scelta del titolo provvisorio Questo è amore, come segnalato da Cinetivù, rimanda a una volontà di parlare d’amore non come tema estetico o romantico fine a sé stesso, ma come atmosfera che permea la vita quotidiana. La musica fu, invece, un elemento su cui si investì molto. Non solo per i diritti delle canzoni, ma anche nella scrittura delle scene per adattare ambienti, dialoghi, pause, sogni interiori che sfociano nella fantasia musicale. Alcune scene prevedevano che personaggi immaginassero gli altri che danzavano o cantavano, o che certe atmosfere fossero rese sonore non solo visivamente ma anche musicalmente. Ciò richiese coordinamento fra sceneggiatura, regia, direzione artistica e set.
Un altro retroscena significativo di Tutti Pazzi per Amore riguarda la scelta della continuità narrativa e delle stagioni successive. Dopo il successo della stagione 1, si decise non solo di proseguire con nuove puntate, ma di espandere l’universo, introdurre nuovi personaggi, complicare gli intrecci, mantenere il tono e permettere anche cambiamenti nel cast e nella struttura. In primis, il cambiamento dell’attrice protagonista fu una scelta importante, rischiosa, che però venne gestita in modo da non rompere il legame con il pubblico.

Il personaggio di Neri Marcorè ebbe una dipartita viscerale
Di fatto, tutti ricordiamo con cordoglio che, nella seconda stagione, il suo personaggio muore, ma continua ad apparire negli episodi successivi come “anima del Paradiso”. Beh, sicuramente, un espediente narrativo che gioca con la memoria, il ricordo e il simbolico. Inoltre, anche la distribuzione e la promozione presentavano rilevanti novità. Prima della messa in onda della serie, infatti si diffuse in rete materiale promozionale, video-parodie (qui i film parodici più divertenti), teaser dedicati. Cinetivù parla esplicitamente dell’“esperimento di viral marketing di Raiuno”, che includeva trailer, promo, gallerie, making-of.
Questo alimentò un forte hype ancora prima che la gente potesse degustare la puntata pilota. Un altro segnale del successo che andò oltre i confini nazionali sopraggiunse nel 2015, quando la prima stagione fu acquistata da una produzione/distribuzione cinese, Hauce Media International di Hong Kong, per essere adattata al mercato locale. Un riconoscimento significativo del valore del soggetto originale creato da Ivan Cotroneo, nonché della potenzialità della serie di superare il proprio contesto culturale.
All’esordio, tuttavia, le aspettative erano moderate. Tutti Pazzi per Amore non era presentata come una fiction “di nicchia”, ma certamente non si prevedeva che avrebbe avuto un impatto così forte. Gli ascolti della prima stagione furono eccellenti, in quanto si parla di medie attorno ai sei milioni di spettatori con share superiori al 20-22%. Critici e media notarono immediatamente il contrasto e un articolo de Il Manifesto definì la fiction come “cucinata in versione originale” pur usando “gli stessi ingredienti” delle famiglie allargate, dei figli, della scuola, ma con un condimento nuovo fatto di ironia e sentiment per nulla scontato.
Il pubblico reagì con affetto a Tutti Pazzi per Amore
La gente non si limitò soltanto a guardare le puntate, ma, anticipando il mood futuro, iniziò a condividere impressioni, citazioni, momenti musicali. Molte famiglie si riconoscevano nei conflitti adolescenziali, nei rapporti fra genitori, nei rimpianti per amori passati, nel dolore della perdita, ma anche nel desiderio di ricominciare. Qualcuno definiva lo show una “fiction che ride e piange così vicino a me”, non distante o eroica, ma fatta di imperfezioni e quotidianità. Così, con il passare del tempo, dopo il finale di stagione, il ricordo fu coltivato. Tanto che il DVD, con cofanetti che includevano making-of, backstage, extra, fu molto richiesto.Mentre clip sui social che riproducevano battute, canzoni, scene iconiche, specie nei periodi di nostalgia televisiva, ottennero migliaia di visualizzazioni. Infine, il successo internazionale, contribuì a legittimare che Tutti Pazzi per Amore non fosse solo un evento italiano, ma un prodotto con caratteristiche universali.
Guardando indietro, pertanto, lo show appare come uno spartiacque. Non in quanto abbia rivoluzionato radicalmente la fiction italiana, ma perché ha dimostrato che era possibile, per la televisione di massa, fare qualcosa che fosse al contempo popolare e raffinato, emozionale ma leggero, familiare ma non banale. Ha insegnato che la musica può essere protagonista, che i soggetti originali contano, che il cast corale con personaggi ben tratteggiati ha più presa sul pubblico di personaggi stereotipati. Ha preparato il terreno per prodotti più arditi che sarebbero arrivate in seguito, quelle che non hanno paura di sperimentare tonalità ibride. Basti pensare al dramedy (ecco le migliori dramedy recenti), alla commedia musicale e a quei formati con episodi dall’impostazione più libera.

Non mancano alcune critiche
Una parte del pubblico, per dirne una, avrebbe voluto maggiore profondità su temi sociali come disuguaglianze, malattie, migrazioni, tensioni economiche. Dunque, più coraggio nel confronto diretto con tematiche politiche e diversità sotto vari profili, pur non essendo ancora così presenti. Ma forse, la forza di Tutti Pazzi per Amore sta proprio nel suo compromesso virtuoso, nell’essere rivoluzionaria nei modi ma rassicurante nei contenuti, nel parlare al cuore senza diventare amara, nel concedersi sogni pur restando radicata nella realtà.
Oggi, non a caso, quando si nomina la serie, molti spettatori rispondono con ricordi vividi attraverso le canzoni, alcune scene, certi dialoghi. Spesso qualcuno ritorna alle puntate su RaiPlay, anche a distanza di anni, e non possono mancare commenti del tipo: “ma non fanno più cose così” oppure “mi mancano quelle sere davanti alla Tv con tutta la famiglia”. Sembrano solo elementi sentimentali e melensi, è vero, ma costituiscono un vero patrimonio culturale. Perché, in definitiva, Tutti Pazzi per Amore ha segnato un modo di fare fiction che il pubblico, nel suo insieme, desiderava fortemente, ma non sapeva ancora chiedere.

