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Tucci in Italy fa venire una gran fame (pure di conoscenza)

Stanley Tucci in Abruzzo
Better Call Saul

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Breve guida per lettori e lettrici che desiderano recuperare l’appetito perso a causa del caldo. Primo: accedere a Disney+. Secondo: digitare “Tucci in Italy”. Terzo: guardare i cinque episodi della docuserie. Quarto: farsi venire le voglie su ogni singola pietanza mostrata durante la visione. Quinto: aprire la dispensa e mangiare quel che si può. E se ancora non siete sazi, bè, ritornate al punto uno. Questo è più o meno ciò che si prova seguendo Stanley Tucci nelle sue esplorazioni gastronomiche lungo la nostra penisola. Dimenticatevi però il classico divo di Hollywood chiuso nel suo piccolo mondo elitario. Tutt’altro.

L’attore italoamericano si comporta come un bambino curioso, sempre pronto alla battuta e allo scherzo e aperto a ogni nuova scoperta. Una vera sagoma capace di fare amicizia facilmente con persone di ogni estrazione sociale, dai pescatori abruzzesi ai butteri della Maremma toscana. E quindi, pronti…via! Gambe sotto il tavolo, forchetta alla mano, un buon bicchiere di vino che non manca mai: Stan diventa il cicerone per eccellenza della buona cucina, guidandoci e accompagnandoci tra i sapori tipici di alcune regioni italiane (Toscana, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Abruzzo e Lazio).

Scopriamo così che ogni territorio si può suddividere a sua volta in zone ancora più piccole in base al cibo e alla tradizione a esso legata. Caviale, porchetta, lampredotto, knödel, arrosticini, pajata romana, trippa e chi più ne ha più ne metta. Ma anche piatti ereditati da coloro che hanno vissuto la guerra sulla propria pelle, come la zuppa di venticinque erbe creata dal nonno di un cuoco altoatesino, sopravvissuto quattro anni nella foresta grazie a questa pietanza. Storie incredibili e commoventi, che si intrecciano alle realtà più moderne e persino pionieristiche dei nostri giorni.

Un ristorante di Milano
Credits: Disney+

Tucci in Italy, prodotta dall’attore in collaborazione con il National Geographic, è sì un viaggio gustativo e olfattivo, ma è anche e soprattutto una riflessione sull’origine e sulle radici della nostra cultura. Sulla conoscenza dei nostri avi, tramandata di generazione in generazione con semplicità e amore per il proprio mestiere. Lo stesso amore che Stan prova per l’Italia e che trasuda da ogni singolo pezzo di carne o di pesce assaggiato durante le puntate.

La docuserie però concettualmente va oltre il classico programma dedicato al cibo, in cui si mangia e si giudica la qualità di un ristorante o di un menu. Lo zampino di National Geographic si sente in tutta la sua intelligenza proprio qui, perché pone l’attenzione sulla storia della cucina intrecciata alle questioni di ordine sociale e ambientale. Il cibo si trasforma in opportunità economica, ad esempio, come viene raccontato da un ragazzo Sikh che svolge la professione di vaccaro in Pianura Padana.

Tucci lo incontra sul posto, in mezzo alle mucche da latte da cui viene ricavato il Grana Padano. Un prodotto che non esisterebbe più senza la migrazione di questa comunità che dal Punjab si è insediata in Lombardia negli anni ’80 del secolo scorso. D’ora in avanti, ogni volta che lo utilizzeremo per fare una bella e sana spolverata sulla pasta al pomodoro, non dimentichiamoci che non avremmo potuto gustarci questo formaggio (il più venduto al mondo!) se non ci fossero loro.

E ancora, avete mai sentito parlare della sbroscia”? Detta così sembra quasi una parolaccia, e invece è una zuppa di pesce rustica e genuina inventata dai pescatori del Lago di Bolsena. In passato si preparava prelevando direttamente l’acqua dal lago, per poi essere bollita nelle capanne dei pescatori poste lungo la riva. Era un piatto povero, composto da quattro diverse specie di pesce: anguilla, persico, luccio, tinca. Una bontà che attiva le papille gustative anche solo a guardarla. Ecco perché durante tutte le puntate della docuserie sentirete continuamente le esclamazioni di Stanley “wow”, “amazing”, “fuc***g delicious” e “buonissimo”, che vi strapperanno un sorriso. Del resto i suoi nonni erano calabresi quindi l’attore capisce perfettamente l’italiano, oltre a saperlo parlare abbastanza bene. Insomma, potremmo proseguire all’infinito con esempi di ricette viste durante Tucci in Italy, ma arrivati a questo punto immaginiamo che la vostra fame abbia già raggiunto livelli inenarrabili.

Pescatori trentini
Credits: Disney+

Ci prendiamo quindi una breve pausa da tutta questa iperstimolazione sensoriale e andiamo invece ad approfondire un progetto che ci ha sopresi in positivo. Stan infatti fa visita ad alcuni chef stellati (ovviamente) senza però mettere da parte l’obiettivo che Tucci in Italy si è prefissato. Ok la tradizione, quindi. Ok la storia. Cosa dire però di chi ha fatto della cucina un mezzo di sperimentazione e di ricerca? Grazie alla docuserie scopriamo che è possibile coltivare sulla superficie di un solo ettaro, frutta e verdura che avrebbero richiesto risorse idriche e di consumo del suolo molto maggiori (circa 300 ettari). E di conseguenza più impattanti per l’ecosistema e l’ambiente. Il tutto senza utilizzare pesticidi né prodotti di sintesi. Un passo avanti che supera anche la denominazione di biologico. Che dire: ancora una volta “wow” e “amazing”.

Oppure in Abruzzo, dove esiste un piccolo paese i cui abitanti hanno rimesso in funzione l’antico forno pubblico. Ogni sabato, bambini e famiglie si ritrovano per preparare il pane insieme, dall’impasto fino alla cottura. Il cibo non è solo un mezzo con cui sostentarci, ma è anche aggregazione, senso di appartenenza, identità e condivisione. Niente potrebbe riassumere al meglio questi concetti se non la produzione dell’alimento più povero, semplice (e buono) per eccellenza. Acqua, farina, lievito e un pizzico di sale. E poi, vogliamo parlare dei panorami mozzafiato del Parco Naturale del Gran Sasso?

Le riprese dall’alto delle bellezze paesaggistiche della nostra penisola fanno da cornice perfetta ai racconti di Tucci in Italy. La transumanza delle pecore, le cave di marmo di Carrara, i bovini della Maremma, le Dolomiti innevate, i pascoli dell’alto Lazio, i borghi intorno a Roma, le contrade di Siena, la costa dei Trabucchi. Una coccola per gli occhi oltre che per il palato.

Stanley Tucci
Credits: Disney+

Un altro aspetto per nulla scontato della docuserie è quello di aver scelto di dare visibilità alle trattorie, alle pizzerie e a tutti quei locali frequentati dalla gente comune. Quelli – per intenderci – in cui ci fermeremmo anche noi durante una passeggiata tra le vie di Roma o di Milano. Stanley si reca persino a casa di alcune famiglie italiane per condividere il pranzo della domenica con loro. Un momento intimo imbevuto di ricordi di vita e di ricette. Di racconti legati alle minoranze linguistiche, come quella dei Ladini in Val Badia. O di chi ha subito discriminazioni perché non poteva parlare in tedesco. La lingua, proprio come il cibo, è veicolo di cultura e queste persone ce lo ricordano mentre assaporano un piatto a base di patate, speck, strutto, frutti di bosco ed erbe aromatiche di montagna. Solo a scriverne il buco nello stomaco si allarga.

Sfortunatamente per noi Tucci in Italy, come abbiamo detto, dura solo cinque episodi. Siamo però fiduciosi di vedere nuovamente il carismatico Stan alle prese con l’esplorazione del territorio italiano. A dir la verità è già in programmazione una seconda stagione dedicata ad altre regioni (Marche, Sicilia, Sardegna, Campania e Veneto). Teniamo i sensi all’erta, quindi. E lo stomaco pronto. Il nostro bagaglio di conoscenza (e il nostro girovita) non potranno che ampliarsi. Vi lasciamo con le 5 migliori docuserie italiane degli ultimi anni.

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