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The White Lotus sarebbe potuto essere anche un successo di Ryan Murphy

The White Lotus, la Serie Tv HBO diretta da Mike White, continua a conquistare sempre più consensi anche qui in Italia. Inizialmente considerata come un prodotto di nicchia, The White Lotus ha convinto anche il pubblico nello stesso modo con cui ha convinto la critica che, per tutta risposta, l’ha premiata con diverse vittorie e candidature sia per la sua prima stagione che per la sua seconda. Con un cast eccellente che vede nomi come Connie Britton, Jennifer Coolidge, Sydney Sweeney e tanti altri, la serie si è presto imposta come una delle migliori produzioni corali e antologiche del momento. Tra ambientazioni da sogno, personaggi eccentrici e sottili critiche sociali, The White Lotus ha stregato il grande pubblico con elementi chiave curati nei minimi particolari, capaci di restituirci una narrazione dai tratti sarcastici tanto quanto drammatici. Guardandola attentamente, però, si potrebbe riuscire a rintracciare un tratto stilistico molto simile a quello di Ryan Murphy. Nonostante The White Lotus sia un’opera originale e dell’unica mano di Mike White, pensare al regista statunitense conosciuto per Glee, American Horror Story e tanto altro non potrebbe essere così assurdo. I tratti in comune sono infatti così molteplici da farci pensare che questo sarebbe anche potuto essere un suo successo. Insomma, se Murphy avesse diretto The White Lotus probabilmente l’avrebbe fatto proprio in questo modo.

Quali sono però i motivi per questo paragone? Proviamo a capirlo insieme gradualmente

The White Lotus (640×360)

Stessa base, storia diversa

Come saprete, American Horror Story come The White Lotus – è una Serie Tv antologica che mantiene lo stesso universo per tutte le sue 12 stagioni cambiando sempre e soltanto il contesto insieme alla sua trama principale con annessi protagonisti. Se nella prima stagione siamo nella casa stregata di Los Angeles, nella quinta siamo nell’hotel Cortez. Cambiano i personaggi, cambiano le situazioni, ma non cambia l’operazione di base: raccontare un mondo pieno di orrore in cui il peggior nemico è sempre e comunque l’uomo. Nello stesso modo, anche The White Lotus affonda le proprie radici in questo tipo di narrazione restituendo una storia con nuovi personaggi, nuove ambientazioni, ma dalla stessa volontà: mettere in luce i vizi e la superficialità di un gruppo di persone che credono di avere tutto, anche se sono avvolti dal niente. The White Lotus e la narrativa di Ryan Murphy condividono dunque una struttura molto simile che li porta ad analizzare il buio da cui è avvolto il mondo in modo sempre diverso, attraverso prospettive continuamente differenti e storie che si incontrano l’una con l’altra.

I personaggi

Lo stesso destino è riservato anche ai personaggi. Come sappiamo, Murphy ha più volte dato vita a produzioni corali (American Horror Story, Glee, Scream Queens) contraddistinte da protagonisti iconici ed eccentrici. I personaggi di The White Lotus, partendo da Tanya fino ad arrivare a Olivia, possono essere definiti nello stesso modo. Con dei toni sarcastici che sembrano non volersi prendere troppo sul serio, la serie ha affrontato le loro storie con un occhio più distaccato trattandoli da esseri umani imperfetti, e mai da vittime o villain. Il bene e il male in entrambe le produzioni sono due concetti non assoluti, e come tali vengono trattati in modo più apatico. Ciò che i personaggi mettono in atto non sempre è dettato dalla loro indole, ma soltanto dalle loro speranze. In sostanza, anche se il mezzo non gli fa onore, il risultato non sempre può essere giudicato negativamente.

In questo senso spicca di certo la coppia composta da Harper ed Ethan, due coniugi che pur di rimettere insieme il proprio rapporto si lasciano andare a comportamenti dalla morale più che discutibile. Ryan Murphy, sopratutto in American Horror Story, ha parlato dei sentimenti umani in modo molto simile a The White Lotus non favorendo mai un approccio delicato o romantico. Al suo posto il regista ha infatti prediletto una narrazione cinica e dai toni a volte anche crudi e perversi, raccontando i legami umani come degli scambi, dei compromessi che a volte bisogna mettere in atto pur di salvare il proprio rapporto e i propri interessi.

the white lotus
The White Lotus (640×360)

Il male non è il punto d’arrivo. E’ il mezzo

Come nella Serie Tv antologica American Horror Story, anche The White Lotus non concentra la sua attenzione sul mistero principale. Come saprete, ogni stagione della Serie Tv HBO si apre infatti con il ritrovamento di un corpo. Questo punto interrogativo diviene però presto soltanto un mezzo per indagare all’interno delle vite dei personaggi della serie, e non il punto d’arrivo. Quel che più affascina sono infatti i rapporti e le personalità dei protagonisti, e non il mistero che si ripresenta soltanto nell’ultima puntata della stagione. Bene o male, di quello ce ne dimentichiamo già durante la prima puntata perché rapiti completamente dagli intrighi e dai vissuti dei nostri personaggi. La domanda non è mai chi sia morto, ma cosa accadrà all’interno del resort di lusso, quale personaggio vedrà vacillare tutte le sue certezze. Il modo in cui The White Lotus comincia e finisce non è mai lo stesso. I toni cambiano insieme ai personaggi mettendo in atto una narrazione che non si pone come obiettivo quello di rivoluzionare in positivo i ricchi egocentrici della storia, ma dimostrargli il vuoto che da tempo li perseguita. Anche se molti di loro preferiscono continuare a conviverci, la serie li mette spesso di fronte al fatto compiuto dimostrandogli chi siano davvero.

Nello stesso modo, anche il mistero protagonisti di Ryan Murphy diviene spesso un mezzo per far fronte qualcosa di più grande e attuale. Analizzando in modo sottile una società egoriferita, il regista utilizza l’horror per far luce sui vissuti dei suoi personaggi narrandoci quasi in prima persona i loro più crudeli fantasmi, e non sempre questi hanno a che fare con il mondo paranormale. I mostri divengono dunque soltanto un mezzo da parte di Murphy per focalizzarsi sulle vite dei suoi protagonisti e dell’America, e questo lo abbiamo potuto appurare anche attraverso il racconto di Jeffrey Dahmer. Attraverso un orribile caso di cronaca, il regista si è concentrato sui suoi protagonisti affrontando così il tema razziale e le voci di chi non è stato ascoltato durante quel tremendo periodo.

I toni

Il sarcasmo e il cinismo hanno contraddistinto le opere di Ryan Murphy in modo molto simile a quanto visto in The White Lotus. Sia nella produzione che in molte opere del regista (Scream Queens su tutte) nulla viene preso troppo sul serio, neanche i drammi. I personaggi agiscono spesso solo sulla base delle proprie ambizioni e obiettivi finendo per mettere completamente da parte l’emotività. Come dei macchinari volti solo a funzionare e a non incepparsi, i protagonisti si fanno condizionare soltanto da ciò che gli fa più comodo dimenticando del tutto i propri principi. In questo senso spicca di certo Dominic Di Grasso, un padre di famiglia che accetta di scendere a compromessi (e, diciamocelo, ricatti) con il proprio figlio pur di raggiungere il suo obiettivo e tornare con la propria moglie. Nello stesso modo, i personaggi di Ryan Murphy cercano di trarre vittoria attraverso qualsiasi cosa possa concedergliela. I toni con cui tutto questo meccanismo avviene sono privi di pesantezza o dramma. Non c’è alcuna riflessione morale da parte della serie, ma soltanto uno spietato egocentrismo che non gli permette di riflettere sul come sia meglio agire. Che si tratti di temi più delicati o meno, a The White Lotus non importa perché tutto rimane sospeso tra la finzione e la realtà, tra la goliardia e lo spietato racconto su un mondo che per i propri comodi sacrificherebbe tutto. Come a dire: ogni cosa è finita in tragedia, certo, ma non facciamone un dramma.

The White Lotus: l’importanza dell’intreccio