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Si tende sempre a pensare che la nostra evoluzione morale si compia alla fine del viaggio. Che solo una volta segnato il traguardo, saremo persone diverse, più risolte, consapevoli di noi stesse. The Walking Dead: Daryl Dixon 2 non cede a questa semplificazione, spiegando a chiare lettere che l’evoluzione avviene proprio quando siamo ancora in viaggio, non alla fine. Alla fine è troppo semplice. Provate a cambiare, a trovare un senso alle cose anche mentre siete ancora in cammino e tutto vi rema contro. Quello è il difficile. Questa è la vera prova che Daryl Dixon ha superato in questo finale di stagione. Un cerchio si è chiuso, e tutto quel che è successo fino a questo momento è rimasto indietro. Isabelle, Laurent, la lotta tra fede e razionalità. Tutto è rimasto lì, tra la terra e il cielo. L’esatto posto in cui, adesso, si trovano Laurent – in viaggio con Ash per l’America – Daryl e Carol, ancora in Europa ma stavolta verso l’Inghilterra.
Le strade si sono divise, ma la promessa è quella di ricongiungerle. Di ritrovarsi di nuovo in America, un luogo così lontano che è presto riuscito a diventar casa anche per chi, fino ad adesso, non lo aveva mai visto prima. Per Laurent è già casa. Lo è perché Daryl – la persona di cui si fida di più al mondo – vuole tornare lì. Lo è perché lì sarebbe voluta andare Isabelle. I luoghi sono persone, nostalgie, desideri irrealizzati, ponti per sentirci più vicini a qualcuno che non c’è già da tempo. E se compiere i loro desideri è un modo per averli accanto, allora che si vada in America o in qualsiasi parte del mondo possibile. Anche se cade a pezzi ed è logora.
The Walking Dead: Daryl Dixon 2, con queste ultime due puntate, chiude un cerchio dando ai personaggi la possibilità di perdonarsi

Carol e Daryl (finalmente ricongiunti nel terzo e quarto episodi qui recensiti) sono chiamati a perdonarsi in questo finale di stagione. Anche per le cose più indicibili. Per le sofferenze recate a se stesse e agli altri, e per tutto quello che nella vita non hanno mai fatto, come riuscire a salvare chi adesso possono solo immaginare. Sono passati 12 anni dalla morte di Sofia, ma Carol non riesce a respirare. È dentro quel vortice fatto di sensi di colpa e impotenza, consapevole che qualsiasi cosa farà nella vita, il destino resterà lo stesso. Qualsiasi cosa terribile possa fare, non lo sarà mai quanto quella vissuta 12 anni fa; qualsiasi gesto onorevole, non sarà premiato ridandole indietro Sofia. Non riuscire a perdonarsi significa condannarsi a vivere in perenne distanza da sé stessi, a non darci più quel misero conforto che – di tanto in tanto – potrebbe servirci per non annegare del tutto. Ma come fai.
Carol, dopo anni, non lo sa ancora. Si limita a vivere la sua esistenza pensando che tutto è al collasso, e che qualsiasi cosa accadrà non potrà essere più devastante. E di fatto questo le ha permesso di costruirsi una corazza, uno scudo per cui ogni menzogna è legittima e ogni fine giustifica i mezzi. Pensa di essere troppo assuefatta da quel dolore per prendersi cura anche di quello degli altri, e così improvvisa fino a quando può, fino a quando la verità non comincia a galleggiare da sola emergendo dal fondo. Carol, in queste due puntate finali, capisce che c’è un senso per tutto. Che ogni cosa ha un significato.
È tutto vero: ha mentito ad Ash e lo ha ingannando sfruttando una sua debolezza, ma in realtà è stata lei a mentire a se stessa. A credere senza saperlo che Sofia fosse dispersa chissà dove e, soprattutto, viva. Che niente fosse ancora stato scritto come 12 anni fa, e che la terra – seppur arida e senz’anima – avesse contribuito alla sua salvezza, nascondendola tra i rami o tra i cespugli, in qualche cima lontana lì dove nessuno sarebbe potuto arrivare. Una speranza che si chiama senso di colpa, e che aiuta la mente a costruire un mondo dove possiamo ancora salvarci. Una condizione, questa, che può aiutarci per un po’, ma che prima o poi scompare portandoci alla verità. E soprattutto alla riconciliazione con noi stessi.
Carol finalmente riesce a perdonarsi per quanto è successo. Il dolore non sarà mai scacciato, e la sofferenza continuerà a essere la sua più fedele compagna, ma non saranno più contro di lei. Perché il viaggio – ancora in corso – ha condotto Carol da se stessa permettendole di riabbracciarsi dopo 12 anni di assenza.

Daryl Dixon non fa eccezione. Anche se si sente impotente, anche se avverte dei profondi sensi di colpa nei confronti di Isabelle e di tutto quello che, alla fine, non hanno mai vissuto. Nonostante tutto questo, Daryl si perdona. E continua a camminare verso una nuova destinazione, questa volta con Carol.
Laurent è in viaggio verso l’America e, in un certo senso, adesso Daryl sa che con lui c’è anche Isabelle. L’ultimo saluto tra i due arrivato proprio quando Daryl ne aveva bisogno chiude il cerchio di quanto avvenuto in Francia e, finalmente, gli ricorda il senso del viaggio. Le parole registrate nel corso della prima puntata della prima stagione (qui recensita) ritornano infatti nel finale della seconda. In quella registrazione, Daryl si chiedeva che cosa stesse cercando. Adesso lo sa: ed è di più di qualsiasi altra cosa potesse sperare all’inizio. Non si tratta più dell’America. Tantomeno di una persona o di un obiettivo.
Daryl Dixon sta cercando davvero se stesso dopo anni di assenza, e la cosa migliore di questo finale è che non si è ancora trovato, ma sa cosa sta cercando. E con questo ritorniamo all’inizio, alle parole con cui abbiamo aperto questa recensione finale: a volte si tende a credere che la nostra evoluzione morale si compia alla fine del viaggio, e che le risposte arrivino nello stesso momento. È sbagliato: qualcosa comincia davvero a cambiare quando impariamo a porci le domande giuste. Perché senza quelle, esistono solo risposte sbagliate.
Per il momento, The Walking Dead: Daryl Dixon 2 termina qui. E con queste puntate finali (come sempre disponibile su NOW e Sky), possiamo dire finalmente con certezza che l’obiettivo narrativo che la serie si era proposta è stato raggiunto. Non è sempre andato tutto liscio, e a volte abbiamo temuto che lo spin off stesse per prendere una strada sbagliata. Ma ha saputo quando sterzare, dando vita a una Serie Tv che ha scelto che cosa dire e ha saputo come raccontarlo, rendendoci tutti spettatori e viaggiatori di un viaggio in cui, alla fine, quel che conta è riuscire a perdonare noi stessi. E ricordarci di averlo saputo fare.